Napoli, uccisero 19enne dopo una lite: “Troppo giovani per l’ergastolo”

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“L’articolo 27 della Costituzione auspica la rieducazione del condannato”

Non ha chiesto l’ergastolo, non ha invocato il fine pena mai come sbocco scontato in un processo per l’omicidio di Emanuele Errico, un ragazzo di appena 19 anni di Napoli. Ha chiesto invece una condanna a trent’anni per i due imputati, anch’essi giovanissimi e incensurati, legati alla vittima da un destino comune: essere figli del “Conocal”, una sorta di “bronx” minore dove in questi anni si sono alternate faide di camorra, armistizi, fiammate di violenza, tregue, sempre e comunque all’ombra delle piazze di spaccio.

Aula 412, gup Rosaria Maria Aufieri, parla il pm Henry John Woodcock, che condusse un’inchiesta lampo culminata mesi fa in un blitz in Calabria, dove vennero arrestati i fratelli Nicola e Antony Spina, oggi di 23 e 19 anni, ritenuti responsabili dell’omicidio del 19enne: un delitto avvenuto al termine di una lite per la spartizione dei proventi di un bottino. Chiaro il ragionamento del pm, interamente improntato al rispetto di un principio cardine della Costituzione, che impone la funzione riabilitativa della pena: “Il fine pena mai, per un ragazzo di venti anni non è compatibile con l’articolo 27 della Costituzione, che auspica la rieducazione del condannato e che dovrebbe indurre a non comminare l’ergastolo”.

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