Livorno è stata devastata da un nubifragio che in pochissime ore ha scaricato 200 millimetri di pioggia provocando frane e smottamenti. Sette le vittime, due i dispersi. In un appartamento sono morti padre, madre, un bambino di 4 anni e il nonno.
Nella città devastata da fango e detriti
Torrenti esondati. tombini come geyser, argini sbriciolati. Almeno 7 morti e 2 dispersi. Stazione chiusa e treni bloccati. In 2500 senza acqua né luce. I cittadini: colpa dell’incuria
L
IVORNO – «Non si può morire per il Libeccio», si dispera Maria, amica di famiglia di una famiglia distrutta dall’alluvione, padre, madre, nonno e figlio, pensando a quel vento che dalla sera prima ha iniziato a spirare fortissimo. Il mare non ha più raccolto l’acqua dei fiumi, saturandoli e poi facendoli esplodere.
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Così quell’acqua ha devastato la città , ha invaso negozi e abitazioni, ancora una volta ha portato con sé un bilancio di morte. «Non si può morire – sospira Pietro Berni, che ora consola la madre nel condominio accanto alla villa della tragedia in via Rodocanacchi – per incuria e trascuratezza. Qui, quarant’anni fa, c’è stata un’altra alluvione, identica e devastante. Pensate che in quarant’anni qualcuno abbia fatto qualcosa? Almeno pulire i rivi dei fiumi?». Nella località dei Tre Ponti il rio Ardenza passa sotto tre ordini di arcate bassissime e chi, solo due giorni fa è transitato lì, ha ipotizzato: «Se non puliscono da arbusti e detriti il torrente esce». È uscito, l’Ardenza, e ha fatto strage.
Perché l’alluvione di Livorno non è solo una storia di perturbazioni che, ancora una volta, sorprendono i meteorologi, cambiano strada, risparmiano la Liguria dove dovevano colpire duro come avevano già fatto in Francia, in Costa Azzurra, e poi scaricano la loro potenza in Toscana. È anche una vicenda dove entra in gioco ancora una volta l’assetto idrogeologico delle città . Sommare, al diluvio, un torrente sporco e trascurato e un altro tombato, che passa a lambire lo stadio e poi scorre sotto viale Nazario Sauro, il punto più colpito, rappresenta la devastazione come conseguenza logica.
Era atteso, questo rovescio catastrofico, in questa entità ? In cui scarica, in quattro ore, la pioggia di tre mesi? Evidentemente no. Michele Sensi, un addetto della Tecnospurghi che manovra una gigantesca idrovora, lo conferma: «Ancora ieri sera eravamo stati dirottati tutti a Genova, dov’era previsto un disastro. Invece nel cuore della notte abbiamo dovuto fare rapidamente dietrofront». Però il territorio non ha retto.
Altra scena, altra zona della città . In via Fontanelle, nel quartiere di Collinaia, un tecnico dei Vigili del fuoco osserva un argine crollato. Lì vicino un’altra vittima, Raimondo Frattali, 70 anni. «Era sceso nel seminterrato per andare a prendere dei documenti, è rimasto lì sotto, hanno appena portato via il corpo», raccontano i vicini. Ma l’argine crollato che imprigionava l’Ardenza è il sintomo della sofferenza del territorio: «Quel che porti via ai corsi d’acqua, poi se lo riprendono. Non doveva esserci, qui, un argine così stretto». Poi indica più a Sud: «C’è un muro, dietro è nato un intero quartiere di ville nuove, il torrente non ha sfogo quando esonda. Stavolta il muro ha retto, lo farà ancora?». Così l’Ardenza, osservando il disastro a qualche ora della piena, ha invaso i campi, rovesciato le macchine agricole, fatto volar via le baracche. Dove non si è potuto allargare, ha tentato di farlo lo stesso. Spaccando i muri di protezione, invadendo le case. Un altro morto, qui vicino, Roberto Vestuti, in via di Sant’Alò. C’erano i muraglioni, per proteggere questo quartiere sul rio. Si sono sbriciolati come grissini e ora le scene sono quelle che accompagnano i disastri di questo tipo. I mobili sono accatastati fuori dalle abitazioni.
Gli uomini della Protezione civile spalano, aspirano il fango, rimuovono carcasse di auto ribaltate. Accanto a loro ancora una volta gli angeli del fango. Tutta la tifoseria calcistica della curva si è mossa sin dal mattino. Andrea, 18 anni: «Non c’è stato nemmeno bisogno del passaparola, ognuno di noi è salito in auto o in moto ed è andato a portare aiuto nelle zone più colpite».
Poi la stazione chiusa, i treni bloccati, le 2500 persone rimaste senza luce né acqua a Livorno e a Pisa. I ponti che crollano, come accade a Chioma, isolando case e persone, la tromba d’aria che a Rosignano lascia 15 persone senza casa. L’Aurelia bloccata, così come la Firenze-Pisa-Livorno e i caselli autostradali. Ancora un morto, in un incidente in cui il maltempo potrebbe aver giocato un ruolo determinante. Quattro i dispersi.
In viale Nazario Sauro, dove l’intera famiglia Ramacciotti, tranne la piccola Camilla, ha perso la vita in una tomba di fango, arriva la sera e si lavora ancora per rimediare al disastro. «Questa è una zona a livello più basso di quelle circostanti, dello Stadio, e qui sotto scorre un rivo tombato». Inevitabile la crisi, annunciata dai tombini trasformati in geyser. Il tempo è diventato più maligno e imprevedibile, ma non è tutta colpa del tempo.
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vivicentro/Livorno devastata dalle acque
lastampa/Nella città devastata da fango e detriti MARCO MENDUNI – INVIATO A LIVORNO
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