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Castellammare di Stabia

Una Manta ormai morta di circa 400 chili ripescata nella Cala di Palermo

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La carcassa di una enorme manta è stata avvistata nei fondali del porticciolo palermitano e recuperata dai Vigli del fuoco con una gru.

Una enorme manta del peso di circa 400 chilogrammi è stata ripescata il 23 dicembre dai Vigili del fuoco alla Cala di Palermo. Il pesce cartilagineo di grandi dimensioni è stato avvistato nei fondali del porticciolo palermitano e per recuperarla è stato necessario utilizzare una gru. La carcassa dell’animale è stata poi trasportata all’istituto zooprofilattico di Palermo.

Forse il grosso pesce aveva sbagliato direzione, oppure inseguiva una preda, oppure era malata la manta che è stata trovata l’altra sera alla Cala.

È anche possibile che la manta sia stata catturata e trascinata in porto da una barca di pescatori che però non sono riusciti a issarla a bordo. Così è scattata la segnalazione alla sala operativa dei Vigili del fuoco.

La presenza di questo grosso pesce cartilagineo a queste latitudini ha però sorpreso. Le mante infatti prediligono solitamente acque pulite e profonde e non sono frequenti nei nostri mari. È invece presente in tutti i mari ed oceani della fascia tropicale e temperata. Nell’oceano Atlantico si spingono a nord fino alle coste del New Jersey e nei pressi dello Stretto di Gibilterra, raramente entrando nel Mediterraneo, a sud sono state rilevate fino all’Uruguay e alle coste del Congo. Sono state osservate in tutte le zone dell’oceano Indiano, e nel Pacifico a nord fino al Giappone e alle coste della California, a sud fino all’isola nord della Nuova Zelanda e alle coste del Cile.

La manta ritrovata ieri sera nel porticciolo palermitano, del peso di circa 400 kg e lunga 378 centimetri (larga 330 cm), è stata portata all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia, a Palermo, per i prelievi funzionali all’identificazione della specie in attesa di una necroscopia completa.

I

dati biometrici saranno inseriti nella banca dati internazionale sugli elasmobranchi (Medlem – Monitoraggio dei grandi pesci cartilaginei del Mediterraneo).

“Se qualcuno avesse segnalato la presenza della manta ancora in vita – ha detto Salvatore Seminara, commissario straordinario dell’Izs Sicilia (Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia) – avremmo provato a spingerla a largo e probabilmente non sarebbe rimasta ferita. Vista l’importanza e la rarità di questo esemplare nel Mediterraneo si sta ipotizzando di poterla tassidermizzare o di metterla in una teca con un liquido per la conservazione e di utilizzarla a scopo didattico-divulgativo”.

“E’ stata catturata in mare e probabilmente portata dentro alla Cala dai pescatori” ritiene Bruno Zava biologo che parteciperà all’autopsia sull’animale.

“Ho visto che ci sono dei tagli in testa sulla manta mediterranea, o diavolo del mare. Questi potrebbero essere dei colpi ricevuti quando è stata catturata – aggiunge Zava – Qualcuno ha pensato a colpi di un’elica, ma i tagli non sono compatibili. Sembrano più ferite provocate da colpi inferti all’animale che cercava di fuggire. Qualche pescatore l’ha presa al largo con una rete e portata fino alla Cala. Poi non riuscendo a portarla in banchina sono stati chiamati i vigili del fuoco. Potrò essere più preciso dopo l’autopsia che sarà eseguita nei prossimi giorni”.

“L’esemplare – specifica ancora il biologo – un maschio presenta un corpo compresso verticalmente, con due enormi pinne pettorali, somiglianti a delle ali. La coda è sottile e allungata, costituita da una spina che può usare come arma di difesa. Gli occhi sono sul dorso mentre sul ventre ci sono la bocca e le fessure branchiali. Raggiunge la dimensione massima di 5,2 metri. La manta ha un basso tasso di riproduzione, dando alla luce un solo piccolo per volta, con un periodo di gestazione di circa 24 mesi. Di conseguenza è molto sensibile ai cambiamenti ambientali ed alla pesca. Si nutre di piccoli pesci e crostacei. Le principali minacce per questa specie provengono dall’inquinamento del Mar Mediterraneo e dalle catture accidentali di cui è vittima, con mezzi di pesca comunemente usati, quali reti a strascico, tonnare e lenze utilizzate in genere per il pesce spada. Nella Lista Rossa dell’Iucn del 2004 era classificata come specie vulnerabile. Nel 2006 la sua situazione si è aggravata e la specie è stata classificata come minacciata di rischio d’estinzione. Oggi è protetta dalla convenzione di Washington Cites”.

Adduso Sebastiano

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