Intervista al regista Pizzurro al Teatro TRAM con: “Ad occhi chiusi”

Dal 6 al 9 febbraio, al Teatro Tram, il regista Luca Pizzurro porta in scena...

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Dal 6 al 9 febbraio, al Teatro Tram, il regista Luca Pizzurro porta in scena “Ad occhi chiusi” e noi lo abbiamo intervistato per voi.

Intervista al regista Pizzurro al Teatro TRAM con: “Ad occhi chiusi”

Il regista di “Ad occhi chiusi” Luca Pizzurro ha risposto, per i nostri lettori, ad alcune domande che gli abbiamo posto sullo spettacolo che porterà in scena, dal 6 al 9 febbraio al Teatro TRAM in via Port’Alba a Napoli, con Andrea Fiorillo,

Come mai ha scelto di dare luce ad un protagonista del genere?

“Ad Occhi chiusi” nasce da una necessità, come spesso accade quando scrivo.

In questo caso la necessità è stata quella di dare sfogo  ad una storia realmente  accaduta che  ha lasciato in me grandi turbamenti .

Ancora una volta  il teatro mi è venuto in aiuto per riuscire ad entrare dentro al dolore, attraversarlo, per provare a dargli una forma, non certo un senso.

Aveva pensato ad una eventuale versione con una protagonista femminile?

Non ci avevo pensato , ma potrebbe essere un’idea .

Come mai ha scelto Andrea Fiorillo?

Cercavo un attore che fosse in grado di calarsi nel sentimento in maniera totale, un attore che fosse in grado di portare in scena i tanti aspetti emotivi che il personaggio vive nei 55 minuti di spettacolo, attraverso un livello alto di verità.

Andrea Fiorillo è innanzitutto un uomo e poi un attore che mette sempre il cuore in ciò che fa ed in questo caso è stato l’interprete ideale .

Quali aspetti del protagonista voleva fossero messi in primo piano?

Ho scandagliato a lungo attraverso testimonianze dirette o attraverso la letteratura di genere, in fase di scrittura, le personalità di chi compie il crimine di cui parlo ed ho provato a scrivere un testo che desse voce proprio al carnefice.

Ciò che cerco di far emergere è senz’altro il totale capovolgimento della realtà, la capacità in soggetti del genere di vedere le cose esattamente al contrario rispetto a ciò che sono e sentirsi a loro volta vittime anziché carnefici tanto da riuscire a compiere crimini in nome di una loro distorta idea dell’amore.

Quale reazione si aspetta dal pubblico che viene a Teatro a vedere l’opera?

Quella di chi compie un viaggio di conoscenza. Si parte per un meta sconosciuta, si affronta il viaggio con tutte la difficoltà che comporta e si torna inevitabilmente un po cambiati. Il passaporto di questo viaggio è comunuqe la poesia che da calore alle cose, anche quelle più gelide.

A proposito della violenza maschile, pensa che gli uomini oggi stiano vivendo una sorta di “crisi di identità” rispetto alla capacità di gestire le proprie emozioni e frustrazioni?

Credo che il mondo sia profondamente cambiato e ad una velocità impressionante.

Non so se si tratti di crisi di identità ma certamente sono venuti meno tanti punti fermi che puntellavano la vita di ognuno di noi e la sensazione che ho è che si navighi un po’ tutti a vista.

Viviamo in un epoca in cui esiste lo sterile imperativo IO a discapito del più costruttivo NOI.

Un’epoca in cui la realizzazione di sé viene prima di tutto e prima di tutti. Non esiste più il corteggiamento, i giovani scoprono la sessualità sempre prima, basta alzare lo schermo di un computer, non si fa  fatica a raggiungere più nulla, niente è da scoprire, niente è da raggiungere.

Si deve avere tutto e subito.

E’ il dramma è che tutto questo è passato anche nei rapporti umani.

Lei mi parla di emozioni e frustrazioni, io ho la fortuna di avere a che fare con tantissime persone , giovani e meno giovani che frequentano la mia accademia a Roma e sempre più spesso mi trovo di fronte alla loro difficoltà di tirarle fuori le emozioni, prima ancora di capire come gestirle.

Lei piange? Come mai, secondo Lei, per molti maschi, piangere è segno di debolezza e non di Umanità?

Assolutamente si, mi capita spesso di commuovermi fino alle lacrime, faccio un lavoro che mi porta costantemente a contattare le mie emozioni ed il mio “bambino “ e quando questo accade scende spesso una lacrima a rigarmi il viso.

Come le dicevo prima credo che riguardi proprio la paura di gestire un’emozione perché è innegabile che il sentimento e le emozioni siano qualcosa che mette in luce la nostra intimità e per molti questo è sintomo di vulnerabilità anziché di forza . Io lavoro spesso con gli attori trasformando le loro fragilità nei loro punti forza.

Ascoltarsi , Accettarsi e Amarsi , per ciò che si è, senza ma e senza sé.

E’ tutto qui .

Il titolo dell’Opera è “Ad occhi chiusi” secondo Lei, i maschi sanno guardarsi allo specchio ed accettare le proprie fragilità?

Penso onestamente che non si debba fare una distinzione così netta tra maschile e femminile, mi capita spesso di trovare donne meno capaci degli uomini di scendere in profondità per entrare in contatto con la parte più intima di sé.

Credo come dicevo precedentemente  che riguardi in sostanza tutto il genere umano.

E’ difficile e faticoso riuscire, scusate la ripetizione: Ascoltarsi , accettassi , amarsi .

Perché gli Uomini non si indignano e reagiscono di fronte ai continui episodi di violenza sulle donne da parte dei maschi? (madri/sorelle/fidanzate/mogli…)

Non cedo che sia così , anzi.

La mia esperienza mi porta a dire invece che ultimamente ci sia stato un grande passo avanti nella sensibilizzazione riguardo il tema della violenza sulle donne.

Non mi sento di dire che gli uomini non si indignino o non reagiscano credo che non si debba generalizzare, si sta facendo tanto in tal senso.

Nel mio teatro a Roma il 25 Novembre abbiamo organizzato una bellissima serata contro la violenza sulle donne e la cosa che ci ha sorpreso positivamente è che in sala ci fosse una schiacciante maggioranza maschile di giovani ad ascoltarci.

Quanto l’arte, il Teatro, possono aiutare l’essere umano ad accettare le proprie debolezze e vivere senza peccare di Superbia ed ergersi a carnefice degli altri?

Tanto. Ed è quello che proveremo a fare dal 6 al 9 febbrai al Teatro Tram. Far entrare lo spettatore nella psiche di un carnefice per riconoscerne i comportamenti ed i processi mentali che statisticamente seguono sempre modalità molto simili da caso a caso.

Stéphanie Esposito

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