Il gas Sarin uccide i bambini in Siria

Un attacco chimico fa strage in una cittadina siriana vicino a Idlib provocando almeno 58 morti...

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Un attacco chimico fa strage in una cittadina siriana vicino a Idlib provocando almeno 58 morti e oltre 400 feriti.

L’opposizione denuncia l’uso di gas Sarin contro la popolazione da parte del regime di Assad che però nega affermando: “Quei missili erano delle forze ribelli”. Dall’America Trump scarica la colpa su Obama “perché si fece ingannare dal disarmo chimico di Damasco” ed afferma che “l’attacco non può essere ignorato” ma aggiunge: “Cacciare Assad sarebbe inutile”. Nel suo commento Giuseppe Cucchi si chiede a “chi giovi l’escalation del terrore” e afferma che “questa volta l’Onu deve agire subito”.

Bombe su Idlib, la strage dei bambini con il gas Sarin

L’opposizione: il regime ha usato i caccia Su-52. Almeno 58 le vittime. L’esercito di Assad nega: colpito un silos, lì c’erano i missili dei ribelli
BEIRUT – Bambini, ragazzi, adulti, con lo sguardo perso nel vuoto, le teste ciondolanti. Altri fotografati già rigidi, con un filo di bava bianca agli angoli della bocca. I segni, inequivocabili, di un attacco chimico. Probabilmente con il micidiale gas nervino Sarin. Le immagini arrivano di prima mattina dal quartiere generale dei Caschi Bianchi, i soccorritori volontari vicini ai gruppi ribelli, diventati famosi ad Aleppo. Si trova in una cava a pochi chilometri da Khan Sheikhoun, una cittadina a metà strada fra Hama e Idlbi, nel Nord-Ovest della Siria. Hanno portato qui morti e feriti, decine, centinaia, con auto, camion. Li lavano con getti d’acqua, cercano di rianimarli.
Le immagini finiscono sui social network, si diffondono in tutto il mondo. Un attacco chimico, di proporzioni mai viste dall’agosto 2013, quando nel Goutha, periferia di Damasco morirono 1400 persone. Ora gli attivisti parlano di «100 morti, 400 feriti». Le vittime accertate sono almeno 58. Molti bambini. L’opposizione siriana accusa il regime di Bashar al-Assad. L’attacco, secondo alcuni testimoni sentiti dai medici negli ospedali, è avvenuto vicino al grande silos del grano di Khan Sheikhoun. Altre foto mostrano crateri nella strada che passa accanto al silos, resti di quelli che sembrano razzi «piovuti dal cielo». Un raid aereo, condotto secondo un esponente dell’opposizione, da «Su-22, cacciabombardieri del regime».

Khan Sheikhoun è vicina al fronte, nel Nord della provincia di Hama i ribelli hanno lanciato nelle scorse settimane una grossa offensiva, respinta. Ma non è prima linea. Il regime nega l’attacco. Fonti militari fanno sapere che le bombe utilizzabili dai Su-22 «non possono portare armi chimiche». E in ogni caso Damasco nega di averle «mai usate». E «mai le userà». Altre fonti dicono che un attacco nell’area c’è stato, con i Su-22, ma su un deposito di armi dei ribelli, «dove erano stoccati missili». E forse anche armi chimiche, lasciano intendere.

In Siria, in teoria, non dovrebbero esserci più armi di distruzione di massa, come il Sarin. Dopo la strage del Goutha un accordo fra il regime e le Nazioni Unite ha portato allo smantellamento e alla distruzione degli arsenali. Nel giugno 2015 l’agenzia Onu, l’Opcw, ha annunciato che il 99% degli stock erano stati distrutti. Potevano rimanere piccoli depositi, che gli ispettori non avevano individuato o non erano riusciti a distruggere. Sia del regime che dei ribelli. Anche la paternità dell’attacco nel Goutha non è mai stata accertata con certezza. Ora, però, la Commissione d’inchiesta Onu tornerà a indagare. Lo chiedono con forza Francia e Gran Bretagna, accusano Assad di essere responsabile dell’attacco, «un crimine di guerra». Sarà il tema di oggi alla riunione del Consiglio di Sicurezza Onu. Anche la Casa Bianca ha condannato l’attacco, ma ha ribadito che non esiste l’opzione di un «cambio di regime». È la nuova linea di Donald Trump. Assad non è mai stato così saldo in sella negli ultimi sei anni. Puntellato e sostenuto sempre dai russi. Forse però potrebbe aver prevalso la «voglia» di chiudere la partita riconquistando una volta per tutte la provincia di Idlib, ultima sotto controllo dei ribelli nell’Ovest. Chissà.

Dal punto di vista politico, un attacco con il Sarin ha dell’incredibile. Le offensive dei ribelli sono state respinte. I ribelli moderati sono deboli. La guerra contro il regime è condotta soprattutto dagli oltranzisti di Hayal al-Tahrir al-Sham, la formazione dove sono confluiti reduci di Al-Qaeda e altri gruppi salafiti. Oggi si apre a Bruxelles una conferenza che dovrebbe delineare i piani di ricostruzione. Se davvero il Raiss, o qualche alto ufficiale, ha ordinato il raid chimico, è un suicidio politico.

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