Assolto da violenza sessuale: “Lei inattendibile e in pantaloni”

I giudici: “scarsa verosimiglianza nel racconto della donna” Milano, 3 feb.- E’ finito sotto processo...

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I giudici: “scarsa verosimiglianza nel racconto della donna”

Milano, 3 feb.- E’ finito sotto processo con l’accusa di violenza sessuale. Il Tribunale di Milano lo ha assolto “perché il fatto non sussiste” respingendo la richiesta del pm di condannarlo a 1 anno e 10 mesi di carcere. Secondo i giudici della nona sezione penale, il racconto della vittima è stato “ondivago” e non attendibile soprattutto perché, al momento di subire il presunto abuso, indossava un paio di pantaloni invernali. I due erano soltanto conoscenti, ma avevano comunque trascorso una serata insieme. Lei aveva bevuto parecchio e accusava “un fortissimo malessere”, così lui fu costretto ad accompagnarla a casa sollevandola “di peso”. Una volta arrivati, aveva fatto mettere a verbale la vittima, “mi sono buttata a letto e mi sono addormentata”. Passata qualche ora “mi sono svegliata perché sentivo che lui mi stava toccando”. Ed ecco i dettagli della presunta violenza sessuale: “Ero sdraiata sul lato destro, lui aveva un braccio sotto il mio collo, con quella mano mi toccava il seno e con l’altra dentro le mutande”. Un racconto “complicato e paradossale”, secondo il Tribunale che tra gli altri “profili di scarsa verosimiglianza” nella ricostruzione dei fatti fornita dalla vittima si sofferma soprattutto sul suo abbigliamento al momento della presunta violenza: “Non è stato spiegato – osservano i giudici nelle motivazioni della sentenza – come la mano dell’imputato possa essersi infilata sotto le mutande di una donna sdraiata a letto con abiti invernali, per lo più pantaloni”. “Coi pantaloni – sottolineano i giudici – la dinamica appare ancora meno verosimile: se il braccio dell’aggressore avvolge da sotto il collo della donna fino a toccare con la mano il seno, l’altro braccio non può che raggiungere la zona genitale che da sotto, salvo ipotizzare una difficile contorsione”. La mano del presunto aggressore “potrebbe così infilarsi sotto le mutande” soltanto “se la donna non indossasse nulla oppure solo una gonna”. Invece “dovendo entrare nella vita dei pantaloni, la posizione reciproca appare non solo alquanto improbabile in sé, ma soprattutto risulta ancora più incompatibile con il mancato risveglio della vittima”. A suscitare “perplessità” nei giudici anche altre circostanze. Innanzitutto la vittima “avrebbe subito nel passato remoto e recente ben due episodi di abuso sessuale” sempre “in un contesto amicale”, ma durante il processo parla solo di uno di questi episodi “e tace l’altro”. Infine la sua denuncia è stata presentata più di 5 mesi dopo la presunta violenza, “quasi ai confini della tardività”. Fcz/Int3

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