Arrestato capo mafia e un membro nazionale dei radicali italiani VIDEO

Arrestato capo mafia di Sciacca e il collaboratore di una deputata, per l’accusa, vicino ai...

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Arrestato capo mafia di Sciacca e il collaboratore di una deputata, per l’accusa, vicino ai fedeli di Messina Denaro. Nel mirino il 41 bis (carcere duro).

La Procura di Palermo ha fermato 4 persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa e favoreggiamento. In carcere, tra gli altri, sono finiti il capomafia di Sciacca Accursio Dimino e Antonello Nicosia, membro del Comitato nazionale dei Radicali italiani, per anni impegnato in battaglie per i diritti dei detenuti. Insieme a una parlamentare di cui si sarebbe detto collaboratore ha incontrato diversi boss detenuti. Secondo la Procura avrebbe fatto da tramite tra capimafia, alcuni dei quali al 41 bis, e i clan, portando all’esterno messaggi e ordini.

Intercettato, Nicosia insultava Giovanni Falcone e di Matteo Messina Denaro diceva: ”È il nostro premier”.

(Matteo Messina Denaro, originario di Castelvetrano in provincia di Trapani, è un mafioso legato a Cosa nostra. Era soprannominato ‘U siccu, a causa della sua costituzione fisica, o anche Diabolik, ed è considerato tra i latitanti più ricercati e pericolosi al mondo). Capo e rappresentante indiscusso della mafia trapanese, risulta essere attualmente il boss più ricco e potente di tutta Cosa nostra, arrivando a esercitare il proprio potere ben oltre i confini della propria provincia, come in quelle di Agrigento e addirittura Palermo).

Il membro nazionale dei radicali italiani arrestato, Nicosia, aveva una doppia vita: in Tv parlava di legalità e diritti dei detenuti, le microspie lo hanno invece sorpreso mentre insultava il giudice Falcone: “E’ stato un incidente sul lavoro”, sbottava mentre arrivava all’aeroporto di Palermo, dedicato ai Magistrati uccisi nel 1992: “All’aeroporto bisogna cambiare il nome… Non va bene Falcone e Borsellino… Perche’ dobbiamo arriminare (girare, ndr) sempre la stessa merda”. Messina Denaro lo chiamava invece “il primo ministro”. Le indagini hanno sorpreso Nicosia mentre partecipava a un summit con un fidato del superlatitante, nel febbraio scorso, a Porto Empedocle: parlavano di una somma di denaro da far arrivare a Messina Denaro.

Antonello Nicosia, originario di Sciacca è Direttore dell’Osservatorio Internazionale dei diritti umani (Oidu), pedagogista, laureato in Scienze della Formazione multimediale con una tesi sul “Trattamento penitenziario, ascoltare e progettare per rieducare sorvegliare e rieducare, l’esperienza carcere”, è stato eletto per due anni (2017-2018) come componente del Comitato Nazionale dei Radicali Italiani, è anche assistente parlamentare giuridico-psicopedagogico alla Camera dei deputati, in particolare di Giuseppina Occhionero. Nel curriculum allegato al sito dell’Oidu elenca esperienze nella formazione professionale in particolare nella progettazione di corsi per svantaggiati sociali e disoccupati. Sempre nel curriculum si dice “assistente parlamentare” e “docente a contratto nella scuola pubblica come esperto nei corsi PON”. Nel 2011 è stato coordinatore del progetto “La Tavola Multiculturale” attività a favore della formazione e dell’integrazione degli immigrati. Nicosia indica tra i suoi titoli quello di ricercatore presso l’Invalsi, Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, e quello di insegnante di Storia della mafia nell’Università della California. Secondo l’accusa aveva una doppia vita, pubblicamente parlava di legalità e diritti dei detenuti, poi invece avrebbe aiutato i detenuti a fare uscire dal carcere dei messaggi alle famiglie mafiose. Arrestato all’alba di oggi insieme con altre 4 persone, è accusato di avere veicolato messaggi fuori dalle carceri. In manette anche il capomafia di Sciacca Accursio Dimino. Secondo la Procura avrebbe fatto da tramite tra capimafia, alcuni dei quali al 41 bis, e i clan, portando all’esterno messaggi e anche ordini. Nicosia ha accompagnato la deputata Pina Occhionero (ex LeU e di recente passata a Italia Viva, che risulta estranea alla vicenda) in alcune ispezioni all’interno delle carceri siciliane: durante quelle visite i boss avrebbero affidato all’assistente della parlamentare dei messaggi da recapitare all’esterno.

Per i Pm sarebbe vicino all’ala di Cosa nostra che fa riferimento al boss latitante Matteo Messina Denaro e avrebbe portato all’esterno i messaggi dei mafiosi che incontrava durante le sue visite in carcere, avrebbe gestito gli affari del clan in America e riciclato denaro sporco. L’indagato sfruttava la collaborazione con la Occhionero perchè così entrava nelle prigioni senza la preventiva autorizzazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e ciò sfruttando le prerogative riconosciute dalle norme sull’ordinamento carcerario ai membri del Parlamento e a coloro che li accompagnano.

La Occhionero, avvocato di 41 anni, molisana, è stata eletta alle ultime elezioni politiche nelle liste di Leu ed è recentemente passata a Italia Viva, il partito di Renzi. La deputata non è al momento indagata, ma sarà sentita dai pm di Palermo come testimone.

Il capomafia di Sciacca Accursio Dimino, negli anni ’90 ha avuto un ruolo centrale nello sviluppo di dinamiche associative ultra-provinciali, mantenendo contatti e veicolando “pizzini” con i corleonesi, in particolare con Riina Salvatore e Brusca Giovanni e dalle attività investigative erano emersi i contatti con il latitante mafioso Matteo Messina Denaro. E, a partire dalla sua scarcerazione, sono stati documentati i rapporti intrattenuti con soggetti mafiosi operanti nel territorio di Sciacca, di Castellammare del Golfo e con alcuni personaggi ritenuti contigui alla famiglia mafiosa Gambino di New York. Dimino si era relazionato anche con un soggetto con cui aveva pianificato un’attività criminale che successivamente non è stata portata a compimento a causa dell’improvviso omicidio, avvenuto a New York lo scorso 13 marzo, di Frank Calì, esponente di spicco della citata famiglia mafiosa italo-americana. Avrebbe pure esercitato “pressioni su imprenditori locali per consentire a imprese riconducibili a propri sodali di ottenere appalti, l’attività di recupero crediti a beneficio di soggetti legati a uomini d’onore, propositi di danneggiamenti e altre attività criminali nei confronti di diversi soggetti per finalità estorsive”. Dalle indagini è stato scoperto anche che l’uomo nel passato abbia rappresentato, in passato, l’ala più dura della famiglia di appartenenza, facendo parte del “triumvirato”, lo storico gruppo di fuoco operante negli anni ‘90 Sciacca.

Con Dimino, Nicosia si incontrava abitualmente e insieme avrebbero fatto affari coi clan americani e riciclato denaro sporco. Da alcune intercettazioni emergerebbero anche progetti di omicidi. Insieme a Nicosia (già noto in quanto condannato in via definitiva alla pena di 10 anni e 6 mesi di reclusione per partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, scarcerato da ormai oltre 10 anni) e Dimino sono finite in manette anche altre tre persone: Massimiliano Mandracchia, Paolo e Luigi Ciaccio. Sono stati perquisiti uffici, negozi e case nella disponibilità degli arrestati. Sequestrati agli indagati disponibilità finanziarie, tra le quali una carta di credito collegata a conti esteri, e patrimoniali, tra cui un’imbarcazione. Dalle indagini è emersa, tra le altre cose, una riunione, compiuta a febbraio del 2019 a Porto Empedocle, tra Nicosia e due pregiudicati mafiosi di cui uno fidato sodale del latitante Messina Denaro, nel corso del quale i tre parlavano del latitante al quale doveva essere destinata una somma di denaro che gli interlocutori si stavano prodigando a recuperare ed inoltre, è stato messo in luce, dagli inquirenti, l’impegno di Nicosia per la realizzazione di un non meglio delineato progetto che, afferente il settore carcerario, interessava direttamente Messina Denaro da cui l’indagato, per l’opera svolta, si aspettava di ricevere un ingente finanziamento.

Nicosia, spendendo titoli docenza anche internazionali, nonché quale appartenente al Comitato Nazionale dei Radicali Italiani e direttore della Onlus Osservatorio Internazionale dei Diritti dell’Uomo (O.I.D.U.), ha operato nell’ambito assistenziale del settore carcerario, accedendo all’interno di alcuni istituti di detenzione e intrattenendo rapporti con operatori penitenziari. L’indagato, nel tempo, ha cercato di favorire alcuni detenuti tra cui Filippo Guttadauro (cognato del latitante, attualmente internato in misura di sicurezza – casa lavoro presso la Casa Circondariale di Tolmezzo e ancora sottoposto al regime detentivo ex art 41 bis Ordinamento Penitenziario).

(Ex art 41 bis O.P. comunemente chiamato “carcere duro”, è parte della Legge della Repubblica Italiana n° 354/75 recante “Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà”.  Dopo la strage di Capaci (23 maggio 1992) in cui persero la vita Giovanni Falcone, la moglie e gli uomini della scorta, all’articolo si aggiunse un secondo comma disposto con il decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 (cosiddetto Decreto antimafia Martelli-Scotti), convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356. Con la nuova disposizione, in presenza di “gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica”, si consentiva al Ministro della Giustizia di sospendere le garanzie e gli istituti dell’ordinamento penitenziario, per applicare “le restrizioni necessarie” nei confronti dei detenuti per mafia, con l’obiettivo di impedire il passaggio di ordini e comunicazioni tra i criminali in carcere e le loro organizzazioni sul territorio).

Nella prima puntata del suo programma televisivo e via web “Mezz’ora d’aria” titolata Misure di Sicurezza – il caso Tolmezzo e trasmessa da una emittente locale, Nicosia ha intervistato un avvocato con cui si soffermava a disquisire in ordine ad un’asserita anticostituzionalità della procedura di applicazione delle misure di sicurezza (fenomeno dei cosiddetti “ergastoli bianchi”) con particolare riguardo agli internati sottoposti all’art 41 bis O.P. della Casa Circondariale di Tolmezzo, dove si trova ristretto proprio Filippo Guttadauro.

In mattinata sono arrivate le dichiarazioni della parlamentare di Italia Viva, Giuseppina Occhionero. “Ringrazio la Magistratura e le forze dell’ordine per lo straordinario lavoro di contrasto alla mafia. Da ciò che emerge dalle notizie riportate sui giornali quello che diceva e scriveva Nicosia era ben lontano dalla verità – dichiara -, arrivando a veicolare messaggi mafiosi per conto dei detenuti. Quello che si legge nelle intercettazioni e’ comunque vergognoso e gravissimo”.

“La collaborazione con me – prosegue Occhionero – durata solo quattro mesi, era nata in virtù del suo curriculum, in cui si spacciava per docente universitario oltre che di studioso dei diritti dei detenuti. Non appena ho avuto modo di rendermi conto che il suo curriculum e i suoi racconti non corrispondevano alla realtà -spiega – ho interrotto la collaborazione. Le visite in carcere peraltro sono parte del lavoro parlamentare a garanzia dei diritti sia dei detenuti sia di chi vi lavora. Ora sono profondamente amareggiata, ma la giustizia farà il suo corso. Mi auguro nel più breve tempo possibile. Pur essendo del tutto estranea alla vicenda sono comunque a disposizione della magistratura per poter fornire ogni elemento che possa essere utile”.

L’inchiesta, condotta da Ros e Gico, è coordinata dal Procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Paolo Guido e dai Pm Gery Ferrara e Francesca Dessì.

In copertina il Tribunale di Palermo

Adduso Sebastiano

 

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