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Reja: “Hamsik è un professionista serio, ad avercene come lui. Io credo che…”

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“Per lui litigai con Benitez”

Edy Reja, ex allenatore del Napoli e primo allenatore di Hamsik in azzurro, ha rilasciato alcune dichiarazioni a Il Mattino in un’intervista in cui parla proprio del capitano azzurro.

Reja, ci pensa: ha raggiunto il record di gol di Maradona. Lo avrebbe mai pensato?
“Non era semplice fare questa previsione, ma dopo tutti questi anni al Napoli posso dire che se l’è meritato. Ed è giusto che il suo nome sia al fianco di quel grande mito che è Diego”.

I momenti belli li ha vissuti con lei?
“Ma anche dopo con Mazzarri e adesso con Sarri dove è senza dubbio uno dei leader assoluti di questa squadra che sogna lo scudetto. Io per lui ho anche fatto discussione…”.

E con chi?
“Con Benitez. Glielo dissi: ma come fai a far giocare Marek spalle alla porta? È un peccato mortale. Lui deve avere spazio per affondare, non può fare bene così”.

E lo spagnolo?
“Lui aveva la sua fissa per il 4-2-3-1 e non pensava di dover cambiare per Hamsik. Però anche in quegli anni Marek non ha mai detto una parola fuori posto, non si è mai lamentato, non ha mai creato problemi”.

Invece nel suo 3-5-2…
“Si trovò una meraviglia. Dicevano che io ero vecchio con quel modulo, poi lo ha fatto Conte qualche anno dopo e tutti a dire che era un grande innovatore. Io sono stato un precursore, ma non tutti me lo hanno riconosciuto”.

Ha mai litigato con Hamsik?
“E come si va ad avere una discussione che duri più di qualche secondo con lui? Impossibile. Certo, qualche volta si incavolava quando lo riprendevo durante gli allenamenti, quando gli dicevo che magari doveva fare il passaggio più filtrante. Lui sentiva, non aveva il coraggio e l’educazione per rispondermi a malo modo allora prendeva il pallone e dava delle fucilate vicino ai cartelloni. E io capivo che erano per me”.

Un richiamo, ogni tanto?
“Sì. Per farlo tornare a casa. Iniziava l’allenamento e non voleva mai finire. Era arrivato a Napoli per diventare un campione e allora nella sua testa c’era sempre il lavoro, il lavoro, il lavoro. Sapeva bene che per crescere bisognava allenarsi sempre. E lui avrebbe continuato a farlo anche fino a mezzanotte”.

Averne undici Hamsik…
“Aveva un viso da bambino, lo ricordo ancora assieme al Pocho il giorno della presentazione. Li portò Pierpaolo Marino e io rimasi perplesso, ma più per Lavezzi che per lui: di Marek sapevo che aveva 20 anni ma l’argentino era più largo che alto”.

Ora sembra davvero un giocatore maturo.
“Ma lo era anche quando arrivò: era già vecchio allora. Con una grande personalità. Perché mica è vero che chi non parla molto, non ne ha. Marek non si è mai tirato indietro, non ha mai sbagliato un colpo. E io mi sono sempre affidato a lui in quei due anni che è stato con me”.

Sarri lo ha consacrato?
“Maurizio lo ha messo al centro di tutto. E ha fatto la cosa giusta. A 30 anni si è fidato completamente del suo allenatore, come fece con me quando di anni ne aveva 20. Ed è importante: capire che un tecnico vuole solo il bene di un proprio giocatore”.

Lo descriva.
“Facile. Un ragazzo che in testa aveva solo un concetto e lo ripeteva sempre: migliorarsi, migliorarsi, migliorarsi. Sembra scontato ma non lo è”.

Perché non lo è?
“Perché in tanti pensano che a un certo punto sono arrivati e smettono di fare sacrifici. Marek no. Non ha superbia, non ha presunzione. Non arrivi a questi livelli, non batti questi record con il Napoli se non sei umile. E lui lo è, ed è un esempio per tutti quelli che gli sono vicini”.

Resterà a vita qui, secondo lei?
“C’è gente che strappa i contratti per andarsene. Lui invece è riconoscente, e sa cosa significa Napoli e il Napoli per lui. Non se ne andrà mai”.


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