In Italia il problema della denatalità non consente di fornire un ricambio generazionale e la fecondità tardiva riguarda sempre più frequentemente la nascita del primogenito.
A
tal fine il Ministero della Salute, nell’ambito delle azioni centrali previste nel programma di attività del CCM per l’anno 2015, ha promosso il progetto Studio nazionale fertilità con l’obiettivo generale di raccogliere informazioni sulla salute sessuale e riproduttiva per orientare e sostenere la programmazione di interventi a sostegno della fertilità in Italia.
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Il coordinamento dello studio è stato affidato all’Istituto Superiore di Sanità e hanno partecipato come unità operative: “Sapienza” Università di Roma, Ospedale Evangelico Internazionale di Genova, Università degli studi di Bologna. Il progetto è iniziato ad aprile 2016 e terminerà il 30 settembre 2018.
Sono state realizzate indagini rivolte sia alla popolazione potenzialmente fertile (adolescenti, studenti universitari e adulti in età fertile), sia ai professionisti sanitari (pediatri di libera scelta, medici di medicina generale, ginecologi, andrologi, endocrinologi, urologi, ostetriche).
In occasione della 3° Giornata nazionale di informazione e formazione sulla salute riproduttiva, che si celebra il 22 settembre 2018, si anticipa una sintesi dei principali dati emersi dalle 5 indagini.
Indagine adolescenti
Questa indagine è stata condotta, in ambito scolastico, con il supporto delle Regioni e dei professionisti del SSN, su un campione, statisticamente rappresentativo, di 16.063 studenti prevalentemente di 16-17 anni. Ha coinvolto 941 classi terze di 482 scuole secondarie di secondo grado, distribuite su tutto il territorio nazionale. E’ stata registrata un’elevata rispondenza da parte dei ragazzi (80%).
- Dalle risposte emerge un’errata percezione (sovrastima) da parte dei ragazzi e delle ragazze relativamente all’adeguatezza delle informazioni in loro possesso sulle tematiche della salute sessuale e riproduttiva che nella maggior parte dei casi (89% i maschi e 84% le femmine) cercano su internet
- Si rilevano spazi di miglioramento nella conoscenza dei seguenti aspetti: fattori di rischio/protettivi per la riproduzione (età e stili di vita); alcune infezioni a trasmissione sessuale (IST) quali epatite virale, sifilide, gonorrea, papilloma virus e clamidia; metodi contraccettivi in grado di proteggere dalle IST
- Rimangono poco conosciuti i consultori (situazione invariata rispetto a quanto rilevato dall’indagine ISS 2010). Anche il contatto con i medici specialisti è limitato
- Circa 1 adolescente su 3 ha dichiarato di aver avuto rapporti sessuali completi (35% dei maschi e 28% delle femmine)
- I metodi contraccettivi più conosciuti sono il preservativo (99%) e la pillola (96%)
- Per quanto riguarda l’utilizzo dei metodi contraccettivi, rispetto a un’indagine fatta dall’ISS nel 2010, rimane stabile la percentuale di chi non usa alcun metodo (10%), mentre aumenta l’utilizzo del preservativo (77%) ma anche quello del coito interrotto (26%) e del calcolo dei giorni fertili (11%)
- La famiglia è un luogo in cui difficilmente si affrontano argomenti quali “sviluppo sessuale e fisiologia della riproduzione”, “infezioni/malattie sessualmente trasmissibili” e “metodi contraccettivi” (solo il 10% parla in famiglia di questi argomenti in maniera approfondita)
- Il 94% dei ragazzi ritiene che debba essere la scuola a garantire l’informazione sui temi della sessualità e riproduzione (ben il 60% di loro ritiene che questo dovrebbe iniziare dalla scuola secondaria di primo grado o anche prima, dato che conferma quanto già emerso nell’indagine ISS del 2010); tuttavia solo il 22% degli adolescenti vorrebbe ricevere queste informazioni dai propri docenti, mentre il 62% vorrebbe personale esperto esterno alla scuola
- Emerge un gradiente Nord-Sud su alcuni aspetti indagati, soprattutto in relazione alle conoscenze. D’altra parte, la partecipazione a corsi/incontri sul tema della sessualità/riproduzione al Sud è pari al 33%, decisamente inferiore a quella nel Nord del Paese pari al 78% (aumenta il divario Nord-Sud rispetto al 2010)
- Solo il 7% degli adolescenti pensa di non avere figli nel suo futuro, mentre quasi l’80% di loro indica come età giusta per diventare genitore prima dei 30 anni.
Indagine studenti universitari
Questa indagine è stata condotta su un campione di 13.973 studenti universitari dei 18 atenei coinvolti, attraverso adesione volontaria all’iniziativa pubblicata sul sito dell’ateneo, riscontrando una limitata adesione pari a un 5% di rispondenza. Il campione degli studenti che hanno partecipato registra un’età media di 22 anni ed è composto per il 70% di donne.
- I dati emersi in merito al consumo di alcolici e di tabacco hanno mostrato un quadro in linea con quanto già rilevato da altri studi: 1 su 4 degli intervistati ha dichiarato di fumare, 2 su 3 consumano alcolici nel corso della settimana e più dell’80% è consapevole che questi comportamenti influenzano la fertilità, sia maschile che femminile
- Sebbene molti dei partecipanti abbiano riferito di sentirsi adeguatamente informati in merito a tematiche di salute sessuale e riproduttiva, l’analisi dei questionari ha portato a concludere che si tratti frequentemente di una sovrastima da parte degli interessati della loro conoscenza, o talvolta, l’informazione che hanno è addirittura non corretta (come per gli adolescenti). La discrepanza fra le reali conoscenze e quelle percepite è stata osservata in quasi tutti gli ambiti del questionario
- Più dell’80% dei rispondenti ha dichiarato di aver già avuto rapporti sessuali completi, con un’età media al primo rapporto tra i 17 e i 18 anni, sia per i maschi che per le femmine
- Per quanto riguarda i comportamenti nell’ambito della sessualità, un’elevata percentuale di rispondenti (95%) ha dichiarato di usare metodi contraccettivi nei rapporti abituali: il preservativo (71%), la pillola e altri metodi ormonali (46%), coito interrotto (24%); tuttavia il 22% dichiara di aver avuto rapporti occasionali non protetti
- L’età giusta per diventare genitori viene percepita tra i 26 e i 30 anni, ma sui tempi della fertilità maschile e femminile non c’è una corretta conoscenza, considerando tempi più lunghi rispetto a quelli biologici
- La scuola ed incontri educativo-informativi sono percepiti come il miglior canale di diffusione ed informazione per tali tematiche, anche se il 90% hanno riferito di essersi informati autonomamente
- Per quanto riguarda il contatto con i medici specialisti, mentre quasi il 75% delle studentesse ha fatto una visita ginecologica, solo 1 ragazzo su 4 è stato dall’andrologo; per quanto riguarda il consultorio familiare si sono rivolte a questo servizio il 34% delle studentesse intervistate, mentre è stato utilizzato solo dal 13% dei maschi.
Indagine adulti (Passi)
Questa indagine è stata condotta su un campione di 21.217 persone di età 18-49 anni, rappresentativo della popolazione residente in Italia, nell’ambito delle interviste telefoniche del sistema di sorveglianza PASSI coordinato dall’ISS, con il supporto delle Regioni e dei professionisti del SSN della rete PASSI, riscontrando una rispondenza dell’86%.
- Le risposte mostrano che non c’è piena consapevolezza del ruolo giocato dall’età nella fertilità biologica femminile e ancor più nella capacità riproduttiva maschile. Infatti solo il 5% del campione è consapevole che le possibilità biologiche per una donna di avere figli iniziano a ridursi già dopo i 30 anni; una buona parte, 27%, pensa che questo accada intorno ai 40-44 anni
- La consapevolezza che l’età giochi un ruolo importante anche per la fertilità biologica maschile sembra persino minore di quanto è emerso circa la fertilità femminile: nove persone su dieci (87%) forniscono una risposta assolutamente inadeguata (oltre i 45 anni) o non sanno dare alcuna indicazione
- Per quanto riguarda la propensione alla procreazione, più della metà dei rispondenti (55%) dichiara di non essere intenzionato ad avere figli; anche considerando solo coloro che non hanno figli (né propri, naturali o adottivi, né del partner) questa quota, seppur più contenuta, non è trascurabile: quasi 1/3 delle persone senza figli (31%) dichiara di non volerne neppure in futuro
- Le motivazioni per rinunciare o rinviare la nascita di un figlio, escludendo dalla stima le persone senza un partner o che riferiscono problemi di fertilità, sono legate principalmente a fattori economici e lavorativi e all’assenza di sostegno alle famiglie con figli (41%), seguiti da quelli collegati alla vita di coppia (26%) o alla sfera personale (19%); infine ci sono problemi di salute (17%) o legati alla gestione della famiglia (12%).
Indagini professionisti: pediatri di libera scelta e medici di medicina generale
Queste indagini sono state condotte con invito via email ai soci della Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP) e della Federazione Italiana Medici di Famiglia (FMMG) e hanno riscontrato una limitata adesione: 706 pediatri (PLS), con tasso di rispondenza di 14,1%, e 759 Medici di Medicina Generale (MMG), pari a un 15,2% di rispondenza.
- In generale si rileva un buon livello di conoscenza in ambito di salute riproduttiva tra i professionisti di base, tuttavia si evidenziano bisogni formativi su alcune aree e sulla relativa comunicazione agli assistiti. In particolare:
- per i PLS: l’importanza di alcune vaccinazioni anche al fine di preservare la capacità procreativa; l’importanza dell’obesità e dell’eccessiva magrezza sulla fertilità; informazioni fornite agli adolescenti sui rischi delle infezioni/malattie sessualmente trasmissibili e sulla non efficacia dei contraccettivi orali per la protezione dalle infezioni sessualmente trasmissibili
- per i MMG i bisogni formativi risultano principalmente su: prescrizione di acido folico a tutte le pazienti che manifestano desiderio di gravidanza; non raccolta, nell’anamnesi dell’età della menopausa della madre della paziente; informazioni ai giovani assistiti o ai loro genitori sulla vaccinazione per il virus HPV; percorsi per salvaguardare la fertilità di giovani assistite che devono sottoporsi a chemioterapia.
- ulteriore criticità emersa nei due gruppi di professionisti è la percentuale di medici che ha partecipato ad eventi di aggiornamenti di salute riproduttiva: solo l’8% dei PLS ed il 20% dei MMG. La necessità di maggiori informazioni ed eventi formativi in materia di tutela della fertilità e di salute riproduttiva è stata chiaramente manifestata dai professionisti che hanno collaborato allo studio.
Indagini professionisti della salute riproduttiva: ginecologi, endocrinologi, andrologi, urologi, e personale ostetrico
Queste indagini sono state condotte con invito via email ai soci delle principali Società scientifiche e Federazioni di categoria, in ambito di salute riproduttiva, e hanno riscontrato una limitata adesione da parte dei professionisti. Hanno risposto al questionario: 376 ginecologi (11%), 113 endocrinologi (10%), 238 andrologi/urologi (23%) e 1.171 personale ostetrico (11%).
- Per quanto riguarda le conoscenze e la pratica clinica, in generale, i professionisti hanno buone conoscenze (3 professionisti su 4 hanno risposto correttamente alle domande nella maggioranza dei casi)
- Dalle risposte fornite tuttavia appaiono evidenti alcune aree su cui sarà necessario concentrare l’attività formativa:
- anche in questo caso non è chiaro per tutti che l’età, anche quella maschile, è una componente fondamentale della capacità riproduttiva e che bisogna insistere su questo tema con i/le pazienti/coppie, quando c’è il tempo per intervenire;
- è ancora non soddisfacente l’informazione erogata da parte degli operatori sui rischi delle patologie sessualmente trasmissibili, in particolare non se ne parla a sufficienza ai soggetti più esposti;
- ancora non tutti hanno chiara la necessità di effettuare la profilassi preconcezionale con acido folico e la tempistica con cui eseguirla;
- ancora si prescrivono ai maschi infertili terapie non del tutto appropriate in condizioni in cui le linee guida danno invece indicazioni chiare;
- anche nel campo della fertilità femminile persistono ancora, seppure minoritarie, pratiche chirurgiche non più appropriate;
- è generalizzato un infondato ottimismo sulle possibilità delle tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) di risolvere sempre i casi di infertilità. Persiste, inoltre, la tendenza a consigliare la PMA a pazienti in cui è evidentemente inutile, generando aspettative che procureranno frustrazione alle coppie.
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