La sentenza del tribunale di Milano che bacchetta ministeri e presidenza del Consiglio e apre la strada ai rimborsi di quanto pagato dal 2011. “Sproporzionata” la tariffa da 100 a 245 euro chiesta per il rilascio e il rinnovo del documento rispetto a quanto pagano gli italiani per certificati analoghi
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l ministero dell’Interno, quello dell’Economia e la presidenza del Consiglio dei ministri sono stati condannati dalla prima sezione civile del Tribunale di Milano a risarcire i danni a sei cittadini stranieri che avevano pagato la “supertassa” per il rinnovo o la richiesta del permesso di soggiorno, che varia dai 100 ai 245 euro. Nell’ordinanza firmata dal giudice Martina Flamini si legge che è “discriminatoria” e “sproporzionata” la tariffa richiesta agli stranieri residenti per la domanda di rinnovo o rilascio del permesso di soggiorno, anche non di lungo periodo. La tassa sul permesso di soggiorno è stata introdotta dal Decreto ministeriale del 6 ottobre 2011.
Il decreto era stato annullato dal Tar del Lazio nel maggio scorso, su ricorso promosso dalla Cgil, a seguito di una pronuncia della Corte di Giustizia europea del settembre 2015 che aveva ritenuto la tassa un ostacolo eccessivo al conseguimento del permesso di soggiorno (sia a tempo determinato, che indeterminato). Annullamento arrivato anche perché la “tassa” era molto più alta di quella necessaria per qualsiasi analogo documento amministrativo richiesto agli italiani.
Nonostante i due pronunciamenti, della Corte eutopea e del Tar, il ministero fino ad oggi non aveva ancora provveduto alla modifica della normativa e sinora nessuno straniero aveva ottenuto il rimborso di quanto pagato in passato. Ora, nel provvedimento del Tribunale miilanese il giudice condanna il due ministeri e il capo del Governo alla restituzione parziale di quanto versato dai sei ricorrenti, tutti immigrati regolarmente residenti a Milano, difesi dagli avvocati Alberto Guariso e Livio Neri dell’Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione).
I due legali e l’associazione – specializzata in ricorsi contro la pubblica amministrazione quando ci sono gli estremi per la denuncia di razzismo o discriminazione – reputano che la decisione del Tribunale sia importante non solo perché ribadisce l’illegittimità della tassa nella misura prevista dal decreto (che ancora oggi viene richiesta dalle Questure “del tutto illegittimamente” secondo gli avvocati) ma anche perché apre la strada ai rimborsi di quanto pagato dal 2011 (anno in cui la “supertassa” è stata introdotta) da tutti gli stranieri che in Italia hanno chiesto o rinnovato il permesso di soggiorno.
“Ora, anche il Tribunale di Milano decreta che l’aver richiesto un pagamento in misura non consentita dall’ordinamento europeo costituisce anche discriminazione e viola il principio di parità di trattamento previsto dalla Direttiva 109/2003, proprio in quanto pretende degli stranieri una tassa sproporzionata rispetto a quanto previsto per analoghi documenti per i cittadini italiani”, spiegano i due avvocati delll’Asgi. “L’importanza della pronuncia milanese deriva soprattutto dal fatto che, per la prima volta, viene affermato il diritto al rimborso di quanto pagato dagli stranieri dall’entrata in vigore del decreto”.
Nella sentenza si legge: “La discriminazione per motivi di nazionalità opera, in ragione del mero rilievo del trattamento deteriore riservato allo straniero quale effetto della sua appartenenza ad una nazionalità diversa da quella italiana (…). La parte ricorrente ha dimostrato che i cittadini stranieri, costretti a corrispondere le somme per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno, sono vittima di discriminazione diretta fondata sulla nazionalità”. Pertanto il giudice “condanna le pubbliche amministrazioni” a restituire a tre che hanno fatto ricorso “la somma di euro 245,00 ciascuno, nonché a restituire” agli altri “la somma di euro 145,00 ciascuno” e anche al pagamento delle spese legali per 6.100 euro.
vivicentro.it/cronaca repubblica / “La supertassa sui permessi di soggiorno discrimina gli stranieri”, governo condannato a risarcire” ZITA DAZZI
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