Il Pd torna alla carica con la legge sullo Ius soli e studia un piano per sbloccare uno stallo che dura da due anni. L’idea è quella di convincere Alfano (e i suoi senatori) a uscire dall’Aula di Palazzo Madama al momento del voto. In questo modo il quorum si abbasserebbe e la legge potrebbe passare.
Il piano del Pd per lo Ius soli. Convincere gli alfaniani a uscire dall’aula del Senato
Quorum abbassato e la legge potrebbe passare con chi ci sta
U
na bocciatura arrivata una decina di giorni fa: «Una cosa giusta fatta al momento sbagliato può diventare una cosa sbagliata», la spiegazione del leader di Ap, il ministro Alfano. Tanto netta da far sbilanciare la sottosegretaria Boschi – «non ci sono i numeri» – e convincere molti che le speranze di far passare la legge sono ridotte al lumicino. Sono cominciate le critiche e le iniziative di protesta: l’ultima in ordine di tempo, lo sciopero della fame a staffetta a cui aderiscono il ministro Graziano Delrio («il parlamentare risponde alla nazione, non alla disciplina di partito: sui diritti civili non ci si astiene») e altri membri del governo (il viceministro Mario Giro, i sottosegretari Della Vedova, Olivero e Rughetti), oltre a una settantina di parlamentari e, in forse, la presidente della Camera Boldrini. Eppure, senza troppo darne notizia, c’è chi tra i dem del Senato non ha desistito, lavorando dietro le quinte per convincere gli alleati e permettere al premier Gentiloni di mantenere la promessa: «La approviamo entro l’autunno».
Il piano messo a punto dal Pd prevede il coinvolgimento di Alfano e la sua truppa (in Senato sono 24), ma senza pretendere che votino la legge. La proposta che stanno avanzando al ministro degli Esteri e ai suoi è una sorta di compromesso: lasciate che portiamo il testo in Aula, che lo votiamo con chi ci sta (Sinistra italiana, dall’opposizione, ha dato la disponibilità addirittura a una “fiducia di scopo”), e voi dateci una mano uscendo dall’Aula, abbassando i numeri per ottenere una maggioranza. Tranne chi di loro – e qualcuno ci sarebbe – se la dovesse sentire di dare il suo sì a titolo personale. In questo modo, è il ragionamento dei dem, i centristi andrebbero incontro al mondo cattolico più vicino a papa Francesco – quello che col segretario della Cei monsignor Nunzio Galantino ha biasimato il fatto che si sia accelerato sui diritti gay e non su quelli di cittadinanza – ma senza intestarsi la legge. Una via di mezzo non scontata, visto che i voti sono faticosamente da cercare uno a uno, ma che se realizzata faciliterebbe anche la discussione in corso tra Pd e Ap su una possibile alleanza futura.
E che ci sia qualche spiraglio di apertura, lo si capisce dalle parole della senatrice Simona Vicari: «Ho parlato col ministro Finocchiaro: se ci daranno la possibilità di andare un minimo avanti e non fare tristi battaglie elettorali ce la possiamo fare». Al momento, ufficialmente, la richiesta di Ap è di qualche modifica al testo. Il problema sono i tempi stretti: «L’ideale sarebbe chiudere in Aula prima delle Regionali siciliane di novembre, perché, dopo, può succedere di tutto», rivela chi è al corrente della trattativa, alludendo al rischio di fibrillazioni se il Pd, come previsto dai sondaggi, dovesse andare male nell’isola.
Il segretario dem, Matteo Renzi, di ius soli non parla più. È una legge che, giura, avrebbe voluto portare a casa, ma ha lasciato che sia Gentiloni a decidere come affrontare la questione «e per noi andrà bene», il suo ritornello. Non a caso, ieri, né dal giornale online Democratica né dalla sua enews ha espresso una parola sullo sciopero della fame. Lascia che tra governo e Palazzo Madama si lavori per cercare i numeri necessari e convincere Alfano e i suoi a una “collaborazione passiva”. «Non so se ci sarà la maggioranza o meno», commenta Delrio, ormai volto di questa battaglia: «Se non ce la facciamo, amen: ma mi interessa fare un dibattito tranquillo e ragionevole».
vivicentro.it/politica
vivicentro/Il Pd torna sullo Ius soli con un piano preciso
lastampa/Il piano del Pd per lo Ius soli. Convincere gli alfaniani a uscire dall’aula del Senato FRANCESCA SCHIANCHI
Lascia un commento