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COCAINA “Troppo ricco, non può essere spacciatore” Lo assolvono

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a sentenza a Firenze. Il giudice ha ascoltato uno psichiatra, un commercialista e il padre dell’imputato, che era stato trovato in possesso di oltre 3.000 dosi medie giornaliere di cocaina. “Voleva farsi una scorta smisurata”

FIRENZE – Aveva un precedente per detenzione e spaccio di una modica quantità di stupefacenti nel 1996. Perciò il 21 febbraio 2015 la Guardia di Finanza, dopo averlo fermato per un controllo, perquisì la sua auto e vi trovò 12 involucri di cellophane che racchiudevano 597,6 grammi di polvere contenenti cocaina pura per 471 grammi, corrispondenti a 3.144 dosi medie giornaliere. Lo stupefacente doveva essergli costato non meno di 30mila euro. Arrestato per detenzione a fini di spaccio, l’uomo è stato processato in abbreviato. E assolto. “Se si esclude l’elemento del quantitativo detenuto – ha scritto in sentenza il giudice Paola Belsito – assolutamente nulla negli atti di causa permette di affermare che detenesse per spacciare”. Non sono state trovate bilancine, né cellophane, né sostanze da taglio, né contatti telefonici con eventuali clienti. Richiamandosi alla Cassazione, secondo cui il possesso di droga in quantità superiore ai limiti massimi consentiti non costituisce prova decisiva della destinazione della sostanza allo spaccio, il giudice ha ritenuto che l’imputato, 42 anni, forte consumatore di cocaina e molto benestante, avesse comprato quelle migliaia di dosi per farne una provvista per suo uso personale. Prima di decidere ha ascoltato uno psichiatra, un commercialista e il padre dell’imputato, come richiesto dai difensori Massimiliano Manzo ed Emilio Bettini.

Lo psichiatra ha spiegato che da giovane il suo paziente aveva fatto uso smodato di marijuana e poi era passato alla cocaina. Segnalato come consumatore nel 2014, non si era drogato per mesi. Nel febbraio 2015, pochi giorni prima del suo arresto, i controlli si erano conclusi in maniera positiva. Ma la lunga astinenza – secondo lo psichiatra – aveva scatenato in lui il craving, un bisogno incontenibile e urgente di droga. E poiché ha una personalità infantile e tende ad accumulare oggetti, cibo e denaro, probabilmente aveva deciso di accumulare anche cocaina. Per cui l’arresto era stato una “provvida disgrazia”, perché rischiava altrimenti di assumere droga in dosi tali da morirne.

Il commercialista ha illustrato le condizioni economiche della famiglia. Il padre, che gestisce una florida azienda, ha confermato che il figlio ha ricevuto doni in denaro ed eredità dai nonni, tanto che ora ha risparmi per 400mila euro. I genitori speravano che si comprasse casa e si facesse una sua vita, ma il figlio continua ad abitare con loro, a non spendere niente e ad avere un sacco di denaro. Conclusione del giudice: “L’imputato, grazie alla disponibilità economica, anche di denaro liquido, garantitagli dalla famiglia, e al fatto di essere un figlio e un nipote unico viziato oltre ogni limite, ha potuto coltivare il suo unico vizio pensando di farsi una consistente e smisurata scorta di droga risparmiando nell’acquisto”. La procura generale ha impugnato l’assoluzione.

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