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irettamente da un incubo della Fallaci o da un romanzo di Houellebecq sull’Europa Saudita, ecco le nuove divise della compagnia aerea fu-italiana, ora di proprietà della Etihad di Dubai. Le ha disegnate un milanese, ma il committente è musulmano e si vede. Dalla punta dei capelli a quella dei piedi, sarebbe vano cercare un centimetro di pelle scoperta. Oltretutto l’hanno coperta male. L’Alitalia ha negato che i tessuti siano infiammabili, ma non può smentire che siano brutti. Immagino che l’abbondanza di rosso e verde intenda omaggiare la bandiera (il bianco è garantito dalla faccia disperata delle hostess quando si osservano allo specchio). Ma non conosco una sola donna italiana che indosserebbe delle calze verdi, se non sotto la minaccia di un plotone di esecuzione. E anche lì, come ultimo desiderio, chiederebbe di sfilarsele. Un’anima bella si sforzerà di vedere in questa immagine da rivista Anni Cinquanta il recupero della sobrietà perduta, ma senza il buongusto di allora. Io vi leggo la certificazione di cosa succede quando un bene italiano finisce nelle mani di una cultura che, quantomeno in materia di donne, si trova nelle condizioni più di prendere esempi che di imporne.
vivicentro.it/opinioni – lastampa/Alì Italia MASSIMO GRAMELLINI
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