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Castellammare di Stabia

Antonio Di Nardo: Dal tridente delle 3D con il Cittadella all’incubo retrocessione con la Juve Stabia

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Antonio Di Nardo, ex attaccante della Juve Stabia è intervenuto durante il programma ” Il Pungiglione Stabiese ” che va in onda ogni lunedì sera alle ore 20:30 sui canali social di ViViCentro Network .
Queste sono state le sue parole sulla Juve Stabia e sul Cittadella prossimo avversario delle Vespe:

Hai giocato a Cittadella formando il fantastico trio delle 3 D (Di Carmine, Di Roberto e Di Nardo) ma hai giocato anche con la Juve Stabia. Quale è il ricordo della tua esperienza a Castellammare di Stabia che non è stata positiva, non per colpa tua, ma perché quella era una Juve Stabia che si avviava ad una tragica retrocessione già annunciata e determinata da un girone d’andata davvero assurdo. Le Vespe provarono a fare mercato a gennaio, arrivasti anche tu, arrivarono tanti altri calciatori per salvare il salvabile ma non ci fu verso di cambiare il trend. Tu però in quei sei mesi hai lottato dando il massimo, fornendo il tuo contributo. Hai segnato una rete con la Reggina all’esordio, ma poi la gara finì in pareggio con il gol di Gerardi all’83’.

Con il Cittadella al di là di Carmine e di Roberto, quell’anno facevamo un bel tridente, io ero il più anzianotto, facevo anche delle battute sui nostri cognomi. Quando c’erano le partite, che giocavamo spesso insieme, dicevo a tutti: “guardate che stanno mettendo gli occhialini speciali, perché oggi c’è il 3D in campo!”

In quell’annata facevamo molto molto bene, anche se io venivo comunque da un infortunio abbastanza serio, riuscimmo a giocare solo due anni insieme. Nell’arco di due anni ho subito un po’ di infortuni, nel primo anno qualche problemino a livello muscolare, mentre nel secondo c’è stata la rottura del tendine d’Achille e entrai nella seconda parte di campionato dove poi comunque portai un grosso contributo facendo 8 gol nelle ultime 10 giornate.

L’anno successivo fu un’annata anche per me molto molto particolare perché comunque dovevo andare al Trapani, appena promosso in Serie B, con una proposta di due anni di contratto, poi ci furono dei problemi, io comunque volevo stare vicino casa, mi trovai poi nell’esperienza di Ischia, un’esperienza bruttissima anche perché scendere di due categorie non è facile. Mentalmente sono stato devastato, in quel periodo arrivò la proposta della Juve Stabia.

La Juve Stabia del 2014 era comunque una squadra fortissima, una squadra veramente di grossa qualità, una squadra che a gennaio si rinforzò con l’arrivo di giocatori importanti. Purtroppo però quando arrivai erano ultimi e non riuscimmo a salire di posizione restando inchiodati in quella posizione. Credo che nel calcio c’è sempre l’annata fortunata e l’annata meno fortunata, quell’anno secondo me a Castellammare girava tutto male. Nella seconda parte della stagione andò via Pea e tornò Braglia, che entrò con un altro atteggiamento. Quando le cose iniziano ad andare male difficilmente le raddrizzi. Ci lasciammo andare anche noi e non credemmo più nella salvezza.

Il campionato di Serie B è arrivato in un momento in cui ci sono 3 squadre di vertice che stanno facendo il vuoto, stiamo parlando di Sassuolo, Spezia e Pisa. Pensi che si faranno i playoff? Pensi che sarà una lotta a tre oppure qualcun altro magari potrebbe rientrare nella corsa alla promozione diretta?

I play off penso che si faranno. Non vedo squadre capaci veramente di fare il vuoto, tranne il Sassuolo, che secondo me è una squadra fuori categoria. Comunque sono una squadra di giocatori di Serie A, cioè una squadra forte. Hanno un bravo allenatore bravo.

C’è il Pisa, che è una squadra che non ci saremmo mai aspettati di vedere la sù. C’è lo Spezia che sta facendo grandi cose, come sempre la Serie B è un ottimo campionato.

Chi ti ha deluso tra Palermo, Salernitana e Sampdoria?

Sicuramente la Salernitana in primis, poi subito dopo la Samp. La Salernitana comunque scende dalla Serie A, anche se comunque non è mai semplice scendere di categoria. Vediamo anche lo stesso Frosinone. Si trovano in una situazione di difficoltà incredibile. La Samp è un discorso un po’ più lungo da fare. Dall’anno scorso non riescono a trovare una guida, non riescono a trovare dei giocatori forse adatti, adatti per la categoria. Probabilmente ci sono tanti giocatori sopravvalutati.

Il tuo parere sul recente cambio di allenatore al Cittadella. Questa decisione ha sorpreso un po’, considerando che la società è solitamente molto attenta alla programmazione. Quest’anno c’è stato un rendimento piuttosto deludente della squadra, soprattutto in casa. Come spieghi questa situazione? Hai visto qualche partita? Quali difficoltà hai riscontrato nel gioco del Cittadella?

Il Cittadella, da sempre sinonimo di una politica societaria che punta sui giovani e su un ambiente sereno, quest’anno sembra aver incontrato qualche difficoltà. La squadra, ringiovanita in alcuni reparti, ha mostrato qualche lacuna, soprattutto in attacco.

Le scelte di mercato, seppur in linea con la tradizione del club, hanno sollevato qualche perplessità, con l’assenza di giocatori di esperienza che potessero fare la differenza nei momenti chiave. Il legame profondo con l’allenatore, se da un lato ha garantito stabilità, dall’altro ha forse limitato la capacità di prendere decisioni più drastiche quando necessario.

Nonostante le difficoltà, il Cittadella conserva intatta la sua capacità di sorprendere. La vittoria a Palermo è un segnale importante, dimostrando che la squadra ha ancora le risorse per uscire da questo momento complicato. Tuttavia, per tornare ai livelli delle ultime stagioni, sarà fondamentale trovare il giusto equilibrio tra giovani promesse e giocatori esperti, e operare con maggiore decisione sul mercato.

Che differenza c’è attualmente nel modo di giocare di una squadra rispetto a quando giocavi tu? Mi riferisco soprattutto sull’aspetto tecnico-tattico.

C’è una netta carenza di qualità nel calcio moderno. Ai miei tempi, i giocatori erano più esperti, più tecnici. C’erano calciatori di Serie A che scendevano in B per scelta, tanto era alto il livello. Oggi vediamo squadre di B piene di giovani, spesso poco rodati, che si trovano a dover affrontare un campionato sempre più competitivo. Mancano i leader, quei giocatori che prendono in mano la squadra e fanno la differenza. Si punta troppo sulla tattica, sulla difesa a oltranza, dimenticando l’importanza della qualità individuale. I giovani di oggi sembrano più timorosi, meno pronti a rischiare. Io, quando ho iniziato, ho imparato dai più grandi, sbagliando e facendo le mie ossa. Oggi mi sembra che questo processo di crescita sia meno evidente. Oggi i giovani si allenano con i giovani, quindi non so chi possa mettergli un po’ di pepe.

Una domanda riguardo ai giovani, tu sei d’accordo con le squadre U23 delle società di Serie A che giocano in serie C?

Sono d’accordo sul principio delle formazioni U23 in Serie C, ma credo che il campionato necessiterebbe di una riforma profonda. 60 squadre in Lega Pro sono troppe! Ci sono realtà piccole che faticano a competere con le seconde squadre dei grandi club e non solo. Vedi Padova e Vicenza che giocano con realtà che non riescono a creare strutture importanti per competere con loro. Questa disparità di livello penalizza le squadre più piccole e rende il campionato meno competitivo. Credo che sia necessario ridurre il numero di squadre e creare gironi più omogenei. In questo modo, la Serie C diventerebbe un trampolino di lancio più efficace per i giovani calciatori e aumenterebbe la qualità complessiva del campionato.

Guardando anche gli allenatori, c’è la moda di utilizzare quelli giovani. Questo indirizzo sta creando problemi ad allenatori esperti, se guardiamo al Cittadella, Foscarini che hai avuto come allenatore e Venturato che è arrivato dopo, sono quelli che hanno maggiore presenza sulla panchina veneta, eppure oggi sono appiedati e non stanno allenando. È un fatto strano questo, nel senso che anche per gli allenatori sembra che l’esperienza non conti più nulla.

Cittadella è un mondo a sé stante. Chi ci ha lavorato, come Foscarini e Venturato, ha difficoltà a integrarsi in altri contesti. Hanno avuto le loro opportunità dopo l’esperienza al Cittadella, ma sembra che la stessa li abbia fatti diventare un po’ isolati. Cittadella è un ambiente unico, dove si respira un’aria diversa. È un posto dove si può sbagliare, dove la pressione è minore rispetto ad altre realtà. Il mercato è contenuto, si punta più sui giovani e sulle scommesse. È un modello che funziona, ma che forse limita le prospettive future di chi ci lavora a lungo.

Quale è il tuo pensiero sulla Juve Stabia di quest’anno? Un mix di giocatori giovani ed inesperti e altri meno giovani ma con qualche esperienza in cadetteria.

La Juve Stabia sta disputando un campionato di alto livello. L’entusiasmo iniziale, visto anche l’ottimo avvio del Bari, è fondamentale in una categoria come la Serie B. Giocare al massimo delle proprie possibilità è essenziale per ottenere risultati.

L’allenatore sembra essere bravo a mantenere alta la tensione e la concentrazione dei giocatori. È un aspetto cruciale, perché in Serie B la qualità emerge col tempo e basta poco per incappare in una crisi.

La mia esperienza negativa a Padova dovrebbe insegnare, quando la squadra crollò dopo un ottimo inizio, è un chiaro esempio di quanto sia importante mantenere alta la guardia.

La Juve Stabia ha una buona squadra, ma deve continuare a lavorare sodo e a dare il massimo in ogni partita. Solo così potrà puntare a obiettivi importanti.


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