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Adnkronos) –
Il primo segno che dà di sé il mesotelioma pleurico “è l’affanno”.Una malattia insidiosa, è considerato un tumore raro “e si capisce perché se si raffronta ai numeri del cancro al polmone”, ma pone diversi problemi.
Innanzitutto, perché “è frequente” che il paziente lo scopra quando è in fase avanzata.La prevenzione, la diagnosi precoce, “è un problema.
Per gli esposti” al principale fattore di rischio che è l’amianto “non c’è ancora un’indicazione chiara a fare lo screening, anche se si va un po’ in quella direzione”. In oltre un caso su due, tra l’altro, questa esposizione è legata a motivi di lavoro.Il futuro?
Luci e ombre.Il percorso per i pazienti resta complesso e la prognosi non è in genere molto buona.
Ma “la ricerca va avanti”, è una “fase di passaggio” in cui sta cambiando la strategia contro questa neoplasia. “E un dato epidemiologico interessante è che, con l’esposizione lavorativa all’amianto che oggi si è per fortuna molto ridotta” dopo che questa ‘fibra killer’ è stata messa al bando, “negli ultimi anni la curva dell’incidenza ha iniziato una fase di riduzione”.A tracciare il quadro all’Adnkronos Salute è Giulia Veronesi, professore di Chirurgia toracica, università Vita-Salute e Irccs ospedale San Raffaele di Milano. L’esperta da anni si occupa di questa patologia, su cui sta anche conducendo delle ricerche, e sottolinea l’importanza di mantenere alta l’attenzione.
A riaccendere i riflettori è stato il giornalista Franco Di Mare che ha raccontato la sua malattia, provando anche a rispondere alla domanda ‘perché a me’.A lungo inviato di guerra nei Balcani, ha ripensato a quei giorni, alla capacità distruttiva dei “proiettili all’uranio impoverito”, agli edifici che si sbriciolavano, alle esplosioni che liberavano enormi quantità di polvere nell’aria.
In questa polvere potevano esserci anche loro, le particelle di amianto.Un nemico invisibile che presenta il conto diversi anni dopo, anche 20-30. Il mesotelioma, spiega Veronesi, “nasce da una sierosa che è la pleura, una membrana che ricopre i polmoni.
Ed è un tumore che purtroppo esordisce come diffuso, come malattia sostanzialmente estesa a tutta la pleura.Quindi è una struttura che è difficile eradicare con la chirurgia.
L’intervento è molto complesso.Finora era parte del programma terapeutico di questa malattia, ma ultimamente ci sono dei dubbi se eseguirlo o meno e le ultime novità in questo campo suggeriscono che è meglio trattarlo con la chemioterapia.
L’esordio, uno dei sintomi principali avvertiti dal paziente, è spesso l’affanno per colpa di un versamento pleurico, quindi del liquido nel cavo pleurico che si accumula e schiaccia il polmone”. “I casi attesi di mesotelioma in Italia sono circa 1.500 negli uomini e 500 nelle donne.E se si guardano le curve di trend, abbiamo raggiunto il plateau e siamo in una piccola fase discendente dell’incidenza”.
Per la diagnosi, illustra Giulia Veronesi, “si esegue una biopsia pleurica con una piccola incisione, una toracoscopia.Si valuta l’estensione della malattia con una Tac del torace e una Pet.
E può andare da uno stadio molto iniziale, con coinvolgimento solo della pleura parietale, e non di quella che riveste proprio il polmone, per arrivare fino allo stadio 3 o 4 con una malattia che infiltra il polmone e gli altri organi della parete toracica.
A volte il primo segno è il versamento pleurico e può comparire precocemente quando la malattia è ancora abbastanza limitata.Però, se per esempio c’è anche il dolore toracico, può voler dire che c’è stata l’infiltrazione della parete.
Spesso inoltre il versamento pleurico non viene riscontrato facilmente.Anche perché, se il paziente è anche fumatore e sente un po’ di affanno, non fa subito gli esami.
La realtà è che la diagnosi nello stadio 1 è abbastanza rara, più frequentemente ci si trova di fronte a una malattia in stadio più avanzato”. Ci sono varie forme di mesotelioma, continua l’esperta. “La meno aggressiva è quella epiteliale, poi c’è una forma che si chiama bifasica e infine quella sarcomatoide.Queste ultime due sono più aggressive, vanno più veloci.
L’epiteliale può avere anche un decorso abbastanza lento.La sopravvivenza media, senza trattamenti, è intorno a 1-2 anni, quindi non è molto favorevole.
La chemioterapia dà un vantaggio di sopravvivenza e anche di qualità di vita.E per alcuni casi esiste anche l’arma dell’immunoterapia.
La chirurgia aveva un ruolo abbastanza importante nello stadio 1, quando non ci sono linfonodi interessati e la malattia è limitata.Oggi è un po’ in discussione.
L’intervento è una pleurectomia/decorticazione, cioè si toglie la pleura e si pulisce tutto il cavo toracico”. Qual è dunque il ruolo dei chirurghi oggi? “Al di là del tentativo di fare una chirurgia radicale – descrive Veronesi – noi ci occupiamo di fare la diagnosi e di ridurre il problema del versamento con un piccolo intervento che si chiama talcaggio del cavo pleurico.Mettiamo un talco sterile in toracoscopia attraverso un foro di un centimetro e almeno riduciamo il problema del respiro perché, eliminando il liquido pleurico, facciamo attaccare la pleura viscerale alla pleura parietale e non c’è più spazio per il liquido di accumularsi.
Quindi c’è un vantaggio di qualità di vita.Va comunque avanti la ricerca di nuovi farmaci.
Si stanno studiando anche in fase 1 molecole nuove, che si abbinano ai trattamenti più tradizionali”. Ed è positivo l’aspetto epidemiologico legato alla “riduzione dell’esposizione lavorativa, perché non si utilizza più l’amianto nell’industria dall’inizio degli anni ’90”, ragiona Giulia Veronesi.L’impatto di questo stop lo si vede adesso “perché c’è una latenza di circa 20 anni dall’esposizione alla sostanza alla creazione delle prime cellule tumorali e poi all’esordio clinico del tumore.
Possiamo dire che più del 50% dei mesoteliomi sono dovuti a un’esposizione lavorativa.Esiste però una parte di casi – puntualizza – in cui non c’è una chiara esposizione.
E dobbiamo trovare altre cause.Anche il fumo di sigaretta può causare mesotelioma.
Con l’Inail abbiamo in corso uno studio per valutare come fare la diagnosi precoce del mesotelioma anche con le Tac a basso dosaggio”. “La prevenzione è proprio un problema ad oggi – evidenzia l’esperta – perché comunque è un tumore raro e per gli esposti non c’è un’indicazione ancora chiara a fare la Tac di screening.Una volta la sorveglianza era principalmente con la lastra del torace, ma oggi si va più verso una Tac del torace a basso dosaggio, come quella dello screening polmonare.
Poi ci sono una serie di studi in corso anche su marcatori molecolari che possano più o meno essere indicatori prognostici, o anche di diagnosi, ma siamo ancora in una fase di ricerca.Sicuramente è in corso una valutazione su quello che fino ad oggi è stato lo standard – cioè chemioterapia-chirurgia-successiva radioterapia – alla luce di nuovi dati che stanno facendo perdere spazio alla chirurgia a scopo radicale.
Ci sono poi delle ricerche nuove sulla radioterapia, e si cerca di spingere di più su programmi nuovi di radioterapia con tecnologie e macchine molto avanzate che cercano di risparmiare i tanti tessuti sani circostanti”. La ricerca, conclude Veronesi, “va finanziata.Ma il problema è anche che, essendo un tumore raro, è più difficile” fare massa critica, “hai pochi casi da arruolare anche per la sperimentazione con i farmaci nuovi.
Quanto ai fondi, ci sono dei finanziamenti specifici per i tumori rari, ma sono molto pochi.Quindi sicuramente la ricerca va implementata perché è vero che la curva dei nuovi casi sta scendendo, ma molto lentamente.
E ci sono anche i casi di familiarità o legati ad altri cancerogeni che non sono l’amianto, e quei numeri non scendono”. Il mesotelioma, conferma all’Adnkronos Salute Carlo Vancheri, past president della Società italiana di pneumologia e professore ordinario di Malattie respiratorie all’Università di Catania, “resta ancora una neoplasia difficile da curare, ci sono studi e ricerche ma quello su cui battere è la prevenzione perché nella maggior parte dei casi sappiamo la causa.E il coraggio dimostrato dal giornalista Franco Di Mare va in questa direzione”.
Sul fronte delle terapie, “ci sono studi su farmaci immunoterapici che stanno dimostrando efficacia nel prolungare con buona efficacia la sopravvivenza di pazienti colpiti da altre neoplasie che attaccano i polmoni, ma un po’ meno, purtroppo, nel caso del mesotelioma.Siamo comunque in anni in cui la ricerca oncologica fa enormi progressi e dobbiamo avere speranza”, ricorda Vancheri. “Essendo un tumore legato all’esposizione all’amianto, soprattutto, sappiamo da dove partire e questo ci dovrebbe permettere di fare un lavoro di prevenzione soprattutto negli ambienti di lavoro – rimarca l’esperto – La comunità scientifica e la società devono essere unite in questo lavoro”. —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)