L’Ape non sarà un trattamento indolore

Previsti sgravi fiscali per l’anticipo pensionistico.  L’Ape, Anticipo pensionistico, è un intervento ‘ che assicura...

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Previsti sgravi fiscali per l’anticipo pensionistico.

 L’Ape, Anticipo pensionistico, è un intervento ‘ che assicura libertà di scelta al lavoratore’, il quale potrebbe decidere, a condizioni ben precise, di lasciare il lavoro anche tre anni prima; l’intervento è ancora oggetto di discussione al governo.
Ma non sarà indolore, sull’assegno pensionistico si terrà conto dell’assicurazione per morte anticipata ( la cosiddetta premorienza), oltre che del ‘mutuo previdenziale’. E andare a riposo prima dell’età stabilita dalle norme in vigore, avrà un costo in termini di tempo, dato che sono stati previsti 20 anni per estinguere il prestito dell’istituto di credito. Non è propriamente un regalo, come sempre, finisce in una sorta di partita doppia, tra il governo e i diritti dei lavoratori.

Intanto è stato confermato proprio dal governo, che l’Ape sarà valida per tutte le categorie di lavoratori, compresi quelli pubblici e gli autonomi. A dichiararlo è stato il Ministro del lavoro Giuliano Poletti, nei giorni scorsi, dopo un incontro con i sindacati. Negli intenti del governo, dunque, la disponibilità a garantire la flessibilità in uscita dal mondo del lavoro, attraverso adeguati strumenti finanziari, ma anche l’impegno a non modificare la legge Fornero.

Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Tommaso Nannicini, afferma al riguardo:
“I lavoratori non saranno penalizzati, ma si provvederà semplicemente all’ammortamento del prestito”.
Allo studio del governo e del Ministero del Lavoro, gli sgravi fiscali per rendere la manovra quanto più agevole possibile per il lavoratore, e la rata di competenza più sostenibile. Sull’anticipo pensionistico, Poletti, ha aggiunto che si sta seguendo un buon iter di lavoro, e che ovviamente, il dibattito, rivela come sempre dei nodi, alla fine pero, si dovrebbe concordare sull’assetto definitivo dell’intervento.

Ma è davvero una manovra equa e conveniente per il lavoratore? O è un modo allettante, ma in fin dei conti, non privo di riflessi in termini di trattamento economico? E infine, quand’anche si scegliesse il ritiro dal lavoro con qualche anno di anticipo, viste le condizioni, non c’è nemmeno la sospirata serenità, perché ci sono vent’anni davanti agli occhi per scontare il vantaggio della flessibilità.
Secondo i conteggi dello Stato, si dovrebbe iniziare a ripagare l’Ape intorno ai 66 anni e 7 mesi, e resterebbe pertanto un’aspettativa di vita (secondo dati Istat), in media, al di sotto dei 20 anni previsti per ammortizzare i costi relativi all’anticipo pensionistico. Tradotto in termini reali, significa che la decurtazione sull’assegno sarà applicata vita natural durante.. Non è proprio esaltante la prospettiva.

E non si potrà essere esenti dall’assicurazione, che poi sono entrate per l’erario. E sarebbe anche peggio per il pensionato, se la polizza fosse caricata sulla rata, invece che sui conti pubblici. Le riflessioni diventano serie comunque sulla convenienza dell’opzione, che il governo invece ritiene una buona chance, in mano al lavoratore che intendesse anticipare la libertà degli impegni che lo legano al suo contratto di lavoro. Lo stesso ministro dell’Economia, Padoan, è perplesso sull’effettiva convenienza della scelta.

Nannicini, per rendere meno duro il dilemma di chi si trova questo spiraglio di supposta libertà di scelta, ribadisce che i meccanismi di alleggerimento della rata prevista per il prestito pensionistico, ancora in fase di studio, dovrebbero rendere più equo l’intervento; si tratta di sgravi agevolati, introdotti per venire incontro a coloro che si trovano sulla soglia dell’età pensionistica.
Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ha dichiarato in proposito:
“ Stiamo lavorando su interventi fiscali che riducano il peso della rata e per definire la platea, che risulterà molto più agevolata”.
Ci sono stati finora tre incontri tra il governo e i sindacati, in merito alla flessibilità in uscita e ai mezzi più idonei per renderla possibile. Il primo è avvenuto il 24 maggio scorso, il secondo il 15 giugno, e il terzo il 23. I prossimi incontri tra governo e sindacati, sono previsti domani, 28 giugno e il 30, sempre del mese in corso.

Il 28 giugno si discuterà di erogazione dell’assegno pensionistico, mentre il 30, il confronto verterà intorno al mercato del lavoro. Com’è ormai noto, le disposizioni del governo in materia, riguardano piani di anticipo tramite prestito bancario e relativa copertura assicurativa. Il segretario della CGIL, Susanna Camusso, non manifesta particolari entusiasmi dopo il confronto con il governo. Afferma che non sono stati compiuti in fondo passi avanti sulle questioni più preminenti, e che il sindacato non è interessato alla procedura in sé dell’Ape – la questione del mutuo sarà regolamentata dal governo – ma alla piattaforma delle pensioni.
Mugugni tra i sindacati ce ne sono, ma si privilegia la via del dialogo con il governo, naturalmente mettendo in primo piano le esigenze e gli interessi dei lavoratori.
Anche il segretario della UIL, Carmelo Barbagallo, sostiene che l’Ape è di pertinenza del governo, mentre i sindacati sono più interessati alla disciplina sulla piattaforma delle pensioni, e al dibattito sulla previdenza.

In merito agli argomenti trattati, dichiara:
“Oggi si sono approfonditi vari punti della piattaforma, come la separazione tra previdenza e assistenza, le ricongiunzioni onerose, gli esodati, i lavoratori precoci e le attività usuranti. Si discute ad ampio raggio su questi argomenti”.
Per la Cisl gli incontri col governo sono stati positivi, e si porta avanti il dialogo pensando a prospettive migliori per il futuro. Queste le dichiarazioni del Segretario Confederale Maurizio Petriccioli: “si sta lavorando su un piano comune per trovare soluzioni ai problemi strutturali presenti nella normativa previdenziale, che sono da sempre fonte di disagio per i lavoratori. Si continua a lavorare su queste basi, e soprattutto per favorire coloro che sono stati penalizzati dalla riforma Fornero”.

Si lavora per trovare accordi comuni su flessibilità e pensioni.
E ovviamente si va sul concreto con i numeri, realizzando anche simulazioni con un impianto tecnico in grado d’individuare gli spazi di bilancio che si possono utilizzare per anticipare il taglio strutturale del cuneo sui nuovi assunti a tempo indeterminato, e per una riduzione delle aliquote Irpef. La conclusione, è sempre quella che è all’attenzione di tutti, ossia il prestito bancario e relativa copertura assicurativa. Il governo sta pensando di estendere i famigerati 80 Euro, almeno a una fascia di pensionati, non nell’immediato, ma a partire dal 2018.

La mediazione sull’anticipo pensionistico avverrà tramite l’Inps, i lavoratori che intendessero ricorrere a questa opportunità, dovranno interagire con l’Ente Previdenziale, non con un istituto di credito. Per la verifica dell’idoneità, l’Ente, dovrà verificare il montante contributivo del lavoratore, e l’intera situazione previdenziale che lo riguarda. Non tenendo ovviamente conto dei contributi concernenti gli anni di anticipo richiesti. Una volta certificata l’idoneità, sarà l’Inps ad occuparsi dell’istituto di credito, quasi certamente dopo una convenzione, e a portare avanti la pratica sul ‘prestito pensionistico’.

E sarà sempre l’INPS a valutare le possibili ulteriori integrazioni, qualora rientrassero negli interessi del lavoratore, e dietro suo consenso. Si è tanto parlato ultimamente di Rita, ossia di ‘Restituzione integrativa temporanea anticipata, per ridurre la portata del capitale richiesto.
Secondo le direttive del governo, ad erogare l’assegno sull’anticipo pensionistico, sarà sempre l’Ente previdenziale. Mentre il ‘prestito’ dovrà essere saldato alla banca, con la mediazione dell’Ente, mediante rate mensili integrate dagli interessi. Il periodo stabilito si conosce ormai a memoria: 20 anni. E’ in fondo la rata, che stabilisce quanto il lavoratore sarà penalizzato per avere il diritto di accedere qualche anno prima alla sua pensione di vecchiaia. Gli ammortizzatori dei costi dovrebbero essere le detrazioni fiscali, che favoriranno i redditi minimi.

C’è da un lato il governo Renzi, che crede nell’efficacia del suo intervento, ci sono i sindacati, che non sono eccessivamente entusiasti, a parte il clima di dialogo, e poi ci sono i pareri critici in ambito politico, come Cesare Damiano, che sferza il governo e lo stesso PD, perché ritiene fondamentale un intervento serio sulla riforma delle pensioni, che non comporti troppe penalizzazioni per il lavoratore.

E c’è infine una protagonista del governo precedente, Elsa Fornero, che approva incondizionatamente l’Ape. Una delle ragioni è che non sfiora l’impianto della ‘Riforma Fornero’, cosa che dimostra, in sostanza, la validità nel tempo di quella disciplina, nonostante i tuoni e i fulmini che le sono piovuti contro. La Fornero si ritiene soddisfatta anche perché l’Ape non inciderebbe tanto sulla spesa sociale, preservando in questo modo, i conti pubblici. Pertanto, secondo l’ex ministro, il governo Renzi ha il merito di non avere portato avanti una linea politica aggressiva sul piano della sostenibilità finanziaria, che penalizzerebbe, inevitabilmente, le generazioni future.

Al di là dei pareri, pure autorevoli, come sempre, resta il tempo, unico arbitro in grado di stabilire se certi interventi, in materie così delicate, si riveleranno valide e in sintonia con gli interessi dei lavoratori.

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