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La Corte Costituzione legittima la legge dell’ARS per la stabilizzazione dei precari in Sicilia

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Via libera da parte della Corte Costituzionale al percorso di stabilizzazione dei precari nella pubblica amministrazione in Sicilia, una platea di circa 10 mila persone, tra Asu ed ex Lsu.

Con la sentenza 279/2020 depositata lo scorso 23 dicembre, la Consulta ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art.3, comma 3, della legge regionale del 6 agosto 2019, n.15 (collegato alla legge di stabilità regionale per l’anno 2019 in materia di autonomie locali), promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri.

span style="font-size: 14pt;">Uno stralcio della sentenza

:

“… Considerato in diritto 1.‒ Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3, della legge della Regione Siciliana 6 agosto 2019, n. 15 (Collegato alla legge di stabilità regionale per l’anno 2019 in materia di autonomie locali), in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione all’art. 20, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», e in riferimento alle «competenze attribuite alla regione Sicilia dallo Statuto speciale, approvato con R. D. Lgs. 15 maggio 1946, n. 455». … La norma censurata, nell’estendere la possibilità della stabilizzazione ai lavoratori precari contemplati nelle citate leggi regionali, i quali non sono stati reclutati con procedure concorsuali, amplierebbe la sfera dei destinatari, in violazione della regola stabilita dall’art. 20, comma 1, lettera b), del d.lgs. citato, con ciò ponendosi in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto violerebbe un principio generale di coordinamento della finanza pubblica. La norma statale, invocata quale parametro interposto, richiede ‒ diversamente da quella regionale impugnata ‒ che il personale che si intenda stabilizzare «sia stato reclutato a tempo determinato, in relazione alle medesime attività svolte, con procedure concorsuali anche espletate presso amministrazioni pubbliche diverse da quella che procede all’assunzione». In tal modo, sostiene il ricorrente, la disposizione regionale «eccede anche le competenze attribuite alla regione Sicilia dallo Statuto speciale, approvato con R. D. Lgs. 15 maggio 1946, n. 455» … Il ricorrente ha, altresì, omesso di motivare in ordine all’attinenza dell’art. 20, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 75 del 2017, ai principii di coordinamento della finanza pubblica, limitandosi ad affermare che la disposizione regionale viola l’art. 117, terzo comma, Cost. Ai fini dell’ammissibilità delle questioni promosse sarebbe stato necessario dar conto delle ragioni per le quali la disposizione statale ‒ nel richiedere ai fini della stabilizzazione del personale precario che lo stesso «sia stato reclutato a tempo determinato, in relazione alle medesime attività svolte, con procedure concorsuali anche espletate presso amministrazioni pubbliche diverse da quella che procede all’assunzione» ‒ costituisca un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica. E sarebbe stato anche necessario soffermarsi sulla copiosa giurisprudenza di questa Corte formatasi sulla qualificazione delle norme statali in tema di stabilizzazione dei lavoratori precari, come principi di coordinamento della finanza pubblica al fine di ricondurvi anche il parametro interposto evocato. Questa Corte ha costantemente affermato, infatti, che «l’esigenza di un’adeguata motivazione a fondamento della richiesta declaratoria di illegittimità costituzionale si pone in termini perfino più pregnanti nei giudizi proposti in via principale rispetto a quelli instaurati in via incidentale» (tra le tante, sentenze n. 32 del 2017 e n. 141 del 2016). Pertanto, «il ricorso in via principale deve contenere “una seppur sintetica argomentazione di merito a sostegno della richiesta declaratoria di illegittimità costituzionale della legge. In particolare, l’atto introduttivo al giudizio non può limitarsi a indicare le norme costituzionali e ordinarie, la definizione del cui rapporto di compatibilità o incompatibilità costituisce l’oggetto della questione di costituzionalità, ma deve contenere […] anche una argomentazione di merito, sia pure sintetica, a sostegno della richiesta declaratoria di incostituzionalità, posto che l’impugnativa deve fondarsi su una motivazione adeguata e non meramente assertiva” (ex plurimis, sentenza n. 107 del 2017 che richiama anche le sentenze n. 251, n. 153, n. 142, n. 82 e n. 13 del 2015)» (sentenza n. 152 del 2018; nello stesso senso, tra le tante, le sentenze n. 25 del 2020, n. 109 del 2018, n. 261 e n. 169 del 2017). 6.− Il ricorrente ha poi impugnato la norma regionale perché «eccede anche le competenze attribuite alla regione Sicilia dallo Statuto speciale». Si tratta di una censura totalmente assertiva, non essendo fornita di essa alcuna motivazione. Nel ricorso non si indica alcun argomento a sostegno del lamentato contrasto con i parametri statutari. 7.− In conclusione, le indicate carenze argomentative determinano l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale promosse. Per Questi Motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3, della legge della Regione Siciliana 6 agosto 2019, n. 15 (Collegato alla legge di stabilità regionale per l’anno 2019 in materia di autonomie locali), promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, ed alle «competenze attribuite alla regione Sicilia dallo Statuto speciale», con il ricorso indicato in epigrafe”.

La sentenza fa cadere, di fatto, il blocco alle stabilizzazioni scattato all’indomani della decisione del Cdm di impugnare la norma regionale.

La Regione, dunque, può procedere con le stabilizzazioni.

L’opinione.

Lascia inquietati che la Presidenza del Consiglio dei Ministri si sia fatta contestare dalla Consulta la mancanza di motivazioni.

Adduso Sebastiano

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