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Assalto di Vincent Bolloré, Vivendi, a Mediaset

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Vincent Bolloré sferra il suo attacco a Mediaset. Vivendi a mercati chiusi annuncia di aver varcato la soglia del 10% nel capitale della società di Segrate, portandosi al 12,32%. In Borsa il titolo del Biscione guadagna il 31,86%. E negli ambienti vicini a Palazzo Chigi c’è chi vede un’Italia sotto attacco da parte dei capitali stranieri.

Vivendi-Fininvest, battaglia in Piazza Affari per Mediaset

Bolloré sale al 12,32% e punta al 20. Il Biscione arrotonda la sua quota al 40. Il finanziere cerca una sponda con Berlusconi giocando sulle divisioni familiari

MILANO – Con la determinazione di cui è capace, Vincent Bolloré avanza a tappe forzate nel capitale di Mediaset. Scordatevi il 3,01% dichiarato lunedì, ieri sera la sua Vivendi aveva già passato il Rubicone del 10%, a quota 12,32%. Facile che entro il fine settimana, al massimo lunedì, il gruppo francese raggiunga il suo obiettivo di arrivare al 20%, consolidando la posizione, peraltro già raggiunta, di secondo azionista «industriale», come amano sottolineare a Parigi, del Biscione. Assai probabile che il pacchetto acquistato sia frutto dell’esercizio di opzioni accumulate in precedenza, una salita preparata con cura.

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ome in ogni battaglia che si rispetti, però, si spara anche dal fortino assediato. Fininvest, controllante di fatto di Mediaset, dal 34,7 entro oggi si porterà al 38,266% del capitale, pari al 39,775% dei diritti di voto. Le munizioni sono pressoché finite: per non incorrere a sua volta nell’obbligo di Opa, la holding dei Berlusconi nei suoi acquisti annui non può sup 40erare il 5%, e ad aprile aveva già comprato l’1,27%.

Il gioco comincia a farsi duro e i duri investono: in Borsa il titolo di Mediaset ha fatto fuochi d’artificio come mai in un ventennio di quotazione. In un solo giorno, tra scambi intensi (l’11% del capitale), ha recuperato il 31,86%, chiudendo a 3,58 euro, al di sopra dei livelli del 25 luglio, quando si consumò il «gran rifiuto» di Parigi su Premium, la pay tv di Cologno.

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Nel frattempo Fininvest ha aperto anche un altro, ormai ennesimo, fronte legale. Con l’ausilio dell’avvocato delle grandi occasioni, Niccolò Ghedini, ha presentato una denuncia in Procura, a Milano, per manipolazione di mercato, ipotizzando anche altri reati. L’accusa principale però è quella secondo cui Bolloré avrebbe fatto crollare scientemente i corsi di Mediaset, lo scorso luglio, facendo saltare l’accordo siglato ad aprile su Premium. E, approfittando dei prezzi di saldo, avrebbe lanciato la sua scalata. Tanto più, fanno notare dentro Mediaset, in un momento di caos politico, prima ancora che Gentiloni si insediasse. La Consob, subito chiamata in causa dagli uomini di Via Paleocapa (ieri si sono registrate lunghe riunioni tra Marina Berlusconi e Fedele Confalonieri), ha acceso il suo classico faro, «accertamenti preliminari» in gergo tecnico, sull’operatività relativa al titolo.

La domanda che tutti si fanno a Milano è: che cosa farà ora Bolloré? Difficile che per ora abbia intenzione di lanciare un’Opa vera e propria, superando il 30%. O meglio: avrebbe potuto farlo, ma non avrebbe comunicato ufficialmente a Mediaset e soprattutto alla Consob che si sarebbe fermato al 20%. La sua, a Cologno Monzese, si annuncia essere comunque una presenza ingombrante, capace di ingessare il gruppo a lungo. In realtà Bolloré, dopo aver chiuso i ponti con l’ad di Mediaset Pier Silvio Berlusconi e con sua sorella Marina, potente presidente di Fininvest, entrambi schieratissimi contro il francese, punterebbe al piano superiore. Vorrebbe aprire un canale con il patriarca, Silvio Berlusconi. Ma per far questo, a torto o a ragione, ha provato a sfondare la porta di casa del suo impero. È un raider, del resto, non un monaco tibetano. Ma è certo che Berlusconi, in fatto di affari, parli la sua stessa lingua. La sua convinzione è che la famiglia in realtà sia tutt’altro che coesa nella strategia. Ed è persuaso che l’amico di un tempo possa capire che il futuro della tv passa da Internet, dalla banda ultralarga che a sua volta ha fame di contenuti. Che è il tempo di studiare la Netflix europea con dentro tutti, da Orange a Canal Plus, da Telecom Italia, dove già comanda Vivendi, fino a Mediaset. I figli non vogliono nemmeno sentire tali discorsi, la ferita di Premium è ancora aperta. Ma a Berlusconi senior potrebbe riaffiorare quella vecchia suggestione secondo cui, ai fini successori, forse sarebbe meglio assicurarsi una quota di minoranza in un grande gruppo, piuttosto che tenere il timone di una barca più piccola quando il mare annuncia tempesta.

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