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Ancelotti: ”L’Italia è diventata famosa per catenaccio e contropiede. Scudetto? Non so quanto ci vorrà”

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Le parole di Carlo Ancelotti all’Università Luigi Vanvitelli

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arlo Ancelotti, allenatore della SSC Napoli, è stato ospite all’Università Luigi Vanvitelli di Napoli. L’allenatore ha parlato agli studenti e ai giornalisti presenti. Ecco le sue dichiarazioni:

“L’Italia è diventata famosa per catenaccio e contropiede. Oggi se parli di queste cose viene l’orticaria, si parla di ripartenze. Prima si parlava “quando hai la palla e quando non ce l’hai”. Oggi si parla di transizioni positive e negative. Ma il calcio non è una cosa complicata, è semplice.

La cosa complicata è gestire le persone che lavorano con te tutti i giorni. Le singole persone sono tutte diverse, ognuno ha un proprio carattere e bisogna comportarsi diversamente a seconda di chi si ha davanti. Leggevo una ricerca che parlava del 90% dei ragazzi compresi tra i 15 e i 21 anni è sotto stress. C’è la ricerca dell’impossibile, bisogna essere i più belli, i più bravi, sempre i migliori. Bisogna pensare sempre un po’ agli altri, l’altruismo nella costruzione di un gruppo è una cosa molto importante.

Se mi chiedono ‘chi sei tu’? Rispondo che sono un allenatore. Dovrei dire che sono una persona che fa l’allenatore. Viene prima la relazione tra le persone e poi ciò che si fa. Il tecnico ha tanto potere, nessuno può sindacare se domani mattina c’è allenamento. La società mi investe di un’autorità. L’anno scorso per punire una partita sbagliata alcuni allenatori hanno messo l’allenamento alle 4.45 del mattino. I giocatori sono stati puniti così. A me piace avere una relazione di pari livello qualsiasi persona abbia davanti. Non voglio mai stare al di sopra o al di sotto. Bisogna saper ascoltare il gruppo, tanti giocatori mi hanno dato un sacco di idee in passato sul piano tecnico-tattico. Si possono convincere le persone per persuasione o per percussione. Ma sono convinto che più si è diretti e più il calciatore è convinto di far bene. Voglio avere giocatori convinti di ciò che fanno sul campo.
E’ fondamentale che il giocatore abbia convinzione nel fare le cose. Si può usare l’autorità o l’autorevolezza”.

Ancelotti: “Non uso la frusta con i giocatori”  Poi bisogna avere credibilità quando si parla. Il momento difficile a Napoli non è ancora arrivato, ma arriverà. Ogni qual volta succede in generale i presidenti mi chiamano e mi dicono ‘devi usare la frusta’, io pensavo fosse un costume degli italiani. Invece anche in Inghilterra o in altri Paesi è così. Gli ho risposto che hanno sbagliato indirizzo. Non è nelle mie corde avere un atteggiamento autoritario. Se uso la frusta non sono credibile. Non ho avuto nessuno che mi frustava, quindi non sono abituato ad utilizzare certi metodi. Ho sempre detto ai miei calciatori: non voglio esecutori di ordini, quelli sono soldati. Ma noi dobbiamo giocare a calcio, non fare la guerra.

Come si gestisce un calciatore che vuole andare via? Si manda via, semplice.

Ancelotti sulla gestione dei calciatori “prime donne”
Le squadre che nella storia hanno fatto cose più grandi non è un caso che avessero giocatori con grande senso di appartenenza. Basta vedere il Milan di Baresi, o il Barcellona con il settore giovanile. Prima anche il Bayern Monaco. I giocatori giovani portano un fortissimo senso di appartenenza, un allenatore resta in media due anni. Sono rari i casi contrari. Ecco perchè diventa difficile un discorso di appartenenza per i tecnici.

Le “prime donne”? Cristiano Ronaldo lo è per i media. Ma dentro lo spogliatoio è come gli altri. Quello è un luogo sacro in cui tutti sono uguali. Poi per la stampa è diverso. Ronaldo è trattato come gli altri. Poi ognuno ha le sue caratteristiche. C’è il giocatore più egoista, quello meno determinato. L’allenatore deve essere bravo a mantenere l’equilibrio. Di solito chi ha talento è tra i più professionali. Non è un caso. I calciatori sono industrie con uno staff al loro seguito che lavora. Ho notato molta professionalità in Ronaldo, Ibrahimovic. Noi al nostro tempo non eravamo così professionali come quelli di oggi. Non c’era una cura o una prevenzione sanitaria come quella di oggi. C’era un abuso della preparazione. Oggi mi trovo a 60 anni con ginocchia con l’artrosi, cervicale. Poi mi dicono che lo sport fa bene?Lo sport ad alti livelli non fa così bene. Prima nella preparazione pre campionato dovevi fare le scale. Se dicevi al tecnico che avevi mal di gambe il mister ti rispondeva “abbiamo lavorato benissimo allora”. Io non ammazzo i calciatori sul campo. L’utilizzo della tecnologia è fondamentale in tal senso. Sappiamo quanti metri fa a che ritmi. Lavoriamo con intensità, ma si sono ridotti i tempi di lavoro. Prima si lavorava tantissimo oggi di meno ma più concentrato, anche perchè ci saono tre partite a settimana. Il lavoro fisico deve essere ridotto.

Ancelotti sul rispetto nel calcio
”Sono stato all’esterno nove anni e tante cose non accadono negli altri Paesi. Si deve migliorare. Non è complicato. Gli ignoranti e i maleducati continuano ad andare negli stadi italiani, dovrebbero fare un corso di senso civico. Anche a Bologna un giocatore di 20 anni è stato insultato”.

Quanto tempo ci vorrà per vincere lo scudetto? 

”Eh…Impossibile dirlo. Perché la vittoria è legata a dei piccolissimi dettagli. Il Napoli è un gruppo vincente. La squadra è forte. Abbiamo investito bene. Il gruppo è giovane e c’è l’intenzione di investire ancora”.

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