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Castellammare di Stabia

Il voto degli yankee causa qualche scossa nei mercati, ma non li fa impazzire

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La vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti, non è stato un elisir per i mercati finanziari, come già era nelle previsioni, ma non si è trattato di un rovescio drammatico, i listini ‘hanno detto la loro’ sul verdetto delle urne, e anche in questo versante le sorprese non sono mancate.

Le aspettative, nel caso trionfasse Trump, erano rivolte ad un maggiore impatto (negativo) un po’ ovunque, ma soprattutto a Wall Street e nelle piazze europee, cosa che non si è verificata nelle proporzioni che si pensava, non c’è stato il temuto ‘panic selling’, le perdite infatti sono più contenute, e si stabilizzano intorno ad un generale -2%. Certo mancano le certezze di una politica economica che fornisca garanzie attendibili, e non solo per gli States, dato che i suoi riflessi saranno di carattere globale, considerata l’importanza dell’economia americana. Ci sono alcuni titoli nei listini che potrebbero addirittura avere prospettive di rialzo, come quelli della difesa e delle infrastrutture.

Si è aperto il discorso su un ‘nuovo ordine mondiale’, almeno per quel che riguarda la politica economica americana, secondo quello che Trump ha preannunciato nella campagna elettorale, per ora i mercati sono cauti, in ogni caso. Il deprezzamento del dollaro c’è stato, non poteva esserci indifferenza verso cambiamenti così radicali, ma poi i mercati europei hanno dato una lettura diversa, e da un cambio euro-dollaro dell’1,3 è rientrato alla norma, con un limite di 1,11. Reazioni simili le ha avute anche lo yen nei confronti del dollaro.

Le piazze europee si stanno rivelando meno esposte al ‘sentiment’ che ha interessato quelle americane, e infatti di veri e propri sconvolgimenti non si può parlare. In Europa risultano più esposti quei settori maggiormente coinvolti con l’economia americana, si rilevano perdite nel settore bancario e delle auto, in evidenza soprattutto a Piazza Affari.

Il dollaro, nel corso della notte, mentre i rendiconti delle urne giungevano con più chiarezza, ha subito colpi che derivano proprio  dalle reazioni ad eventi così importanti per la loro fiducia e stabilità, poi invece, col trascorrere delle ore, le perdite si sono rivelate più ‘ragionate’ e razionali, e dunque meno negative. Valori destinati alla ripresa di un assetto stabile, tanto che le probabilità che la Federal Reserve si risolva all’aumento dei tassi a dicembre, sono più concrete.

Cali incisivi nel prezzo del petrolio. Gli investitori si stanno orientando su beni sicuri, sui cosiddetti beni rifugio, come l’oro, quotato a 1300 dollari l’oncia. Ma si punta anche ai bund tedeschi, ritenuti anch’essi beni rifugio.

Durissime sferzate  sul peso messicano, pienamente pronosticate, i tuoni di Trump hanno esercitato la loro inevitabile influenza. Il riflesso elettorale è costato alla divisa messicana una perdita del 13%, destinata a rientrare nelle prossime ore, ma non di tanto.

A Piazza Affari, al momento il Fitse-Mib è a 2,29%; AEX (Amsterdam) -1,32%, il CAC -1,50%; il Dax (Francoforte) -1,39%, il Fitse 100 di Londra, -0,59%; l’Ibex (Madrid), -2,57%. La borsa svizzera viaggia in positivo, con + 0,99%.

Il Dow Jones è a +0,40% – il Nasdaq +0,53%. L’indice Nikkei in profondo calo con -5,36% – l’Hang Seng Index ( Hong Kong), a -2,16%.

L’oro intanto è schizzato in alto, ma gli investitori hanno  dato fiducia anche allo yen. La borsa di Mosca ha festeggiato alla grande la vittoria del candidato repubblicano, anche se l’amicizia tra Putin e Trump, non è ben vista in tanti angoli del mondo, in primis dall’attuale politica estera americana e dall’Europa. Il principale indice di Mosca RTS, va in rialzo e il rublo segue un andamento di stabilità sia nei confronti della divisa americana che europea. Considerati i rapporti tra il neo eletto presidente degli USA e Putin, è convinzione di alcuni analisti che la Russia potrebbe avere ottime ricadute da queste elezioni.

In termini di stabilità globale, e visti i ‘venti di guerra’ che spiravano ultimamente nelle frontiere europee verso la Russia, con la ripresa degli armamenti ‘per cautela’, l’amicizia tra i due storici avversari politici, potrebbe solo portare del bene al mondo in termini di pace. Queste sono le prospettive in questa delicata direzione, dopo il resoconto del voto americano. Certo è che Putin è stato il primo a rallegrarsene e a complimentarsi col nuovo eletto.

Intanto, per quel che riguarda lo spread, il differenziale tra Btp e Bund è salito, anche se non in modo drammatico, a 159 punti, al momento, ieri era a 153, un negativo meno incisivo di quello che si verificò all’indomani del referendum sulla brexit.

Il rovesciamento dei pronostici non è recepito, secondo l’aria che tira nei mercati, almeno  per ora, come un risultato che sarà in grado di garantire un futuro di stabilità, il nuovo Presidente degli USA non ha alcuna esperienza di carattere politico e militare, e durante la campagna elettorale non è stato affatto rassicurante con la sua irruenza. Il modo aggressivo di porgersi davanti alla gente, i suoi programmi di politica estera, dove non di rado c’era spazio per intimidire anche stati confinanti, come il Messico, hanno creato con il passare dei mesi, un clima di timore per una possibile destabilizzazione della politica estera americana, ma anche per possibili sconvolgimenti dell’ordine interno.

Un uomo impetuoso, che non si pensava fosse in grado di scavalcare la linea di coerenza di un popolo che ama le garanzie e diffida delle novità, un uomo che in campo politico è una sorta di ‘self made man’, ma è dotato di una personalità travolgente. Un uomo che fa terra bruciata delle convenzioni e dei regolamenti sociali e punta a sbaragliare le certezze dell’avversario, semplicemente con la carica esplosiva del suo originale modo d’essere. Queste sono le caratteristiche vincenti di una battaglia durissima, che nulla o quasi ha lasciato al campo neutro della diplomazia, in un confronto condotto con strategie ed eloquenza alquanto distanti tra loro, dove nel versante della Clinton c’erano le armi dell’esperienza e tutti gli stratagemmi che essa rende disponibili, dall’altro c’era un uomo con la sua disarmante, terribile spontaneità, che con la veemenza ha saputo infiammare di speranza le folle.

Il popolo americano aveva bisogno di cambiamento e di voltare pagina, forse è stato anche consapevole di rischiare con il camaleontico Trump, ma intendeva dare una svolta, e non ha confermato la fiducia ai democratici. Non è bastato nemmeno quando Obama ha lanciato al suo Segretario di Stato, Hillary Clinton, una ‘scialuppa di salvataggio’, sostenendola personalmente  sul finire della rovente campagna, in lungo e in largo con i suoi comizi in tanti stati americani, non certo una consuetudine del passato in queste circostanze.  Endorsement importante, ma non vincente, non risolutivo. Eppure Clinton, dopo la minaccia dello scandalo “mailgate”, un ordigno imploso,  o meglio, disinnescato all’ultimo momento dell’FBI,  sapeva bene che fino al giorno prima, nonostante i polls a suo favore, doveva fare i conti con l’agguerritissimo avversario. Lui era lo scoglio che impediva l’approdo, la tappa finale di una brillante carriera politica.

Trump ha raccolto consensi ben sapendo che poteva essere amato o odiato, poco si è curato della sua immagine, e forse altrettanto poco ha seguito i consigli del suo entourage che lo sollecitava alla prudenza, a non impressionare la gente con le sue sortite, non gli è mai importato nulla di nessuno. E’ andato avanti con la sua ostinazione, con l’‘empirismo’ rampante della sua Weltanschauung, e non è mai venuta meno la sicurezza della vittoria, malgrado i pronostici, al punto che, una volta, davanti alla folla dei suoi sostenitori, disse che ‘poteva anche uccidere qualcuno in piazza e non avrebbe perso un voto’.. Una forza della natura, a 70 anni suonati. “Trump triumphs” – titola il New York Times stamattina, non è un’allitterazione, nemmeno uno scioglilingua, ma dovremo assimilarlo, impararlo bene, sperando che in futuro sappia offrirci qualcosa di meglio rispetto al suo quasi turbolento passato.

 Durante la campagna elettorale ha ripetuto in lungo e in largo: “I’m a nice person”. Speriamo.

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