(
Adnkronos) – La “ricerca della verità” per l’omicidio dell’ex Presidente della Regione siciliana, Piersanti Mattarella, ucciso il 6 gennaio 1980 davanti alla sua famiglia a Palermo, “è importante per l’intera collettività”. “L’inchiesta, fin dall’inizio, era stata vista dai più autorevoli protagonisti della vita del nostro Paese come una vicenda che meritava di essere collocata in uno scenario molto ampio.C’è una forte continuità tra il pensiero di Leonardo Sciascia, che notava le somiglianze impressionanti tra l’omicidio Mattarella e l’uccisione di Aldo Moro, e quello del cardinale Salvatore Pappalardo, che evidenziava l’impossibilità di attribuire il delitto alla sola matrice mafiosa, o l’idea che aveva Virginio Rognoni che parlava di una complicità operativa tra criminalità organizzata e terrorismo.
Per non parlare di Pio La Torre”.Alla vigilia del 44esimo anniversario dell’omicidio di Piersanti Mattarella, fratello del Capo dello Stato Sergio Mattarella, il giudice Antonio Balsamo, ex Presidente del Tribunale di Palermo e oggi Sostituto Procuratore Generale in Cassazione, in una intervista all’Adnkronos, fa una disamina sull’eredità del presidente “dalle carte in regola” ucciso da Cosa nostra.
La Procura di Palermo ha riaperto l’inchiesta sull’assassinio, ma fino ad ora non si registrano novità. “In questo periodo si sta sviluppando un lavoro di ricostruzione storica, ci sono una serie di tasselli che emergono adesso con chiarezza – spiega il giudice Balsamo – E’ il lavoro di approfondimento che coinvolge da un lato l’omicidio Mattarella e dall’altro la stagione delle stragi del 1992.Su tutti questi episodi si stanno facendo passi avanti significativi, sono stati eliminati alcuni ostacoli che si erano frapposti per la ricerca della verità e ci sono i presupposti per un lavoro giudiziario incisivo, ma anche per una ricostruzione storica condivisa, per una memoria storica.
Credo che possiamo attenderci risultati significativi anche nel prossimo futuro.Ma questo lavoro non va affidato solo al mondo della giustizia, deve essere coinvolto anche il mondo della cultura, come pure le altre istituzioni e la società; la memoria storica condivisa è un grande progresso sul piano della democrazia”. “Sono convinto che in quella fase della storia del paese di cui Piersanti Mattarella è stato uno dei maggiori protagonisti si sono formate quelle esperienze, quelle idee, quelle capacità di dare voce a esigenze forti che sono oggi un grande punto di riferimento, soprattutto per i giovani”, dice il magistrato. “Quello che si è riusciti a fare in Italia è un segnale positivo straordinario, non dimentichiamoci che, quando è venuta qui, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha concluso il suo discorso di inaugurazione dell’anno accademico dell’università con una citazione di Piersanti Mattarella: ‘Nessun progresso può attecchire e durare manovrato dall’alto, senza mettere in moto le energie nascoste e senza il loro entusiasmo’.
Sono parole che rappresentano una forte motivazione per tutti.Il volto di Palermo, e dell’Italia, agli occhi dell’Europa, e del mondo, è quello di persone come Mattarella, Falcone, Borsellino”.
Per l’omicidio di Piersanti Mattarella sono stati condannati i boss mafiosi Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Provenzano, Bernardo Brusca, Giuseppe Calò, Francesco Madonia e Nené Geraci.Ma i nomi dei killer sono ancora un mistero.
Tra i primi ad arrivare sul luogo del delitto, in via Libertà, c’era il fratello Sergio, immortalato in una storica foto di Letizia Battaglia.La rivendicazione di un gruppo neofascista portò tutti a parlare di un attentato terroristico. Successivamente indagò sul caso il giudice Giovanni Falcone secondo cui quella mattina in via della Libertà a Palermo c’erano i fascisti Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini, processati anche per la Strage di Bologna del 2 agosto 1980.
Per la magistratura di Palermo non c’erano però elementi sufficienti per condannarli per l’omicidio di Piersanti Mattarella.Eppure a confermare la tesi di Giovanni Falcone c’erano state le confessioni di alcuni collaboratori di giustizia arrivate nel 1982 e le parole di Cristiano Fioravanti che parlò del fratello Giusva come del killer di Piersanti Mattarella.
Senza dimenticare la testimonianza di maggior rilievo, quella di Irma Chiazzese, vedova dell’allora Presidente della Regione siciliana, che in quella mattina del 6 gennaio 1980 disse di avere visto in faccia il killer del marito. “Una novità c’è stata in questo anno appena concluso – dice il giudice Balsamo – è stata confermata in appello la sentenza sulla strage di Bologna.Ancora non abbiamo le motivazioni, ma la conferma della sentenza di primo grado è un dato importante.
Si tratta, infatti, di una sentenza che recepisce l’impostazione che era stata sviluppata già nel 1988 da Giovanni Falcone, con una capacità di analisi estremamente ampia sulle causali dell’omicidio di Piersanti Mattarella e un preciso impegno di cogliere i collegamenti tra questa vicenda drammatica e la storia della Sicilia e dell’intero Paese”. Dalla sentenza per la strage di Bologna del 1980 emerge che l’omicidio di Piersanti Mattarella “non è stato solo un omicidio di mafia ma anche un omicidio politico”, maturato in un contesto che comprendeva convergenze operative tra mafia e ‘antistato’. “Non dobbiamo mai dimenticarci di determinate espressioni utilizzate da Falcone che sono emblematiche, ne cito solo una”, dice Balsamo, ricordando le parole di Falcone: “Non mi si vorrà fare credere che alcuni gruppi politici non si siano alleati a Cosa nostra – per un’evidente convergenza di interessi – nel tentativo di condizionare la nostra democrazia, ancora immatura, eliminando personaggi scomodi per entrambi”. “Questa espressione usata da Falcone rappresenta il suo modo di pensare e la visione che sta alla base delle sue indagini.In sostanza, quella che è stata definita nella sentenza di Bologna come una ‘convergenza operativa tra mafia e antistato’, adesso è un tema al centro dell’accertamento processuale in corso”. “L’anno prossimo credo che potrebbe esserci una sentenza definitiva, che può costituire un passo avanti importante verso la ricostruzione, non solo giudiziaria ma anche storica, più corretta di tutta questa vicenda”.
E ricorda: “Anche perché era stato lo stesso Falcone a cogliere il collegamento tra questi due terribili episodi che hanno segnato l’inizio degli anni ‘80”.Cita quindi l’audizione del 3 novembre 1988 in cui Falcone spiega che l’omicidio di Piersanti Mattarella “presenta per molti aspetti una materia coincidente con quella della strage di Bologna”. “E nella sentenza c’è proprio un capitolo sul lascito civile di Falcone, che si intitola ‘Il testamento di Giovanni Falcone’.
Credo che un passo avanti importante sia rappresentato dal fatto che l’impostazione data da Falcone sia stata recepita dalla sentenza sulla strage di Bologna, la quale è stata adesso confermata nel giudizio di appello, che è l’ultimo grado del giudizio di merito”. L’omicidio del presidente della Regione siciliana, Piersanti Mattarella, “e quello dell’onorevole Aldo Moro” per la Corte d’assise di Bologna, “furono precisi momenti attuativi” di una “strategia” in cui è compresa anche la strage del 2 agosto.Un tentativo, scrivono i giudici nella motivazione, “di influire sulla politica nazionale attraverso la strage indiscriminata per chiudere definitivamente con il passato resistenziale del nostro Paese”, come si legge nelle motivazioni di primo grado.
La Corte inserisce nel contesto della sentenza il delitto compiuto a Palermo di Piersanti Mattarella, attribuito in un primo momento ai “neri” Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini, dei Nar, successivamente assolti.Per questo delitto eccellente è stata condannata la cupola mafiosa, i cui boss furono ritenuti i mandanti, ma non si conoscono i nomi dei killer.
La causale del delitto è “strettamente legata alla situazione politica” di quel momento, la stessa per la strage del 2 agosto. Un filo nero lega questi due fatti. “La partita storica è tuttora aperta e la recente riapertura delle indagini lo dimostra”.La Corte fa proprio riferimento alla nuova inchiesta riservata della procura di Palermo. “C’è un’altra cosa che mi ha colpito quest’anno, in un serie di occasioni, come quelle che ci sono state a maggio e a luglio, quando sono stati inaugurati una scuola e un centro civico intitolati a Piersanti Mattarella; ho visto una cosa che mi ha fatto molto pensare e che rappresenta un segnale di speranza – dice ancora Antonio Balsamo, estensore delle sentenze sulla stragi di Capaci e di via D’Amelio – I ragazzi della mia generazione studiavano le figure degli eroi del Risorgimento, dai quali traevano forti passioni e motivazioni personali, destinate a contrassegnare la loro vita.
Oggi, questo stesso atteggiamento i ragazzi lo hanno per figure come Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Carlo Alberto dalla Chiesa, Rocco Chinnici, Piersanti Mattarella: queste persone sono diventate per le nuove generazioni i protagonisti di una sorta di secondo Risorgimento, a cui collegano l’identità del nostro Paese”. “Da un lato ci sono stati passi avanti, con una ricostruzione approfondita a 360 gradi per tutte queste vicende drammatiche della nostra storia recente, dall’altro si coglie sempre di più l’importanza che ha avuto la visione anticipatrice espressa da Piersanti Mattarella in anni difficili”, dice. “Un aspetto fondamentale del progetto di innovamento portato avanti da Piersanti Mattarella è la sua capacità di valorizzare nel contesto internazionale la Sicilia, come esempio paradigmatico delle grandi potenzialità che hanno i Paesi del mediterraneo per lo sviluppo dell’intera costruzione europea.E’ questo il significato profondo del suo impegno per una Regione ‘con le carte in regola’ – aggiunge Balsamo – La capacità di Mattarella di creare un rapporto di fiducia e di stima profonda con i più autorevoli leader internazionali, queste sono cose più attuali che mai”. “A ciò si univano misure estremamente incisive per la trasparenza dell’azione amministrativa, e la capacità di suscitare un forte senso di passione per l’impegno in favore della collettività, mobilitando le energie migliori presenti nella società.
Quella partecipazione attiva alla vita civile di cui parlava il Capo dello stato nel discorso di fine anno”. Sull’inchiesta della Procura di Palermo, il giudice Balsamo dice: “Non conosco la materia dell’inchiesta della Procura, ma sono convinto che c’è certamente una grande capacità di indagare a 360 gradi anche negli aspetti più complessi.Si parla molto del tema della borghesia mafiosa, c’è la volontà di andare oltre il fenomeno mafioso e coglierne i collegamenti con ambienti sociali apparentemente distanti, ma in realtà legati da convergenze di interessi”.
E ancora: “E’ importante attendere il completarsi di questo giudizio sulla strage di Bologna”. (di Elvira Terranova) —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)