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‘Ndrangheta, 43 indagati per riciclaggio di denaro: tra i nomi spicca quello dell’allenatore del Milan Gattuso

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Una rete di aziende per riciclare denaro sporco. Un elenco di prestanome per fare in modo che le società non fossero riconducibili al vero titolare di fatto, Pasquale Motta, 44 anni, imprenditore legato secondo gli investigatori alla ‘ndrangheta piemontese, anche se a suo carico non risultano affiliazioni con alcuna delle famiglie. Il suo nome, però, riferisce laRepubblica, compare spesso assieme a quelli coinvolti nelle grosse inchieste sulla criminalità organizzata calabrese insediatasi in Piemonte, come “Minotauro” o “San Michele”.
Tra i presunti prestanome compare un personaggio importante: Rino Gattuso. L’allenatore del Milan è infatti indagato con l’accusa trasferimento fraudolento di valori. Il “Ringhio”, secondo i pm, era socio al 35 per cento di una società in realtà riconducibile a Motta. L’azienda è la Tre Olmi Srl di Gallarate, specializzata nella produzione di salumi e insaccati, ormai fallita, la cui sede amministrativa era stata spostata ad Orbassano, alle porte di Torino, dove Motta aveva il suo quartier generale. In tutto sono 43 gli indagati in questa vicenda, 9 le misure cautelari. Motta è stato arrestato. Le accuse, per gli indagati, sono a vario titolo di trasferimento fraudolento di valori e riciclaggio di proventi illeciti. Nel corso delle perquisizioni sono stati sequestrati ad alcuni degli inquisiti società e beni immobili per un valore complessivo di 200mila euro.
A scoprire questo giro di imprese sono stati i carabinieri del Comando proviciale di Torino che indagano sugli affari di Motta fin dal 2012. L’inchiesta parte da una denuncia di una società che all’epoca gestiva la casa di riposo “Casa del Sole” di Favria, nel Canavese, e che coinvolge anche l’ex sindaco del paese, Severino Ferrino, passato all’onor delle cronache come “sindaco anti-gay” per il suo rifiuto di celebrare un’unione civile, che all’epoca dei fatti era vicesindaco, e l’ex sindaco Giorgio Cortese. I titolari della casa di riposo avevano denunciato una gestione poco trasparente da parte dell’amministrazione comunale di allora, spiegando anche che sindaco e vicesindaco avevano tentato di estromettere la loro società dalla gestione della casa di riposo per affidarla all’Eurocoop Service di Corato in provincia di Bari, una delle tante aziende, tra Piemonte, Lombardia e altre regioni italiane, riconducibili a Motta e usate dall’imprenditore per “lavare il denaro”.

Nell’ordinanza firmata dal gip della procura di Ivrea Alessandro Scialabba emerge  – grazie ai movimenti ricostruiti dalle indagini dei carabinieri – come Motta spostasse ingenti somme di denaro dalle società dove formalmente non aveva alcun titolo amministrativo. Alla fine, con l’aiuto degli amministratori comunali indagati, Motta era riuscito a gestire la casa di riposo di Favria assieme a decine tra ristoranti, locali e aziende intestate a prestanome come, secondo le accuse, l’allenatore del Milan, coinvolto tra il novembre 2011 e il dicembre 2013. La Tre Olmi di cui Gattuso era socio, infatti, era fallita nel maggio 2014 e in tutti i suoi anni di attività, come aveva spiegato agli investigatori il curatore fallimentare, “non aveva mai consegnato i bilanci”.

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