La mappa delle province che pubblichiamo rivela i disequilibri nell’accoglienza tra un territorio e l’altro, disequilibrio che è oggetto dell’articolo di Zanotti che a seguire vi proponiamo:
I prefetti: “La distribuzione dei richiedenti asilo è da rivedere, ogni Comune faccia la sua parte” RAPHAËL ZANOTTI
I
l problema non è il numero, ma la concentrazione. Ventimiglia e Como sono il simulacro della frontiera invalicabile contro cui si accalcano masse di disperati in cerca di un passaggio per l’Europa. Respinti, si accampano. Oppure tornano indietro, alla metropoli più vicina, Milano, in un riflusso che riempie di nuovo la città svuotata dai vacanzieri. Ma l’Italia non può permettersi una nuova Calais, una nuova Horgoš. E ora è chiaro a tutti che se il Sud resta la bocca da cui si riversano migranti che affrontano i pericoli del Mediterraneo, è il Nord che ora rischia di diventare la nuova trincea dell’emergenza.
Le prefetture lo sanno e mettono mano all’unico strumento che hanno: la redistribuzione. Bisogna evitare concentrazioni. E allora bisogna convincere quel 75% di Comuni renitenti che non è possibile scaricare sul restante 25% un problema così grande. Ognuno faccia il suo.
Pochi giorni fa era stata la volta del prefetto di Ferrara, che aveva invitato in modo perentorio i comuni limitrofi al capoluogo: «I sindaci collaborino, o agiremo d’imperio». Ieri è toccato al prefetto di Genova, Fiamma Spena: «Ci vuole una diversa distribuzione – ha detto – che veda una diffusione dell’accoglienza alla quale contribuisca un numero più alto di Comuni». Si annunciano tavoli, opere di moral suasion. I richiedenti asilo vanno diluiti.
In Liguria, secondo i dati del Viminale aggiornati al 20 luglio scorso, meno di un comune su quattro ospita richiedenti asilo. Gli altri tre sono vuoti. Genova da sola nel accoglieva la metà (49,5%). Il capoluogo va alleggerito. Così come altre città.
Molte associazioni che si occupano di migranti lamentano da tempo una rete di solidarietà troppo debole. Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio italiano di solidarietà di Trieste, uno degli inventori dello Sprar (Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati) pensa che la soluzione sia di rendere l’adesione obbligatoria: troppo pochi 345 Comuni aderenti. E anche il capo della polizia Franco Gabrielli, ieri, ha battuto sullo stesso tasto: «Intensificheremo le operazioni di decompressione – ha detto ieri a Ventimiglia – e c’è solo un modo per farlo: spostare queste persone».
Non c’è però solo la reticenza, anche l’organizzazione complica le cose. È evidente dalla mappa che abbiamo disegnato qui sotto sempre grazie ai dati del Viminale.
Guardando solo alle province che hanno offerto la propria disponibilità balzano agli occhi il disequilibrio. Al 20 luglio questa era la fotografia: province con posti liberi e altre al completo o fortemente sotto pressione. Realtà come Salerno e Milano che superano di gran lunga la loro capacità di accoglienza (volontaria) e altre come Sassari e Vibo Valentia che invece potrebbero offrire di più. Province come quella autonoma di Bolzano, che offrono una disponibilità piuttosto risicata: 1181 posti, 0,5 richiedenti asilo ogni mille abitanti. E altre che scrivono al ministero perché non riescono più ad accogliere nemmeno i minorenni non accompagnati.
Una mappa che mostra una certa propensione delle prefetture nel distribuire i richiedenti asilo nel Sud Italia (ma con ampi margini inespressi in Sicilia), in Umbria, Abruzzo e Molise, nella Pianura Padana e nelle grandi metropoli come Napoli, Roma, Milano e Torino, forse con più fondi. Accanto a zone con capienze ancora inespresse come alcune province sarde, l’Appennino tosco romagnolo, l’Emilia, il Piemonte meridionale e il Friuli Venezia Giulia. Alla fine sono 70 le province al completo e 40 con posti ancora disponibili. Sarà un’estate di duro lavoro.
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