Un lavoratore da circa 19mila euro netti all’anno, che si trasformasse in part-time al 60%, vedrebbe ridursi lo stipendio a 15.200 euro grazie al contributo di oltre 2.300 euro versato dall’azienda. Lo Stato, invece, verserebbe per lui 3.300 euro di contributi figurativi
MILANO – Come cambierebbe la busta paga dei lavoratori dipendenti del settore privato che decidessero – d’accordo con la propria azienda – di stipulare il “contratto a tempo parziale agevolato” e ridurre l’orario negli ultimi anni prima della pensione? Una simulazione realizzata dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro delinea l’impatto del decreto firmato ieri dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Secondo le prime stime, la platea potenziale è di quasi 400 mila lavoratori, ma per i sindacati lo strumento rappresenta il classico “pannicello caldo” e non risolve il problema della flessibilità (oltre a escludere di fatto, come mette in evidenza la Uil, le donne). Per alcuni addetti ai lavori rischia in effetti di essere una soluzione troppo onerosa per i lavoratori e poco conveniente per le aziende, piuttosto interessate a procedere con piani di pre-pensionamento per alleggerirsi del personale vicino all’uscita. Ecco, allora, alcuni casi concreti.
Se un lavoratore con uno stipendio annuo lordo di 25mila euro (18.936 euro netti, 1.456 per tredici mensilità) si trasformasse in un part-time al 60%, vedrebbe comparire all’ultima riga della sua busta paga la cifra di 15.208 euro (1.169 euro al mese). Gli sarebbero cioè riconosciuti 12.827 euro come quota della retribuzione “tagliata” in base al nuovo orario, ai quali vanno sommati 2.381 euro di contributo del datore di lavoro. Quest’ultimo, infatti, riverserebbe in busta paga esentasse i contributi previdenziali dovuti per la porzione di orario non lavorato. Per la società, il costo di questo lavoratore sarebbe di 22.839 euro (dagli oltre 34mila di costo full-time), mentre lo Stato si sobbarcherebbe un impegno di 3.300 euro di contributi figurativi. Una voce che assicura al dipendente di non limare la sua futura pensione, che sarà la stessa che avrebbe percepito continuando a lavorare a tempo pieno. Se si considera che la legge di Stabilità finanzia l’agevolazione con 120 milioni per il 2017, in questo caso lo Stato potrebbe farsi carico di circa 36mila richieste (una stima al ribasso, perché nel mentre le uscite per pensionamenti potrebbero ridurre gli esborsi complessivi).
Se lo stesso reddito lordo (25mila euro) accedesse a un part-time al 50%, il quadro si modificherebbe: il suo stipendio netto annuo scenderebbe poco sotto 14.200 euro, mentre il contributo a carico dell’azienda salirebbe a circa 3mila euro. Per l’azienda il taglio della remunerazione sarebbe comunque predominante e abbasserebbe il costo del lavoratore a circa 20mila euro, mentre lo Stato dovrebbe far fronte a 4.125 euro di contributi figurativi.
Infine, tenendo ferma la percentuale di orario al 50% e modificando il parametro dello stipendio, si possono fornire altri esempi: uno stipendio lordo di 35mila euro diventerebbe un netto di 18.562 euro (1.427 euro per tredici mesi), salendo a 45mila euro annui il dimezzamento dell’orario porterebbe a un reddito netto di 22.780 euro.
I
n tabella, il reddito annuo lordo di partenza e le ipotesi di modifica della busta paga in base alla % di part-time,
con l’indicazione della quota di contributo a carico dell’azienda e del costo per lo Stato legato al versamento dei contributi figurativi:
REDDITO ANNUO LORDO | % PART-TIME | REDDITO ANNUO NETTO | (MENSILITÀ PER 13) | CONTRIBUTO AZIENDA | COSTO PER LO STATO |
---|---|---|---|---|---|
25000 | 60 | 15.208,11 | 1.169,9 | 2.381 | 3.300 |
50 | 14.198,98 | 1.092,2 | 2.976,25 | 4.125 | |
45000 | 60 | 24.184,24 | 1.860,3 | 4.285,8 | 5.940 |
50 | 22.780,23 | 1.752,3 | 5.357,25 | 74.250 | |
80000 | 60 | 37.933,66 | 2.918,0 | 7.619,2 | 10.560 |
50 | 35.740,27 | 2.749,3 | 9.524 | 13.200 | |
100000 | 60 | 45.933,81 | 3.533,4 | 9.524 | 13.200 |
50 | 43.235,35 | 3.325,8 | 11.905 | 16.500 |
Fonte: Fondazione Studi Consulenti del Lavoro
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