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l mondo è pieno di papà depravati. Ce n’è uno, a Pordenone, che ha la fortuna di convivere da ventisei anni con una cara figliola. Carissima. Costei considera gli esami universitari un rito stantio e la ricerca di un lavoro qualcosa di molto simile a un affronto. Smania dalla voglia di misurarsi con sfide più stimolanti, come la discoteca e le vacanze. Ma il padre, uomo benestante e prosaico, non ne ha mai saputo cogliere la sensibilità, limitandosi a passarle vitto, alloggio, spese per l’auto e per lo shopping. E aggiungendovi a mo’ di sfregio ottanta euro al mese di paghetta. La povera ragazza ha sopportato finché ha potuto. Poi ha trascinato il tiranno in tribunale per chiedere quello che a lei e al suo avvocato è sembrato il minimo sindacale: 2577 euro al mese di alimenti. Per tutta risposta il padre ha avuto il coraggio di sostenere che a ventisei anni una figlia nullafacente ha ancora diritto al sostentamento, ma non più al mantenimento. Un patetico gioco di parole che il giudice d’Appello ha smontato dall’alto della sua scienza e coscienza. Lo Stato italiano è magnanimo: persecutore implacabile di chi si dà da fare, non perde mai l’occasione di prendere le parti di chi non fa nulla.
Così la studentessa riluttante ha vinto la causa. Non ha ottenuto tutto quanto chiedeva (confidiamo nella Cassazione), ma si è vista più che quadruplicare la paghetta. Per incrementarla ulteriormente ci permettiamo di suggerirle un ciclo di conferenze autobiografiche sulle ragioni per cui in Italia si fanno sempre meno figli.
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