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Paolo Cesino, lo stabiese che ha inebriato Bologna: “Vi spiego cosa ha fatto la differenza”

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La redazione di ViViCentro.it ha raggiunto Paolo Cesino, lo stabiese che ha conquistato Bologna con i suoi Gin Tonic

Si dice che in terra emiliana ci sia un giovane stabiese che ha conquistato tutti con i suoi cocktail. Miscela, crea, sperimenta: un vero e proprio mago. Così, incuriositi, abbiamo deciso di verificare e siamo andati a trovarlo al “Wood gastrobar”, un locale a due passi dalle Torri di Bologna. Il suo nome è Paolo Cesino, 33 anni, Gin Tonic specialist.

N

ella città delle acque si è fatto le ossa, a Lecce ha studiato alla WFBS, a Bologna è stato scelto da Marco Bertoncini come barman del rinomato “Caffè Ristretto”. Da lì l’ascesa: specializzazione nella preparazione di Gin Tonic, varie collaborazioni con ilgin.it, diversi riconoscimenti e soddisfazioni. Conosciamolo meglio.

Paolo, quando hai capito che volevi fare il barman?

Da subito. Ero adolescente e avevo capito che rendere le persone felici mi rendeva felice. Così mi sono dato fare. Ho iniziato a lavorare al “Cafè do mar” a Castellammare Di Stabia, alla banchina all’acqua della Madonna per intenderci. Lì mi sono fatto le ossa, perchè mi sono rapportato con persone di una certa esperienza nel settore del turismo. Penso che titolari come la signora Giusy non esistano più. Poi mi sono spostato in Costiera.

E cosa ti ha portato a Bologna?

Prima di Bologna, nel 2010, ho studiato da barman alla WFBS di Lecce. Con loro ho aperto le filiali ai Giardini Naxos e a Benevento. Tramite un ragazzo con cui ho seguito il corso sono arrivato a Bologna, era nel 2012. Da lì è cominciato il bello.

Spiegaci…

Ho iniziato a lavorare al Caffè Ristretto, un locale nel cuore della città. Lì mi sono specializzato nella preparazione dei Gin Tonic perché, il titolare di allora, Marco Bertoncini, dopo quindici anni in Spagna, aveva capito che il Gin Tonic avrebbe preso piede anche in Italia. Immagina che già nel 2012 avevamo a disposizione più di cento tipologie di Gin. Oggi il Caffe Ristretto è conosciutissimo nell’ambiente e chi viene a Bologna non può non fare tappa lì e bere un Gin Tonic. Abbiamo creato un marchio. Per me è stata una grande soddisfazione perché Marco Bertoncini mi ha dato fiducia quando non ero nessuno, quando non ero ancora conosciuto.

Si vede che si è accorto subito delle tue qualità… Tra l’altro, saprai che a Castellammare ha riaperto lo storico Bar Spagnuolo. Inutile dirti dell’entusiasmo che c’è in città. È vero che ti sono giunte offerte di lavoro anche da lì?

Sì tutto vero, ma non sono ancora pronto per tornare a fare bar a Castellammare. Ho bisogno di restare in una città cosmopolita, con una cultura diversa dalla mia, per crescere e arricchirmi. Il fatto di aver lavorato qui a Bologna ha influito sulle mie capacità e le mie attuali competenze.

Secondo te quali sono le doti che nel tuo lavoro fanno la differenza?

Innanzitutto la conoscenza: devi conoscere la materia prima che lavori e le esigenze dei consumatori. Molto spesso il barman è considerato soltanto come colui che prepara i cocktail, mentre per il 90% della serata intrattiene il cliente. L’obiettivo è farlo stare bene, fargli vivere un’esperienza, farlo ritornare da te. La differenza sta nel saperlo accogliere, offrirgli un servizio di qualità e sorprenderlo con un prodotto al di sopra delle sue aspettative. Il concetto che metti dietro un cocktail è fondamentale. Il cliente decide di spendere il suo denaro, il suo tempo libero nel tuo locale quindi, come minimo, devi dargli un perché.

Qual è il tuo perché?

Non è un mio perché ma un “nostro” perché. Al Wood gastrobar va avanti il lavoro di squadra: il bar team, ognuno con i suoi ruoli, competenze e responsabilità. Dico sempre: “Maradona a Napoli non avrebbe mai vinto da solo lo scudetto”. C’è bisogno di una squadra perché il barman non ha occhi dappertutto. Il cameriere, ad esempio, sa come il cliente reagisce quando vede un cocktail. Così arrivano i primi feedback interni, le prime recensioni. Si capisce se un cocktail esteticamente piace o no. La decorazione deve essere adeguata e avere un senso. Noi, tra l’altro, al Wood cerchiamo di essere un locale ecosostenibile: utilizziamo prodotti nostri, erbe aromatiche coltivate da noi, lavoriamo con produttori del posto e con piccole realtà del sud Italia.

Ci sveli un segreto per capire subito se un Gin Tonic è stato preparato bene o meno?

Il bicchiere deve essere pieno di ghiaccio, questa è la base di una buona preparazione. Poi logicamente bisogna assaggiarlo. Oggi esistono più di mille gin: agrumati, secchi ecc… molto dipende dai gusti del consumatore. Ad esempio il London Dry è il mio preferito. Se un Gin Tonic non ti disseta non è un buon gin tonic. Questo succede quando c’è una dose troppo alta di alcol. La giusta quantità di acqua, invece, ti fa sentire tutti gli aromi.

Un tuo drink particolare?

Il Roots fatto con gin aromatizzato alle foglie di lime, centrifugato di zenzero, succo d’ananas alla curcuma, succo di lime fresco e un pesto dolce di basilico e aneto.

Cosa ti auguri per il futuro?

Mi auguro che questa passione mi porti avanti e che continui a darmi soddisfazioni.

Cosa consigli a un ragazzo che sogna di intraprendere la tua stessa professione?

Di studiare, ascoltare i consigli, stringere i denti e di seguire i suoi obiettivi senza mollare mai.

A cura di Luisa Di Capua

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