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Nyt: Le ‘prove esplosive’ sull’omicidio Regeni che Obama diede (in parte) all’Italia

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L’articolo arriva nelle ore in cui l’ambasciatore italiano è tornato al Cairo, provocando reazioni e polemiche ed intanto, su Facebook,  Paola Deffendi, madre di Regeni, in un post ha scritto: “15 AGOSTO 2017, sempre più lutto!”.

S

econdo il New York Times gli Usa hanno avuto dall’Egitto prove “esplosive” sulla morte di Giulio Regeni, avvertendo l’allora governo Renzi. E’ quanto scrive il ‘New York Times’ in merito all’omicidio del ricercatore italiano, citando fonti dell’ex amministrazione Obama, secondo le quali c’era “la prova incontrovertibile che funzionari della sicurezza egiziani hanno rapito, torturato e ucciso Regeni”, si legge sul sito del quotidiano americano (Why Was an Italian Graduate Student Tortured and Murdered in Egypt? The strange twists in the case of Giulio Regeni’s disappearance in Cairo. By DECLAN WALSHAUG. 15, 2017)e questo portò ad un più che burrascoso colloquio tra l’allora segretario di Stato John Kerry e l’omologo egiziano Sameh Shoukry.
Dopo la pubblicazione dell’articolo, fonti del governo italiano hanno fatto sapere di non aver mai ricevuto dagli Usa “elementi di fatto, né tantomeno ‘prove esplosive'”, come riporta ‘Corriere.it’. Inoltre, “la collaborazione con la Procura di Roma in tutti questi mesi è stata piena e completa”.
Prove esplosive
“Nelle settimane successive alla morte di Regeni”, scrive il quotidiano in un reportage dal Cairo intitolato “Gli strani garbugli nel caso della scomparsa al Cairo di Giulio Regeni”, “gli Stati Uniti vennero in possesso dall’Egitto di prove di intelligence esplosive, prove che dimostravano come Regeni fosse stato rapito, torturato e ucciso da elementi della sicurezza egiziana”. Fonti dell’allora Amministrazione Obamacitate dal giornale affermano che “si era in possesso di prove incontrovertibili delle responsabilità egiziane”. A questo punto, come scrive il Messaggero, il materiale venne girato “al governo Renzi su raccomandazione del Dipartimento di Stato e della Casa Bianca”. Ma “per evitare di svelare l’identità della fonte non furono passate le prove così come erano, né fu detto quale degli apparati di sicurezza egiziani si riteneva fosse dietro l’omicidio”.
La leadership egiziana sapeva
Altre fonti sempre citate dal New York Times affermano: “Non è chiaro chi avesse dato l’ordine di rapire e, presumibilmente, quello di uccidere” Regeni, ma, come scrive La Stampa, “quello che gli americani sapevano per certo, e fu detto agli italiani, è che la leadership egiziana era pienamente a conoscenza delle circostanze dell’uccisione” del ricercatore. Di più: “Non abbiamo dubbi di sorta sul fatto che questo fosse conosciuto anche dai massimi livelli”. Insomma, non sapevamo se fosse loro la responsabilità, ma sapevano, sapevano”.
Incontro burrascoso Kerry-Shoukry
Questo portò alcune settimane dopo “l’allora segretario di Stato, John Kerry, ad un aspro confronto con il ministro degli esteri egiziano Sameh Shoukry, nel corso di un incontro che si tenne a Washington”. Si trattò, si legge su RaiNews.it, di una conversazione “quantomai burrascosa” anche se da parte della delegazione americana non si riuscì a capire se il ministro stesse erigendo un muro di gomma o semplicemente non conoscesse la verità”, Un approccio brutale, quello di Kerry, “che provocò più di un’alzata di sopracciglio” all’interno della Amministrazione, dal momento che Kerry “aveva la fama di trattare l’Egitto con i guanti bianchi”. Nel frattempo i sette magistrati italiani inviati al Cairo “venivano depistati ad ogni pie’ sospinto” e lo steso ambasciatore italiano Massari “presto smise di usare le email e il telefono per le comunicazioni delicate, ricorrendo ad una vecchia macchina che scriveva su carta sulla base di un codice criptato”. Anche perché “si temeva che gli egiziani impiegati presso la sede diplomatica italiana passassero informazioni alle agenzie di sicurezza egiziane”.

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