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Morì nel napoletano per una trasfusione di sangue infetto: lo Stato risarcirà gli eredi

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Pagamento disposto dal TAR della Campania

Una donna di Arzano, in provincia di Napoli, ha contratto, nel 1992, l’epatite C in seguito a una trasfusione di sangue infetto. Secondo quanto stabilito dal TAR Campania, lo Stato dovrà risarcire gli eredi della donna con una somma di 400mila euro, confermando la sentenza di primo grado del Tribunale di Napoli, ha condannato il ministero della Salute al risarcimento della somma.

Secondo la ricostruzione fornita da fonti della difesa, la donna venne ricoverata in una casa di cura di Napoli dove fu sottoposta alla somministrazione di sacche di sangue. In seguito a tali trattamenti sarebbe stata a contagiata da HCV epatite virale di tipo C. La commissione medica del Ministero della Difesa di Napoli a seguito dell’istanza presentata dalla stessa accertò nel 2004 il nesso di causalità tra le emotrasfusioni praticate e l’epatopatia da virus C. In seguito all’aggravamento di questa patologia il 9 novembre 2005 la donna morì.
I suoi eredi nel 2006 conferirono incarico all’avvocato Maurizio Albachiara per agire contro il Ministero della Salute al fine di ottenere il danno subito dalla madre ed il danno da perdita del rapporto parentale. Nel 2013 il Tribunale Di Napoli, sesta sezione civile, condannò il Ministero per mancata vigilanza sulle sacche di sangue infetto al risarcimento dei danni subiti dalla compianta madre per la somma di 402.000 oltre interessi. Dopo 4 anni di attesa venne interpellato il Tar Campania, sezione di Napoli che con sentenza n. 2703 ha dichiarato l’obbligo del Ministero al pagamento entro 60 giorni.

l’avvocato Albachiara commenta con soddisfazione l’esito della sentenza: “Dopo oltre dieci anni questa vicenda giudiziaria giunge al termine per agire in giudizio in caso di decesso di un parente si deve agire entro 10 anni dalla morte. Si spera in un pagamento celere da parte del ministero. Agiremo contro il ministero della Giustizia per la richiesta dei danni morali per la irragionevole durata del processo”.


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