La dinamica dell’aggressione a Londra riconduce proprio alla matrice jihadista: lo Stato islamico in ritirata a Mosul reagisce con micro-attacchi per cercare di piegare l’Occidente. Come spiega Lorenzo Vidino “che la Gran Bretagna avrebbe patito un attacco era dato per scontato” perché “la minaccia del terrorismo sopravvive al Califfato”.
La strategia delle mille ferite per piegare l’Occidente
Lo Stato islamico in ritirata a Mosul reagisce con i micro-attacchi
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li attentatori sono soli, ma parlare di «lupi solitari» è fuorviante. Se la macro-cellula parigina-bruxellese era stata addestrata direttamente dall’Amn al-Kharij, i «servizi esterni» dell’Isis, la nuova costellazione di terroristi singoli ha legami meno strutturati ma altrettanto forti. I jihadisti in Europa sono in contatto con quelli nel Califfato attraverso i social, soprattutto Telegram, si autoaddestrano con corsi sul Web, seguono le linee guida tracciate dall’ex numero uno dell’Amn al-Kharij, Mohammed al-Adnani, che a sua volta le aveva copiate dall’ideologo di Al-Qaeda Abu Musab al-Suri: «Azioni decentralizzate», individuali o in piccole cellule, per infliggere all’Occidente «mille piccole ferite» che avrebbero piegato la sua volontà di combattere. In uno dei suoi messaggi audio Al-Adnani, poi ucciso da un raid Usa lo scorso 30 agosto in Siria, aveva suggerito le armi: «Colpiteli con il coltelli, colpiteli con una pietra, investiteli con la vostra auto».
Suggerimenti seguiti alla lettera a Londra. E molte volte prima. Veicoli lanciati sulla folla erano già stati usati in Francia, a Nantes e Digione, nel dicembre del 2014. Poi c’è stato il terribile attacco del 14 luglio 2016 a Nizza: il tunisino Mohamed Lahouaiej Bouhlel travolge e uccide 86 persone sulla Promenade des Anglais di Nizza. Viene etichettato come «lupo solitario», poi gli inquirenti scoprono una rete di supporto e complici. La Germania viene colpita il 19 dicembre da un altro tunisino con un Tir, Anis Amri, profugo radicalizzato in carcere in Italia, con appoggi logistici in Lombardia e Lazio. Anche l’America è in qualche modo coinvolta: il 28 novembre scorso uno studente dell’Ohio State University investe alcune persone, poi scende e cerca di finirle a coltellate prima di essere abbattuto.
Nella lunga scia di micro attacchi la longa manus da Raqqa è evidente in Francia. Un unico reclutatore, Rachid Kassim, 29 anni, poi ucciso da un drone Usa a Mosul, tiene le fila. Le sue «impronte digitali», vengono trovate nell’attacco a Magnanville del 13 giugno 2016, quando il jihadista francese Larossi Abballa uccide due poliziotti nella loro casa prima di essere eliminato dalle teste di cuoio in un raid. Abballa non era solo. Almeno altre due persone sono state arrestate, in contatto con Kassim via Telegram. Le stesse «impronte digitali» sono rinvenute nell’uccisione dell’85enne sacerdote Jacques Hamel a Saint-Etienne-du-Rouvray il 26 luglio.
Oltre alle «istruzioni» sui siti jihadisti e gli scambi di messaggi con Telegram, un altro elemento lega la costellazione di micro-attentatori alla casa madre. Le rivendicazioni e i giuramenti di fedeltà. È l’agenzia Aamaq a mettere il timbro, con la formula fissa «un soldato del Califfato». Probabilmente arriverà anche dopo Londra, mentre già ieri sera sugli account jihadisti si festeggiava. A volte gli attentatori si rivelano con un messaggio di Facebook, come nel caso di Abballa, o con un’ultima telefonata, come ha fatto Omar Mateen dopo la strage in un locale gay in Florida del 12 giugno 2016. Oppure con video registrati sul telefonino.
È il caso di Amri ma anche del diciassettenne afghano Muhammad Riyad che lo scorso 19 luglio, subito dopo Nizza, ha ferito quattro persone a colpi di ascia su un treno vicino a Würzburg: un video in cui minaccia attacchi in «ogni città, villaggio, aeroporto». Sono le «mille piccole ferite» teorizzate da Al-Qaeda quando il Califfato non era ancora risorto e che ora ci minacciano quando il Califfato sta di nuovo per essere spazzato via.
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