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Castellammare di Stabia

Le donne turche scendono in piazza: “Non diteci cosa indossare”

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opo insulti e violenze migliaia di giovani donne turche scendono in piazza. Manifestano contro la Turchia conservatrice del presidente Erdogan e scandiscono uno slogan chiaro: “Come mi vesto non ti riguarda”.

In minigonna e velo islamico contro la Turchia conservatrice

La rivolta delle donne dopo insulti e violenze: “Non diteci cosa indossare”

ANKARA – «Come mi vesto non ti riguarda, giustizia per le donne». Lo slogan presentato sotto l’immagine di un attaccapanni, assurto a simbolo di protesta, rimbalza sui social turchi e sugli sticker appiccicati sui muri delle grandi città. Dopo la passeggiata con la minigonna della modella saudita Khulood, che qualche settimana fa sfidava il codice d’abbigliamento femminile del regime wahabita, ora le minigonne vengono sventolate in piazza dalle donne turche in rivolta.

Un movimento nato dopo una serie di episodi di violenza contro giovani di Istanbul, vestite in maniera troppo discinta secondo i loro persecutori. Asena Melisa Saglem, universitaria, schiaffeggiata e insultata su un bus per l’abbigliamento «inadeguato al mese del Ramadan» (l’uomo è stato poi rilasciato in quanto «vittima di una provocazione»). Çagla Köse, designer ventiquattrenne, allontanata da un parco per la stessa ragione qualche giorno fa. «Metti a disagio le persone, ci sono delle famiglie qui», le avrebbe detto la guardia privata. Eccole, allora, in migliaia nelle strade di Kadikoy, il quartiere più progressista e alternativo di Istanbul, con le minigonne alzate verso il cielo a rivendicare una libertà che sentono sfuggire via dalle mani.

«Questo è solo l’inizio», dice Özden Öz, ventunenne che studia scienze politiche e approfitta della pausa estiva per unirsi al comitato direttivo del movimento. «Ma non si faccia l’errore di interpretare la protesta come il solito scontro fra la Turchia bianca dei laici e progressisti e quella nera dei conservatori», ammonisce Öz. «Almeno il dieci per cento delle donne che hanno partecipato alla manifestazione di Istanbul erano velate, il messaggio è “giù le mani dai nostri vestiti”, quali che essi siano. Anche se di questi tempi siamo noi a essere più nel mirino, siamo consapevoli che anche loro posso essere vittime di forme di discriminazione».

Lo sa bene Jane Louise Kandur, politica vicina ad Erdogan che è stata anche alla guida della sezione femminile del suo partito a Istanbul. Ricorda: «A fine Anni 90 mi hanno cacciato dalla scuola in cui insegnavo perché indossavo il velo, quelle come me non potevano fare nulla nella sfera pubblica. Quelli erano i bei tempi in cui le donne erano libere? Neanche per sogno, forse lo erano le gran signore dell’élite, ma in Turchia il 67 per cento delle donne indossano il velo». A Kandur non piace il movimento «Kıyafetime Karısma» (non dirmi cosa indossare) perché teme suggerisca un paragone fra le donne discinte di oggi e quelle velate di ieri, che erano «davvero oppresse dagli apparati statali». Ma si dice pronta a unire le forze con le femministe laiche su temi come violenza domestica e spose bambine, e uguaglianza sul posto di lavoro. La rivolta delle minigonne, ultimo capitolo nella contesa sui vestiti in Turchia che dura fin dai decreti sull’abbigliamento di Ataturk, non fa proprio per lei.

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