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Castellammare di Stabia

Intascava dai pazienti gli onorari senza versarli nelle casse dell’ospedale pubblico

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I Finanzieri del Comando Provinciale di Messina, nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Messina, hanno portato a compimento una complessa investigazione nel settore sanitario, finalizzata a verificare il rispetto della disciplina dell’esercizio dell’Attività Libero Professionale Intramuraria* (c.d. “ALPI”) da parte di un noto professionista messinese, Francesco Mastroeni, classe ’69, primario di Urologia al “Papardo”.

* La libera professione intramuraria chiamata anche “intramoenia” si riferisce alle prestazioni erogate al di fuori del normale orario di lavoro dai medici di un ospedale, i quali utilizzano le strutture ambulatoriali e diagnostiche dell’ospedale stesso a fronte del pagamento da parte del paziente di una tariffa

LE INDAGINI

Più in particolare, le indagini – effettuate dagli specialisti in materia di spesa pubblica del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Messina con il coordinamento del pool di Magistrati della Procura della Repubblica di Messina che si occupano di contrasto ai reati contro la pubblica amministrazione – si sono sostanziate nell’esecuzione di plurime attività tipiche di polizia giudiziaria, quali acquisizioni documentali, attività di osservazione e pedinamento, nonché articolate ricostruzioni contabili, poi ulteriormente avvalorate anche dall’esecuzioni di più penetranti intercettazioni telefoniche, così acquisendo un solido quadro indiziario nei confronti del professionista.

L’operazione, peraltro iniziata in pieno periodo pandemico, rientra nell’ambito della generale intensificazione del monitoraggio del delicato comparto della sanità pubblica, ancora purtroppo fortemente impegnato nella gestione dell’attuale delicata fase di monitoraggio e gestione dei limitati ma ancora pericolosi contagi e, per tale motivo, assolutamente necessitante di risorse economiche che non possono essergli sottratte a causa di comportamenti scorretti.

La disciplina di settore dell’ALPI, ovvero l’attività libero professionale espletata dal medico, legato all’azienda da rapporto di esclusività, fuori dall’orario di lavoro, su libera scelta e su richiesta dell’assistito pagante, oltre a dover essere oggetto di espressa autorizzazione ed a determinate condizioni, prevede, come noto, che l’utenza prenoti la visita tramite il Centro Unico di Prenotazione della struttura aziendale (cd. C.U.P.) e, prima dell’effettuazione della prestazione, il paziente provveda al pagamento all’ufficio ticket dell’importo dovuto, secondo apposito tariffario predeterminato dall’ospedale pubblico; a valle, il medico riceve, quindi, gli emolumenti di sua pertinenza direttamente in busta paga.

La realtà emersa dalle investigazioni, tuttavia, con riferimento all’odierno destinatario della misura cautelare M.F. cl. ’69, è risultata nettamente diversa.

Nel dettaglio, il noto professionista messinese, operante all’interno di un altrettanto noto nosocomio locale, legato all’azienda sanitaria in forza di un contratto che prevedeva un rapporto di esclusività, effettuava visite specialistiche all’interno del reparto dal medesimo diretto, richiedendo e ricevendo da una significativa platea di clienti il pagamento in contanti delle relative visite specialistiche, di conseguenza omettendo di rilasciare qualsiasi ricevuta fiscale nonché di versare all’azienda sanitaria la percentuale dovuta.

Nel merito, le Fiamme Gialle di Messina hanno rivolto particolare attenzione proprio alle fasi gestionali delle prenotazioni delle visite, riconciliandole con la riscossione dei ticket, poi intervistando anche i pazienti emersi dalle indagini i quali, nella quasi totalità dei casi, confermavano di aver effettivamente versato in contanti, nelle mani del professionista, importi dagli 80 ai 150 euro, senza aver effettuato alcuna prenotazione al C.U.P. (Centro Unico Prenotazioni) e senza ricevere, all’atto del pagamento, alcuna ricevuta delle somme pagate, quindi direttamente intascate dal medico.

IL PROVVEDIMENTO

I numerosi elementi di prova raccolti, pertanto, venivano sottoposti al competente Giudice del Tribunale di Messina il quale, all’esito del complessivo vaglio, riteneva i medesimi convergenti in termini di gravi indizi di colpevolezza, salvo diverse valutazioni giudiziarie nei successivi livelli e fermo restando il generale principio di non colpevolezza sino a sentenza passata in giudicato, anche ravvisando il concreto ed attuale pericolo di recidiva in ordine all’ipotesi di reato di peculato, così disponendo l’odierna misura cautelare della misura interdittiva della sospensione dall’esercizio della professione sanitaria per 1 anno, idonea ad inibire il M.F. dall’introitare indebitamente denaro pubblico.

NOTA

In conclusione, l’attività di servizio nello specifico comparto testimonia, ancora una volta, l’impegno profuso quotidianamente dalla Guardia di Finanza e dalla Procura della Repubblica di Messina al servizio della collettività, anche nell’importante settore della tutela della salute pubblica, affinché le risorse dei Cittadini siano destinate al benessere di tutti, senza sprechi e senza ruberie.

Adduso Sebastiano

(le altre informazioni regionali le trovi anche su Vivicentro – Redazione Sicilia)


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