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Castellammare di Stabia

Il primo libro di Francesco: “Nessun peccato è troppo grande per Dio”. PAOLO RODARI*

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span style="color: #252525; font-family: Arial, 'Helvetica Neue', Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; line-height: 23px;">CITTÀ DEL VATICANO. Un affondo profondissimo nel cuore del cristianesimo e, dunque, nell’essenza del pontificato di Francesco: Dio è misericordia, nessun peccato è troppo grande ai suoi occhi. È il succo del primo libro del Papa, “Il nome di Dio è misericordia” (Piemme), scritto col vaticanista Andrea Tornielli e che sarà presentato a Roma il 12 gennaio (data di uscita in contemporanea in 86 Paesi) con la presenza di Roberto Benigni e diretta di Tv2000.

Il primo libro di Francesco: "Nessun peccato è troppo grande per Dio"

Francesco l’ha sentito nel proprio intimo fin dall’inizio del suo pontificato: è questo il tempo propizio, il “kairòs” della misericordia. Non c’è n’è mai troppa nella Chiesa. E ricorda, Francesco, il suo predecessore Albino Luciani che in un’omelia parlò di padre Lepoldo Mandic che veniva accusato di essere troppo largo in confessionale: “È stato il Signore a essere largo”, rispose. “Bisogna entrare nel buio, nella notte che attraversano tanti nostri fratelli”, dice oggi Francesco. Bergoglio fa esempi concreti. Tre più di altri sorprendono, perché testimoniano la larghezza d’animo di un pastore che ha fatto sua l’idea che la Chiesa o è “prossima” alla gente – “propter homines” – o non è. Il primo è il racconto di una sua nipote che si è sposata civilmente con un uomo prima che lui potesse avere il processo di nullità matrimoniale. “Quest’uomo era tanto religioso – spiega il Papa – che tutte le domeniche andando a messa andava al confessionale e diceva: “Io so che lei non mi può assolvere, ma ho peccato in questo e quest’altro, mi dia una benedizione”. Questo è un uomo religiosamente formato”. Il secondo esempio è un ritorno sulle parole che il Papa disse di ritorno dal viaggio in Brasile nel 2013 a proposito delle persone omosessuali: “Chi sono io per giudicare?”. Francesco rivela che gli piace il fatto che “si parli di “persone omosessuali”: prima c’è la persona, nella sua interezza e dignità. E la persona non è definita soltanto dalla sua tendenza sessuale: non dimentichiamoci che siamo tutti creature amate da Dio, destinatarie del suo infinito amore. Io preferisco che le persone omosessuali vengano a confessarsi, che restino vicine al Signore, che si possa pregare insieme. Puoi consigliare loro la preghiera, la buona volontà, indicare la strada, accompagnarle”. “La Chiesa non è al mondo per condannare ma per accogliere”, dice Francesco. E di ciò si accorse una prostituta di Buenos Aires (terzo esempio). Ricevette dalla Caritas un pacco per Natale. Ringraziò Bergoglio non per il regalo, ma perché, gli disse, “lei non ha mai smesso di chiamarmi “signora””. È la delicatezza di un Papa che vuole prossimità, insistendo su misericordia e tenerezza di Dio, tratti salienti di un magistero che già al Concilio portarono a un nuovo inizio.

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