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Il caffè con la mafia da Palermo a Milano

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Investiva nel caffè la famiglia mafiosa Fontana della zona Acquasanta Arenella di Palermo, i cui vertici, usciti di galera, si erano stabiliti a Milano.

I finanzieri del nucleo di Polizia economico-finanziaria di Palermo, in collaborazione con il Servizio centrale investigazioni sulla criminalità organizzata, stanno eseguendo 6 ordinanze di custodia cautelare in carcere e il sequestro preventivo di due società. Il provvedimento è stato emesso dal gip del tribunale di Palermo su richiesta della Dda.

In manette – tra gli altri – è finita Rita Fontana, la figlia trentenne dello storico boss palermitano Stefano Fontana (morto nel 2012), e uno dei fratelli, Giovanni, di 41 anni. Gli altri arrestati sono: Gaetano Pensavecchia 58 anni, Filippo Lo Bianco (54), Michele Ferrante (36) e Domenico Passarello (43).

Su Facebook, Rita Fontana, la figlia trentenne dello storico boss palermitano (deceduto nel 2012), era al centro degli affari di famiglia, fra la Sicilia e Milano. Affari nella produzione e nella distribuzione di caffè. Pubblicava selfie sorridenti e foto di viaggi ma di fatto era sempre parecchio impegnata in affari riservati. Rita se ne stava Milano. Ufficialmente, lei e il fratello lavorano nello studio di un commercialista. E di tanto in tanto tornavano a Palermo. Per curare affari e per prendere soldi in contanti, che viaggiavano verso il Nord, dove si era trasferito anche il più autorevole dei quattro figli di Stefano, Gaetano (di recente, la polizia gli ha sequestrato una gioielleria nel quadrilatero della moda di Milano, che ha aperto dopo la scarcerazione). È stata arrestata questa mattina nella sua abitazione di Rozzano, centro dell’area metropolitana milanese, dagli investigatori del nucleo di polizia economico finanziaria di Palermo.

Imprenditore di mafia è ritenuto Gaetano Pensavecchia, anche lui finito in manette stanotte. Diceva (e non sospettava di essere intercettato): “La maledizione del Signore è che siamo in società con questi”. Le richieste dei mafiosi si facevano sempre più pressanti. Pensavecchia ripeteva: “E’ da due anni a questa parte, troppe cose male, troppe cose male, una cosa buona non mi è venuta”. E ancora: “Loro vogliono i soldi, che appena tu arrivi a 150 mila euro, ti dicono no, io rimango sempre socio”.

Secondo la ricostruzione della Guardia di finanza, Pensachevvia era perfettamente a conoscenza delle dinamiche mafiose. Diceva anche: “Ogni zona ha il suo parrino”. Fra l’Arenella e l’Acquasanta, operavano altri due fedelissimi dei Fontana, Filippo Lo Bianco e Michele Ferrante.

La società con Pensavecchia andava avanti dal 2014, era iniziata con un investimento di una cifra fra 150 mila e 300 mila euro, un tesoretto sfuggito ai sequestri. Soldi provenienti dalle estorsioni e dal traffico di droga, ma anche dai subappalti all’interno dei Cantieri navali di Palermo.

Tutte e sei le persone arrestate oggi sono accusate di aver gestito l’impero del clan dell’Acquasanta-Arenella, da sempre vicino a Totò Riina. I soldi di Cosa nostra erano stati investiti in due società palermitane che si occupano di caffè, la “Cafè Moka special di Pensavecchia Gaetano e c. snc” e la “Masai caffè srl”.

L’indagine nasce dalle dichiarazioni rese da due collaboratori di giustizia circa le attività di riciclaggio e reimpiego poste in essere dalla famiglia mafiosa dell’Acquasanta-Arenella. Le attività svolte hanno consentito di portare alla luce una vera e propria organizzazione finalizzata a gestire gli investimenti della famiglia mafiosa dei Fontana, i cui capi – usciti di galera – si erano trasferiti a Milano, dove avevano avviato altre attività, di recente sottoposte a sequestro di prevenzione. Gli arrestati sono accusati a vario titolo per i reati di riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, trasferimento fraudolento di valori, tutti con l’aggravante mafiosa. Mirate indagini bancarie e meticolose ricostruzioni patrimoniali hanno consentito di tracciare il rientro degli investimenti di capitali illeciti nella disponibilità dei Fontana, anche attraverso l’interposizione fittizia di diverse persone.

Nell’operazione sono impegnati oltre un centinaio di militari del Nucleo Pef di Palermo e Milano, con il supporto dello Scico di Roma, dei Gruppi di Milano e Palermo; impiegati anche le unità cinofile e un elicottero della Sezione Aerea di Palermo.

A

dduso Sebastiano

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