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Castellammare di Stabia

Di Matteo: “La politica è incapace di colpire i corrotti, troppi attacchi ai pm”

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Di Matteo, titolare dell’inchiesta sulla trattativa Stato mafia: ” Tutti gli sforzi vengono vanificati dal sistema della prescrizione che andrebbe riformato”

PALERMO. “Mafia e corruzione sono ormai facce della stessa medaglia – dice Nino Di Matteo – ma mentre i boss sono adeguatamente puniti, i corrotti che vanno a braccetto con i padrini sono garantiti da una sostanziale impunità dalla politica”. Il pubblico ministero del processo Stato-mafia riprende le parole di Piercamillo Davigo sui politici che “continuano a rubare e non si vergognano”, sulle difficoltà nelle indagini. Le definisce: “Parole chiare, coraggiose, la stragrande maggioranza dei magistrati la pensa così”. E rilancia: “Nei pochi casi in cui si riesce ad acquisire la prova di quei fatti di reato, tutti gli sforzi vengono mortificati dal sistema della prescrizione, che non si riesce a riformare”.

Perché, secondo lei?
“Probabilmente, una parte della politica trova conveniente l’eventualità di continuare a utilizzare la prescrizione come un comodo rifugio rispetto alla responsabilità dei delinquenti dal colletto bianco”.

Si è già riaperto un conflitto fra politica e magistratura?
“Non c’è stata e non c’è una guerra fra politica e magistratura. Una guerra evoca volontà e azione bilaterali. Piuttosto, negli ultimi 30 anni, con sfumature e governi di colore diverso, c’è stata un’offensiva organizzata, costante e abilmente condotta di una parte della politica contro una parte della magistratura, quella che si ispira esclusivamente al principio dell’eguaglianza di tutti innanzi alla legge”.

La politica critica i magistrati per certi processi che si concludono con un nulla di fatto. Perché le sembra un fatto anomalo?
“Tante assoluzioni o archiviazioni riguardanti esponenti politici fanno riferimento a rapporti accertati con mafiosi, dunque a dei fatti, che però non sono diventati reato. E la politica cosa fa? Si è dimostrata del tutto incapace di reagire, punendo con meccanismi di responsabilità interna coloro che cercano i mafiosi. È molto più facile attaccare i magistrati”.

La politica invoca le sentenza definitive.
“Questo non può essere un alibi. A prescindere dall’eventuale configurabilità di un reato, certe frequentazioni fra mafia e politica sono evidenti, e la politica ancora oggi non sa o non vuole capire. Non è un caso che negli ultimi dodici anni due presidenti della Regione Siciliana siano stati processati per mafia”.

Per colpire il voto di scambio politico mafioso, la politica ha avviato la riforma dell’articolo 416 ter.
“Considero quella riforma un’occasione persa. Le pene per il voto di scambio sono molto più basse di quelle previste per l’associazione mafiosa. Non si vuole capire la gravità estrema del patto elettorale mafioso. Ritengo che la nuova norma sia stata formulata male, con aspetti di equivocità”.

C’è stato già qualche banco di prova?
“Di recente è stato assolto un politico siciliano che era stato invece condannato per voto di scambio sotto il vigore della vecchia legge”.

Su cosa si potrebbe riaprire un tavolo di dialogo fra magistratura e politica per le riforme?
“Per prima cosa, la politica dovrebbe recuperare il messaggio di Pio La Torre, il segretario del Pci ucciso dalla mafia, e ispirarsi alla sua capacità di denunciare le collusioni del potere prima ancora delle inchieste della magistratura”.

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