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Crisi Pd, Renzi si dimette: “No ai ricatti”. Minoranza divisa in 12 schieramenti

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Roma Matteo Renzi formalizza le dimissioni da segretario del Partito Democratico e affonda: «Peggio della parola scissione c’è solo la parola ricatto. Fermiamoci ma poi dobbiamo ripartire». Bersani: «Alzato muro, non colto appello della minoranza» e, in collegamento dall’assemblea del Pd con ‘In Mezz’ora’ sui Rai tre, dichiara:

“Siamo a un punto certamente delicato. Una parte pensa che si va a sbattere, e con il Pd anche l’Italia. Non diciamo abbiamo ragione per forza, vogliamo mandare a casa Renzi per forza, diciamo che vogliamo poter discutere di una urgente correzione di rotta. Il segretario ha alzato un muro, ha detto si va avanti cosi, vuol dire fare un congresso cotto e mangiato in tre mesi dove non sarà possibile aprire discussione. Ma c’è ancora la replica da sentire”.

Bersani fa sapere, dunque, che la minoranza prenderà le sue decisioni dopo aver sentito la replica di Renzi ma la strada sembra tracciata. Prendere o lasciare?

“Io spero sempre nelle repliche – evidenzia Bersani – ho visto un dibattito pieno di sofferenza e buoni sentimenti, anche da parte di molti renziani. Sentiamo la replica. A me non convince questa cosa, lo dico sinceramente. Sono di sinistra e non sopporto di vedere un livello di desuguaglianza così aberrante. Sarà anche lui di sinistra, ma perdiamo rapporti con un pezzo di Paese. Lavoratori insegnanti e piccoli imprenditori non ci capiscono. Vediamo, non decido io”.

“Non possiamo affrontare a cuor leggero un tema come la divisione o altre scelte. Anche se ho sempre detto che da casa mia non mi butta fuori nessuno, se mi accorgo che non è più casa mia ma il partito di Renzi non saprei come fare“.

Minoranza della sinistra divisa in 12 schieramenti

/ansa


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