Il liceo linguistico di Cesena intitolato ad Ilaria Alpi, l’inviata del Tg3 uccisa a Mogadiscio il 20 marzo 1994 insieme al suo operatore Miran Hrovatin
Cesena – Il 7 febbraio 2019 il libro “Ciao, Ibtisam! Il caso Ilaria Alpi” della giornalista palermitana Serena Marotta, edito da Informazione libera, verrà presentato a Cesena presso il liceo linguistico, che sarà intitolo a Ilaria Alpi, l’inviata del Tg3 uccisa a Mogadiscio il 20 marzo 1994 insieme al suo operatore Miran Hrovatin. Saranno presenti Mariangela Gritta Grainer autrice della prefazione del libro e già presidente dell’associazione Ilaria Alpi, il giornalista Francesco Cavalli e per la casa editrice palermitana, l’editore Fabio Gagliano e la scrittrice Clotilde Alizzi, che collabora con la casa editrice. L’autrice del libro inchiesta sarà in collegamento da Palermo. Una splendida iniziativa quella che vedrà coinvolti gli studenti e i docenti in una mattinata dedicata a Ilaria. La tavola rotonda si terrà nell’aula magna della facoltà di Psicologia di Cesena a partire dalle 8.30 con le classi terze, quarte e quinte e si svolgerà su due turni alla presenza anche delle autorità. L’idea di intitolare il liceo all’inviata del tg3 uccisa a Mogadiscio 25 anni fa è stata dei docenti e dei 1030 studenti.
Il liceo linguistico, guidato dalla dirigente professoressa Valentina Biguzzi, conta 43 classi e 8 sezioni per un totale di 1030 studenti. L’idea di intitolare la scuola alla giornalista Ilaria Alpi è nata a ottobre del 2014 ed è stata approvata dal Consiglio che ha accettato la proposta fatta dal collegio dei docenti. Il ritardo nell’intitolazione è dipeso in parte dalla mancanza di una sede ufficiale e stabile per il liceo che è stato oggetto in questi anni di varie dislocazioni sino ad arrivare oggi a due sedi distinte nel complesso di piazza Sanguinetti, 44 di Cesena. La scuola ha anche deciso di adottare il libro inchiesta della giornalista palermitana Serena Marotta, che ricostruisce e racconta questi lunghi anni di depistaggi che hanno impedito sino ad oggi di arrivare ad avere verità e giustizia.
«Tutto ciò che emerge dai filmati e dai documenti su Ilaria Alpi è quello di una figura di donna e giornalista sempre pronta a mettersi in gioco in prima persona. Ilaria in mezzo alla gente, Ilaria che voleva conoscere la verità. Quindi proprio questa passione che lei aveva per la verità, questo suo desiderio di approfondire per andare al cuore dei problemi che l’hanno poi purtroppo portata ad incontrare la morte. Questo amore per la verità dei fatti, questa sua determinazione – spiega Valeria Bandini docente di Storia e Filosofia del liceo linguistico “Ilaria Alpi” – ci hanno portato a questa scelta di intitolare il liceo a lei perché abbiamo pensato che Ilaria sia un esempio altamente significativo per i nostri ragazzi che sono alla ricerca di un senso alto dell’esistenza, in un tempo in cui è così difficile trovarne un senso e appunto come spendere al meglio i propri talenti nel mondo però con questo alto significato esistenziale. Da qui la scelta di intitolare la scuola a Ilaria che esprime una sintesi significativa tra professionalità eccellente e una passione per le cose che ha fatto: un grande esempio di vita per i nostri ragazzi», conclude la docente.
Il libro “Ciao, IBTISAM! Il caso Ilaria Alpi”
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Ibtisam» è la traslitterazione della parola araba che significa sorriso. La scelta del titolo nasce dal desiderio di fare un omaggio a Ilaria Alpi, inviata del Tg3, che amava il mondo arabo. Ilaria che tutti ricordano proprio per quel sorriso che non l’abbandonava mai. Ilaria Alpi era una persona determinata, una «signora giornalista», una persona semplice e generosa. Ha tanto voluto quel viaggio, il settimo, l’ultimo. Con lei il 20 marzo 1994, a Mogadiscio, c’era l’operatore Miran Hrovatin di Videoest di Trieste. Quello è stato il loro ultimo viaggio. Sono passati ventiquattro anni da quell’esecuzione avvenuta per le strade di Mogadiscio. Ventiquattro anni senza conoscere la verità, tra depistaggi, false dichiarazioni, ritrattazioni. Ci sono stati tre processi e una Commissione d’inchiesta parlamentare per tentare di dare un volto e un nome a chi ha voluto questo duplice omicidio. Due tesi opposte si sono fronteggiate in questi anni: quella della sparatoria conseguente a un maldestro tentativo di rapina, nel quale emerge la figura del capro espiatorio Hashi (il somalo arrestato e poi liberato dopo anni di carcere) contro quella, ben più consistente, di un attentato premeditato per bloccare le inchieste che Ilaria stava conducendo in terra somala su un coacervo di traffici illeciti di armi e rifiuti, scomode anche per l’Italia. “Ciao, Ibtisam” mette insieme i tasselli di un mosaico. Una storia che ha visto susseguirsi e precedere una serie di morti sospette. Il libro si apre con il racconto di quei momenti: l’agguato a Ilaria e Miran. Dal secondo capitolo, invece, incomincia a tracciare il percorso seguito dagli inquirenti che si sono occupati delle indagini sino ad arrivare al processo di primo grado del 1999 contro il somalo Hashi Omar Hassan. Per passare poi a delineare i fatti di cronaca del periodo in cui viene commesso il duplice omicidio. Quindi si parla dei due processi, quello della Corte d’Appello del 20 ottobre 2000 e d’Appello-bis del 10 maggio 2002, che vedono imputato ancora lui: Hashi, detto “Faudo”. La penultima parte è dedicata invece al lavoro della Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Alpi-Hrovatin. Infine, l’ultimo capitolo ricostruisce le tappe di Ilaria e Miran nei dieci giorni trascorsi in Somalia: Mogadiscio, Balad, Merca, Johar, Bosaso, Gardo, Bosaso, Mogadiscio. Al libro è allegata la lettera che Giorgio Alpi, padre di Ilaria, ha scritto nel 2008 per ringraziare Serena Marotta per il «grande contributo a non dimenticare» svolto con il lavoro di questo libro, allora pubblicato come tesi di laurea.
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