4 Province coinvolte nella maxi operazione Petrolmafie Spa VIDEO

In corso, in 4 Province, una maxi operazione, “Petrolmafie Spa",finalizzata contro la ‘Ndrangheta. 70 arresti e sequestri per un miliardo di euro.

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In corso, in 4 Province, la maxi operazione Petrolmafie Spa, finalizzata contro la ‘Ndrangheta. 70 arresti e sequestri per un miliardo di euro. VIDEO

Sono in corso, decine di arresti da parte della Guardia di Finanza di Roma, Napoli, Catanzaro e Reggio Calabria, unitamente ai finanzieri dello S.C.I.C.O. e a quelli dei R.O.S coordinati dalle relative DDA e dall’antiterrorismo. Si sta dando esecuzione a provvedimenti cautelari, emessi al momento, verso una settantina di persone responsabili di reati che spaziano dall’associazione mafiosa alla frode fiscale e al riciclaggio, il tutto nel settore dei prodotti petroliferi.

Nel contempo, si sta anche provvedendo al sequestro di immobili, contanti e società per un ammontare di circa un miliardo di euro.

L’operazione è il prodotto finale di quattro diversi filoni di indagine, confluite poi, nella stessa maxi operazione, in quanto le dinamiche criminali portavano la stessa matrice, se pur sviluppate da soggetti diversi nei differenti territori.

Le mafie sono da tempo ben integrate nel tessuto delle nostre imprese. Così come altrettanto globale e’ la necessità di riciclare il denaro, frutto di traffici illeciti, non solo nella economia legale per “ripulirlo”, ma anche nell’economia criminale per produrre ulteriori proventi illeciti. In questo caso, spesso attraverso frodi fiscali nel settore degli oli minerali, sempre più spesso oggetto di attenzioni negli ultimi tempi.

Si credeva finora che si trattasse di un campo criminale riservato a “specialisti” ma non necessariamente legati a clan della criminalità organizzata.

La nefasta sinergia sprigionata invece, tra l’unione di mafie e colletti bianchi, ha reso possibile lo smisurato espandersi di quest’ultime, anche in settori precedentemente preclusi.

4 Province coinvolte

L’operazione Petrol Mafie S.p.A. ha fatto emergere una gigantesca convergenza sommersa, di strutture e pianificazioni mafiose che vanno dal business della commercializzazione illecita dei carburanti, al riciclaggio di centinaia di milioni di euro in società petrolifere intestate a soggetti insospettabili, i soliti “prestanome”, non meno colpevoli dei principali attori.

Sul campo oltre mille militari dei rispettivi Nuclei PEF e dello SCICO della Guardia di Finanza, nonché su Catanzaro dei ROS dei Carabinieri. Sul fronte camorristico, emerge la centralità del clan MOCCIA, in particolare nel controllo delle frodi negli oli minerali. Sul versante della ‘ndrangheta i clan coinvolti sono quelli dei PIROMALLI, CATALDO, LABATE, PELLE e ITALIANO nel reggino e BONAVOTA di S. Onofrio, gruppo di San Gregorio, ANELLO di Filadelfia e PISCOPISANI a Catanzaro.

4 Province coinvolte: le indagini delle DDA di Roma e Napoli.

Le indagini sull’infiltrazione camorristica delle DDA di Napoli e Roma, si sono dedicate al clan MOCCIA ed alla Max Petroli SRL.

Il sodalizio criminale denominato “clan MOCCIA” costituisce una tra le più potenti e pericolose organizzazioni camorristiche del panorama nazionale ed è notorio per l’abilità nello stringere affari con personaggi di rilievo nel settore quanto pubblico che privato.

Tra le indagini condotte dalla DDA di Napoli negli ultimi 15 anni sui MOCCIA, quella attuale ha mostrato innegabili evidenze dell’operato criminale, particolarmente sviluppato nel  settore strategico dei petroli”.

Questa attività, iniziata nel 2015 da una indagine del GICO della Guardia di Finanza di Napoli, su delega della DDA partenopea, riguardava inizialmente rilevanti investimenti del clan MOCCIA nei settori dell’edilizia e del mercato immobiliare. Antonio MOCCIA, si occupava personalmente attraverso i suoi contatti, oggetto di intercettazioni, di tessere affari criminali, con i seguenti soggetti coinvolti:

  1. L’imprenditore Alberto Coppola,
  2. i commercialisti Claudio ABBONDANDOLO
  3. Maria Luisa DI BLASIO
  4. il faccendiere Gabriele COPPETA.

COPPOLA utilizzava nelle sue relazioni commerciali la parentela col MOCCIA, presentandosi all’occorrenza come suo cugino. Lo stesso faceva il MOCCIA qualificando il COPPOLA pubblicamente come suo “cugino”.

Attraverso una serie di operazioni societarie, il gruppo entra in rapporti con la Max Petroli SRL, attualmente MADE PETROL ITALIA SRL – di Anna BETTOZZI, che aveva ereditato l’impero di Sergio DI CESARE, noto petroliere romano.

La BETTOZZI, trovandosi a gestire una società in grave crisi finanziaria, sfruttando le conoscenze di Coppola era riuscita a ottenere una grande liquidità da parte di vari clan di camorra, tra cui quelli dei MOCCIA e dei CASALESI, che le avevano consentito di risollevare le sorti dell’impresa, aumentando in modo esponenziale il volume d’affari, passato da 9 milioni di euro a 370 milioni in tre anni, come ricostruito dal III Gruppo “Tutela Entrate” della GDF di Roma su delega della DDA capitolina, anche grazie alla trasmissione da parte della Procura di Napoli delle proprie risultanze investigative, in totale osmosi informativa e piena condivisione del progetto.

Risulta che la BETTOZZI avrebbe sfruttato non solo il riciclaggio di denaro della camorra, ma anche i di questi, sistemi di frode.

Sono state costituite nel settore, oltre 20 società “cartiere” per effettuare compravendite simulate in modo tale da eludere le pretese erariali, rifornendo così i network delle “pompe bianche” a prezzi ben più concorrenziali.

Il successo imprenditoriale, risultato dell’attività criminale, consentiva ovviamente agli indagati di mantenere un elevato tenore di vita.

Nel Maggio 2019, la BETTOZZI fu fermata a bordo di una Rolls Royce alla frontiera di Ventimiglia, mentre si recava a Cannes per partecipare al Festival del cinema, in possesso anche di circa 300.000 euro in contanti.

Successivi accertamenti presso un lussuoso albergo a Milano dove soggiornava, portarono a rinvenire altri 1,4 milioni di euro in contanti, ora posti sotto sequestro.

I MOCCIA intanto, ponevano la base logistica per lo svolgimento delle attività fraudolente negli uffici napoletani di COPPOLA da dove venivano coordinate le commesse di materiale petrolifero e organizzato il vorticoso giro di fatturazioni, relative a operazioni fantasma.

Al gruppo criminale, infatti, una volta disposti i bonifici relativi al formale pagamento del prodotto energetico sorgeva la necessità di monetizzare in contanti le somme corrispondenti all’IVA non versata all’erario dalle società cartiere.

Per la raccolta delle ingenti somme liquide derivanti, il clan MOCCIA si avvaleva di una vera e propria organizzazione parallela, autonoma e strutturata, atta al riciclaggio di elevate risorse finanziarie, gestita da “colletti bianchi”, attiva sia sul territorio partenopeo che su quello romano. In pratica, le società “cartiere” gestite dal gruppo COPPOLA, una volta introitate le somme a seguito delle forniture di prodotto petrolifero, effettuavano con regolarità ingenti bonifici a società terze, simulando pagamenti di forniture mai avvenute.

L’attore dell’ultimo passaggio, mediante la propria organizzazione territoriale, provvedeva ai prelievi in contanti e alle restituzioni tramite “spalloni”. Per svolgere questa attività, il gruppo tratteneva per sé una percentuale su quanto incassato.

Si trattava perciò, di soldi provenienti dalle attività illecite dei clan, reinvestiti in un settore legale, ovvero i petroli, per produrre altri proventi illeciti attraverso le frodi fiscali. La crescita esponenziale dell’Illecito finisce per annichilire la concorrenza onesta, sia per i prezzi alla pompa impraticabili con una gestione corretta sia perché, sia perché gli imprenditori facevano retromarcia, una volta compreso che stavano competendo, non con concorrenti regolari ma bensì, pericolose associazioni malavitose.

Per il territorio di Roma, ci si avvaleva anche di altri soggetti, posti a gestire piccoli gruppi di persone, le cui mansioni erano quelle di effettuare continui prelievi di contanti (in misura frazionata) su conti correnti postali intestati a società cartiere e/o a soggetti prestanome. Tali risorse finanziarie in contanti, una volta raccolte, venivano tratte nell’area napoletana, e fatte pervenire, tramite “spalloni”, ai riciclatori romani, che avrebbero poi provveduto a consegnarli ai “clienti”. Fra questi, proprio il gruppo societario facente capo ad Alberto COPPOLA e Antonio MOCCIA, a perfetta chiusura del cerchio di riciclo di denaro.

Attualmente quindi, Antonio MOCCIA, Alberto COPPOLA e Anna BETTOZZI risultano  gravemente indiziati di aver stretto un accordo societario per la commissione di illeciti, del quale hanno beneficiato tutti i soggetti coinvolti; il rapporto con COPPOLA Alberto è stato fondamentale per la BETTOZZI in quanto l’uomo è subentrato nell’azienda in un momento di evidenti difficoltà economiche e gestionali dovute anche ai problemi di salute del marito Sergio DI CESARE. La BETTOZZI, è risultata donna scaltra e molto ben inserita negli ambienti del potere imprenditoriale e criminale capitolino ma non all’altezza di costituire del tutto il coniuge, petroliere di collaudata esperienza. Lo scellerato patto con COPPOLA e MOCCIA, ha apportato agli affari comuni la competenza “del COPPOLA e le provviste finanziare per il sostegno del potere mafioso del MOCCIA, ambedue ricercate dal mondo affaristico romano.

Dalle indagini napoletane, si evince la rilevanza del business dei MOCCIA nel settore degli oli minerali, nel quale quel clan era diventato egemone proprio grazie ai prezzi competitivi ottenuti con le frodi, provocando reazioni anche violente da parte di altri clan della camorra.

Il COPPOLA subisce due attentati a seguito dei quali non esita a chiedere aiuto al suo referente e sbandierato parente Antonio MOCCIA il quale si attiva imponendo una pax mafiosa imposta dai MOCCIA e suggellata con la cessione di una quota dell’impianto di carburanti al clan MAZZARELLA.

4 Province coinvolte: le indagini sulla ‘ndrangheta. La DDA di Catanzaro.

Sul versante della ‘ndrangheta, l’indagine, avviata nel giugno 2018 dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro , Direzione Distrettuale Antimafia, quale naturale prosecuzione dell’operazione “Rinascita-Scott”, si è incentrata sulle figure di taluni imprenditori vibonesi, attivi nel settore del commercio di carburanti, ritenuti espressione della cosca MANCUSO di LIMBADI, nonché collegati alla ‘ndrangheta sviluppata, sia nella Provincia di Vibo Valentia con i BONAVOTA di S. Onofrio, gruppo di San Gregorio, ANELLO di Filadelfia e i PISCOPISANI, sia nel “reggino” con la cosca PIROMALLI, la cosca ITALIANO di
Delianuova e la cosca PELLE di S. Luca.

In particolare, sono stati accertati due sistemi di frode, riguardanti il commercio del gasolio, attraverso il coinvolgimento di 12 società, 5 depositi di carburante e 37 distributori stradali, organizzati e messi in atto proprio dagli indagati.

La lunga attività investigativa ha fatto emergere gravi indizi a carico di soggetti mafiosi che, grazie alla collaborazione di imprenditori titolari e gestori di attività economiche dislocate in Sicilia ed operanti nel medesimo settore, avrebbero costituito, organizzato e diretto un’associazione per delinquere, con base a Vibo Valentia e finalizzata alla evasione dell’IVA e delle accise su prodotti petroliferi.

L’associazione avrebbe commesso innumerevoli reati fiscali ed economici che vanno dal contrabbando di prodotti petroliferi, l’emissione e utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, l’interposizione di società “cartiere”, la contraffazione e utilizzazione di Documenti di Accompagnamento Semplificati (DAS), il riciclaggio, il reimpiego in attività economiche di proventi illeciti, l’auto-riciclaggio, il trasferimento fraudolento di valori ed altri ancora.

Il sistema di frode consisteva nell’importazione, perlopiù dall’est-Europa, di prodotti petroliferi artefatti e oli lubrificanti, successivamente immessi in commercio come gasolio per autotrazione, con conseguenti cospicui guadagni dovuti al differente livello di imposte. I prodotti venivano, quindi, trasportati, con documentazione di accompagnamento falsa, presso i diversi siti di stoccaggio nella disponibilità dell’associazione, ubicati in Maierato (VV) e Santa Venerina (CT), pronti per essere immessi sul mercato, sia legale che illegale, come “gasolio per autotrazione”, categoria merceologica di maggiore valore, soggetta ad
un’accisa superiore, con notevole margine di guadagno.

In tal modo, dal 2018 al 2019, sono stati movimentati circa 6.000.000 di litri di gasolio per autotrazione di provenienza illecita, ai quali corrisponde un’evasione di accisa pari ad euro 5.766.018,60.

Sono stati inoltre accertati episodi di omessa dichiarazione dell’IVA, con un’evasione pari ad euro 661.237,86.

I reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti ammontano ad euro 1.764.022,27, nonché di omesso versamento di IVA per euro 1.729.586,00.

Altra tipologia di frode, riconducibile a una seconda associazione per delinquere, contemplava lo strumentale ricorso al deposito fiscale romano dalla società MADE PETROL ITALIA S.r.l. e sarebbe stata anch’essa promossa e organizzata a Vibo Valentia, con il contributo degli stessi imprenditori vibonesi e con la partecipazione di indagati principalmente romani e napoletani, a loro volta inseriti in associazioni camorristiche napoletane. In questo caso, gli associati acquistavano, dal suddetto deposito, ingenti quantitativi di prodotto petrolifero, formalmente riportato sui documenti come “gasolio agricolo”, soggetto ad imposizione di favore, movimentando in realtà vero e proprio “gasolio per autotrazione”, con consistente fraudolento risparmio di spesa ed elevatissimi margini di guadagno.

Tutti perseguivano obiettivi di lucro, evasione d’imposte e illeciti guadagni, emettendo fatture per operazioni inesistenti, simulando la titolarità o la gestione di società “cartiere” in capo a terzi, utilizzando documentazione mendace, riciclando in attività economiche, denaro provento di attività illecita e via di questo passo.

Anche in questo ulteriore canale di contrabbando, peraltro, è risultata coinvolta una compagine catanese, facente capo a soggetti già implicati in precedenti attività investigative, quali imprenditori di riferimento delle famiglie mafiose di Catania dei clan MAZZEI e del clan dei PILLERA.

Negli anni 2018 e 2019, mediante il citato sistema illecito, sono stati movimentati, oltre 2.400.000 litri e oltre 1.900.000 litri di prodotto petrolifero, con un’evasione di accisa per euro 1.862.669,29 e un’evasione di IVA per euro 618.589,68 per omessa dichiarazione, oltre alla emissione di fatture per operazioni inesistenti per euro 249.826,97.

In tale frangente, inoltre, sarebbe emerso il solido collegamento tra i vibonesi e i gestori di un deposito fiscale, sito in Locri, ove i sodali campani e siciliani avevano interesse ad avviare stabili commerci, al fine di sviluppare ulteriori remunerative forme di illeciti.

Nella rete di contrabbando di prodotti petroliferi e conseguente riciclaggio, poi, gravi indizi portano al coinvolgimento anche di esponenti di primo piano della cosca MANCUSO, quali gestori (seppure per interposta persona) di impianti di distribuzione di carburante.

Ulteriore conferma della capillare diffusione del fenomeno criminale scoperto e della capacità di propagazione dello stesso, si ritrovano nel segmento investigativo che ha messo in luce il tentativo, sempre ad opera degli imprenditori vibonesi, congiuntamente agli esponenti di spicco della famiglia MANCUSO, di aprire nuovi canali di importazione di carburante direttamente in Calabria, mediante l’avvio di trattative col rappresentante di un importante gruppo petrolifero internazionale, appositamente giunto in Calabria.

È stato possibile, infatti, monitorare l’incontro, tra tutti i predetti, nel corso del quale si trattava della realizzazione di un ambizioso progetto ingegneristico e commerciale, consistente nella realizzazione di un deposito fiscale-costiero di prodotti petroliferi, nell’area industriale di Portosalvo (VV), da collegare, attraverso una condotta sottomarina, ad una grande cisterna galleggiante, da collocare al largo della costa vibonese, progetto ardito che avrebbe forse mostrato risultati migliori del Mose di Venezia.

In ultimo, ma non meno rilevante, l’indagine ha messo in luce gli interessi della criminalità organizzata vibonese nel settore edile, nel quale risultano evidenti gli indizi del totale controllo mafioso, da parte delle maggiori consorterie attive sul territorio, ovvero i MANCUSO, BONAVOTA, FIARE’, RAZIONALE-GASPARRO e ANELLO soprattutto nelle forniture di calcestruzzo, per i maggiori cantieri all’opera nel territorio della provincia di Vibo Valentia.

4 Province coinvolte: le indagini sulla ‘ndrangheta. La DDA di Reggio Calabria.

A Reggio Calabria, sempre oggi, sono giunte alla fine complesse indagini condotte dal G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Reggio Calabria e dal Servizio Centrale I.C.O. di Roma, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, che hanno riguardato una struttura organizzata, attiva nel commercio di prodotti petroliferi, gravemente indiziata di aver utilizzato sistemi di frode allo scopo di evadere le imposte, in modo fraudolento e sistematico, attraverso l’emissione e l’utilizzo
improprio delle c.d. “Dichiarazioni di Intento”, sotto la direzione strategica di un commercialista e con la compiacenza di soggetti esercenti depositi fiscali e commerciali, sotto il controllo capillare dell’organizzazione criminale di tutta la filiera della distribuzione del prodotto petrolifero, dal deposito fiscale ai distributori.

Le investigazioni puntavano a far emergere gli interessi della ‘ndrangheta, di “cosa nostra” e della camorra, nella gestione del business dei prodotti petroliferi su tutto il territorio nazionale.

Tra i principali membri apicali del sodalizio spiccano:
  1. RUGGIERO Vincenzo cl ‘35 e RUGGIERO Gianfranco cl’ 61, espressione imprenditoriale della cosca di ‘ndrangheta “PIROMALLI” operante nel mandamento tirrenico della provinciale di Reggio Calabria e, segnatamente, nel locale di Gioia Tauro.
  2. CAMASTRA Giovanni cl’ 64 e CAMASTRA Domenico cl’ 71 e le entità giuridiche agli stessi riconducibili, espressione imprenditoriale della cosca di ‘ndrangheta “CATALDO” operante nel mandamento ionico della provinciale di Reggio Calabria e nel locale di Locri. Gli stessi sono stati, anche al servizio di varie cosche di ‘ndrangheta, quali i PELLE di San Luca, gli AQUINO di Gioiosa Ionica, i CORDI’ di Locri e i FICARA-LATELLA di Reggio Calabria.
  3. DEL LORENZO Giuseppe cl’ 75, contiguo alla cosca “LABATE” dominante nella zona sud di Reggio Calabria.

Le società investigate (“cartiere”), affermando fraudolentemente di possedere tutti i requisiti richiesti al fine di poter beneficiare delle agevolazioni previste dalla normativa di settore, presentando alla ITALPETROLI S.p.A. di Locri, la relativa dichiarazione di intento per l’acquisto di prodotto petrolifero senza l’applicazione dell’IVA. Il prodotto così acquistato, a seguito di diversi passaggi societari, veniva poi ceduto, a prezzi concorrenziali, a selezionati clienti. l’acquisto veniva effettuato, senza applicazione dell’IVA, da imprese cartiere che, prive dei requisiti richiesti dalla normativa di settore, presentavano false dichiarazioni d’intento.

Formalmente amministrati da prestanome nullatenenti, erano riconducibili e gestiti direttamente dall’organizzazione criminale stessa.

Le società “cartiere”, operavano sul territorio calabrese, campano e siciliano, attraverso broker, i quali vendevano ai clienti finali a prezzi al di sotto del valore di mercato,  fruttando indebitamente il vantaggio economico dell’IVA non versata.

In merito, l’organizzazione investigata, a seguito di un controllo fiscale nei confronti dell’ITALPETROLI S.p.A., ha adottato una serie di accorgimenti che hanno portato ad una variazione del sistema fraudolento optando per la drastica soluzione di omettere il versamento dell’imposta sul valore aggiunto e sulle accise e, di conseguenza, mandando di conseguenza in default il deposito.

4 Province coinvolte: deposito definitivamente in default.

Emerso quindi, un giro di false fatturazioni per un ammontare imponibile complessivo pari ad oltre 600 milioni di euro e IVA dovuta pari ad oltre 130 milioni di euro.

L’omesso versamento di accise per circa 31 milioni di euro, con tanto di documenti falsi all’Agenzia delle Dogane e falsi modelli F24 attestanti il pagamento delle accise dovute dalla ITALPETROLI S.p.A. per il mese di marzo 2019, per un importo di circa 11 milioni di euro.
Nel mese di maggio del 2019, a riscontro all’attività investigativa, è stata sequestrata la somma contante di 1.086.380,00 di euro, occultata all’interno di un’autovettura appositamente modificata all’uopo.

I proventi illeciti, così ripartiti dai membri dell’organizzazione, sarebbero stati in quota parte, nuovamente reinvestiti nel medesimo circuito criminale o impiegati in altre attività
Finanziarie o imprenditoriali determinando quel giro di riciclaggio ed auto riciclaggio, per un importo complessivo pari ad oltre 173 milioni di euro. Di questi, oltre 41 milioni di euro veniva riciclato su conti correnti esteri riconducibili a società di comodo bulgare, rumene, croate e ungheresi, per poi rientrare nella disponibilità dell’organizzazione medesima, una volta finiti i giri di centrifuga.

Riepilogo generale dei reati contestati e dei provvedimenti eseguiti al momento.

TOTALE COMPLESSIVO MISURE PERSONALI: N. 71 (56 OCC + 15 FERMI)
TOTALE SEQUESTRI: 946.500.000 euro

4 Province coinvolte: DDA NAPOLI

Misure cautelari personali nei confronti di n. 10 soggetti, di cui 6 arresti in carcere e 4 arresti domiciliari.

Sequestri per circa 4.500.000 euro.

Reati ipotizzati: art. 416 bis (associazione di tipo mafioso), 416 bis 1. (circostanza aggravante per reati connessi ad attività mafiose), 512 bis (trasferimento fraudolento di valori), 513 bis (illecita concorrenza con minaccia o violenza), 629 (estorsione) in relazione al 628 comma nn.1 e 3, 648 bis (riciclaggio), 648 ter (impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita), 648 ter.1 (auto-riciclaggio), 240 bis (confisca per sproporzione), 110 (concorso nel reato), 56 (tentativo) e 81 c.p.v. c.p. e artt. 10, 12 e 14 L. 497/74 (detenzione e porto illegale di armi).

Hanno operato 220 Finanzieri del Comando Provinciale Napoli.

Destinatari dei provvedimenti cautelari:

CUSTODIA CAUTELARE IN CARCERE

1. COPPETA Gabriele, nato ad Afragola il 04.04.1965;
2. COPPOLA Alberto, nato a Napoli il 19.07.1967;
3. D’AMICO Salvatore alias “O’ Pirata”, nato a Napoli il 01/08/1973;
4. LIBERTI Domenico, nato a Napoli il 26.03.1969;
5. MAZZARELLA Francesco, nato a Napoli il 14.05.1971;
6. VIVESE Giuseppe, nato a Napoli il 06.08.1983.

AGLI ARRESTI DOMICILIARI:

7. ABBONDANDOLO Claudio, nato a Napoli il 22.12.1972;
8. COPPOLA Silvia, nata a Torre del Greco (NA) il 23.02.1995;
9. DI BLASIO Maria Luisa, nata a Napoli il 21.11.1950;
10. FIANDRA Aldo, nato a Casoria (NA) il 20.04.1960;

4 Province coinvolte: DDA ROMA

Misure cautelari personali nei confronti di n. 23 persone, di cui10 in carcere e 13 agli arresti domiciliari.

Sequestrati oltre 200 milioni di euro.

Reati ipotizzati: associazione per delinquere costituita per la commissione di plurimi reati tributari, illecita commercializzazione di prodotti petroliferi, riciclaggio ed auto riciclaggio, anche al fine di agevolare le attività di associazioni di tipo mafioso.

Hanno operato 200 Finanzieri del Comando Provinciale Roma.

Destinatari dei provvedimenti cautelari:

CUSTODIA CAUTELARE IN CARCERE

1. AURIEMMA Ferdinando, nato a Caserta il 19.02.1979;
2. BETTOZZI Anna, nata a Roma il 27/07/1958;
3. BETTOZZI Filippo Maria, nato a Roma il 02/09/1987;
4. COPPOLA Alberto, nato a Napoli il 19.07.1967;
5. D’AGOSTINO Felice, nato a Terlizzi (BA) il 3.02.1982;
6. MERCADANTE Giuseppe, nato a Caserta il 13.01.1979;
7. MOCCIA Antonio, nato ad Afragola (NA) il 13.06.1964;
8. STRINA Roberto, nato il 20.12.1980;
9. SCHIAVONE Armando, nato a Capua (CE) il 07.12.1974.
10. VIVESE Giuseppe, nato a Napoli il 06.08.1983.

ARRESTI DOMICILIARI

11. CIUCCIO Raffaele, nato ad Afragola (NA) il 19.06.1964;
12. COPPOLA Eduardo, nato Napoli il 16.12.1962;
13. COPPOLA Roberta, nata a Torre del Greco (NA), il 02.03.1998;
14. COPPOLA Silvia, nata a Torre del Greco (NA) il 23.02.1995;
15. DEL BENE Vittorio, nato a Nocera Inferiore (SA) il 05.02.1981;
16. DI CESARE Virginia, nata a Roma il 25.09.1993;
17. D’APOLITO Ilario, nato a Vallo della Lucania (PZ) il 13.07.1982;
18. DI FENZA Luigi, nato a Napoli il 22.02.1954;
19. LIBERTI Domenico, nato a Napoli il 26.03.1969;
20. LIONE Marco, nato a Napoli il 31.07.1973;
21. SALVI Stefano, nato a Roma il 08.10.1979.
22. SPADAFORA Gennaro, nato a Torre del Greco (NA) il 28.10.1974;
23. TOSCANO Claudio, nato a Napoli il 13.02.1966.

4 Province coinvolte: DDA di CATANZARO

Fermo per indiziato di delitto nei confronti di n. 15 indagati. Sequestri per un valore complessivo di 142 milioni di euro.

Reati ipotizzati: associazione per delinquere di tipo mafioso (‘Ndrangheta), estorsione, riciclaggio, intestazione fittizia di beni, aggravati dalle modalità mafiosa, nonché associazione per delinquere finalizzata all’evasione dell’IVA e delle Accise sui prodotti petroliferi destinati al consumo.

Hanno operato 250 Finanzieri del Comando Provinciale Catanzaro e 400 Carabinieri.

Nel dettaglio le forze impiegate nell’operazione sono militari del ROS e del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia
di Finanza di Catanzaro, con il supporto, nella fase esecutiva, dei Comandi territoriali competenti, nonché del XIV Battaglione Carabinieri “Calabria”, dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Calabria” e del G.I.S. (Gruppo Intervento Speciale), per l’esecuzione ad un Decreto di Fermo nei confronti di 15 indagati.

Gli stessi militari per l’esecuzione di un Decreto di sequestro emesso in via d’urgenza dalla medesima Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro – Direzione Distrettuale Antimafia, di beni ubicati nelle province di Catanzaro, Vibo Valentia, Reggio Calabria, Crotone, Napoli, Salerno, Verona, Catania, Palermo, Messina, Ragusa, Siracusa, Caltanissetta, riconducibili principalmente a società di capitali e a ditte individuali operanti nel settore del commercio di carburanti e dei trasporti, oltre a numerosi beni immobili, per un valore complessivo di 142 milioni di euro e in particolare di

15 imprese operanti nel settore del commercio di carburanti che hanno in gestione 6 depositi e 30 distributori di carburante;

  • 8 imprese edili,
  • 2 imprese di trasporti,
  • 1 società di commercio veicoli,
  • 2 imprese del settore agricolo,
  • 6 società di servizi vari oltre a 161 beni mobili,
  • 249 immobili (tra i quali terreni, appartamenti e ditte).

Destinatari dei provvedimenti di fermo:

1. AGOSTA Alberto Pietro, cl.’86 di Sant’Agata Li Battiati (CT)
2. ANELLO Francescantonio, cl.89 di Filadelfia (VV)
3. BORRIELLO Luigi, cl.’75 di San Giorgio a Cremano (NA)
4. D’AMICO Antonio, cl.’64 di Vibo Valentia
5. D’AMICO Giuseppe cl. 72 di Vibo Valentia
6. GIORGIO Salvatore cl.’74 di Chiaravalle Centrale (CZ)
7. MANCUSO Francesco, cl. 57 di Limbadi (VV)
8. MANCUSO Silvana, cl. 69, di Limbadi (VV)
9. MONTELEONE Francesco, cl. 85, di Vibo Valentia,
10. PADURET Irina, cl. 86, di Milano,
11. PORRETTA Francesco Saverio, cl. ’74, di Milano,
12. PUGLIESE Rosamaria, cl.’75, di Nicotera,
13. RIGILLO Domenico, cl.’72 di San Vito Sullo Ionio (CZ),
14. RUCCELLA Giuseppe, cl. 81 di Filogaso (VV)
15. TIRENDI Alessandro Primo, cl.’82 di Gravina di Catania (CT).

4 Province coinvolte: DDA di REGGIO CALABRIA

Misure cautelari personali nei confronti di n. 23 persone fra le quali 19 in carcere e 4 agli arresti domiciliari.

Sequestri per oltre 600 milioni di euro.

Reati ipotizzati: associazione di stampo mafioso, associazione per delinquere aggravata dall’agevolazione mafiosa, frode fiscale, riciclaggio e ricettazione.

Hanno operato 500 Finanzieri del Comando Provinciale Reggio Calabria e dello S.C.I.C.O. di Roma con il supporto di altri Reparti del Corpo, nelle province di Reggio Calabria, Catanzaro, Vibo Valentia, Catania, Foggia, Caserta, Salerno, Napoli, Frosinone, Roma, Firenze, Reggio Emilia, Parma, Milano, Torino, Novara e Varese, e, con la collaborazione di organi collaterali esteri e delle autorità giudiziarie straniere coordinate da EUROJUST e INTERPOL in Germania, Bulgaria, Ungheria, Romania, Malta e Spagna.

Destinatari dei provvedimenti cautelari:

CUSTODIA CAUTELARE IN CARCERE

1. RUGGIERO Gianfranco cl. ‘61,
2. DE LORENZO Giuseppe cl. ‘75,
3. CASILE Antonio cl. ‘69,
4. CAMASTRA Giovanni cl. ‘64,
5. CAMASTRA Domenico cl. ‘71,
6. BONAFORTUNA Cosimo cl. ‘75,
7. SABATINO Salvatore cl. ‘69,
8. ANASTASIO Camillo cl. ‘64,
9. ANASTASIO Mattia cl. ‘91,
10. DE MAIO Luigi cl. ‘80,
11. MUROLO Roberto cl. ‘79,
12. GITANO Mario cl. ‘85,
13. DEVOTO Luigi cl. ‘91,
14. AMOROSO Salvatore cl. ‘66,
15. CEPOLLARO Raffaele cl. ‘88,
16. LEONARDI Sergio cl. ‘78,
17. FABRETTI Carmelo cl. ‘80,
18. BARBARINO Eugenio cl. ’84
19. ROMEO Orazio cl. ‘69.

ARRESTI DOMICILIARI

1. MORABITO Francesco Stefano cl. ‘64,
2. DI MAURO Antonio cl. ‘74,
3. ZECCATO Carla cl. ’68
4. GRIPPALDI Antonino cl. ‘68.

Finito lo tsunami di indagini, informazioni, nomi, capi d’accusa e quant’altro, ci sentiamo certo disorientati e attoniti di fronte alla portata dell’onda gigante di oggi.

Se spesso ci chiediamo cosa facciano gli strapagati assenteisti della politica, certo non formuleremo pensieri simili sui nostri uomini impegnati sul fronte dell’Antimafia.

Anni di indagini incrociate, ogni giorno nuovi arresti, il maxi-processo che avanza anche grazie a nuovi Collaboratori di Giustizia.
Che dire? Il nostro pensiero, va sempre a questi eroi che da tempo hanno rinunciato a vivere una vita normale, rischiandola ogni giorno per noi. La guerra è in atto da tempo immemore e vive una fase critica per tutti i fronti. Oggi i vincitori sono loro, siamo noi…

Ogni benedizione e protezione ai nostri eroi al fronte, Carabinieri, Poliziotti, Forze Speciali, Magistrati, Prefetti, Collaboratori di giustizia, uomini onesti e sognatori in genere. Grazie di esistere.

Francesca Capretta /  Redazione

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