A conti fatti il localismo non paga

Franco Bruni, nel suo editoriale, ragiona sull’efficacia degli interventi economici a livello comunitario e sostiene che,...

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Franco Bruni, nel suo editoriale, ragiona sull’efficacia degli interventi economici a livello comunitario e sostiene che, “a conti fatti il localismo non paga”

Il localismo non paga dividendo

I desideri di autonomie locali e nazionali in Europa hanno giustificazioni storiche e culturali molto più serie delle grida di chi le strumentalizza per cercare spregiudicatamente voti a buon mercato sfruttando, come osserva Maurizio Molinari nell’editoriale di ieri, l’inettitudine delle leadership «incapaci di comprendere lo scontento dei propri cittadini». In qualche misura sono desideri che rispondono anche a esigenze di efficacia economica e amministrativa, perché auspicano decisioni decentrate, più adatte ai diversi contesti geo-socio-politici.

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Per questo i Trattati europei, pur mirando a «un’unione sempre più stretta», contengono un principio essenziale nelle democrazie moderne, il cosiddetto principio di sussidiarietà, secondo cui «le decisioni sono prese il più vicino possibile ai cittadini», accentrando – ai livelli nazionale o, ancor più in su, europeo – solo quelle «i cui obiettivi non possono essere sufficientemente realizzati» dalle autonomie politiche dei livelli decentrati.

Fatto sta però che l’evoluzione dell’economia degli ultimi decenni tende a ridurre i vantaggi del decentramento, a limitarli ad ambiti più ristretti, a renderne più difficile e controversa l’individuazione.

Ciò avviene per vari motivi: dalla crescente esigenza di infrastrutture per servire la mobilità interregionale e internazionale delle persone, delle merci e dei servizi, alle interazioni fra gli sviluppi globali della tecnologia e le dinamiche geografiche della concorrenza commerciale. L’unità dello spazio economico diviene più evidente e impone politiche economiche più accentrate. L’integrazione economica accelera e per guidarla vanno superati i poteri locali.

Ciò che traina di più l’accentramento delle politiche economiche è l’enorme aumento della mobilità dei capitali, della moneta, del credito. Essa punisce i localismi facendo scappare il denaro, le imprese, le banche da dove essi radicalizzano le loro rivendicazioni, anche se si tratta di luoghi tradizionalmente prosperi e favorevoli al «capitalismo». Lo stanno scoprendo in questi giorni sia Barcellona che Londra.

I circuiti finanziari, per loro natura, cercano ampi spazi omogenei. Dove condizioni e regole non sono uniformi, isolano spietatamente i luoghi che considerano meno favorevoli. I poteri locali sono allora indotti a trattenerli, muovendo norme e politiche a loro favore, con una gara a chi è più gradito ai mercati finanziari. Ed è questa gara che finisce per concedere eccessivo potere alla finanza, deludendo proprio il desiderio di primato della politica e dell’autonomia che ha dato il via alla gara. Perché la politica possa governare la finanza , molte delle sue decisioni (monetarie, fiscali, di regolazione dei mercati) debbono essere accentrate, per certi aspetti addirittura a livello mondiale. La politica chilometro-zero non può che soccombere servilmente alla finanza globalizzante.

Qualcuno potrebbe pensare all’alternativa di limitare la mobilità del denaro, delle imprese, della finanza, per difendere l’efficacia dell’autonomia politica. Ma chi si chiude suscita ancora più sfiducia, l’isolamento dei localismi si autoalimenta, diviene incontrollabile, emarginante, costringe a forme di autarchia che impoveriscono e finiscono per minare pericolosamente le basi del consenso democratico.

Ci sono dunque sorprendenti contraddizioni fra autonomia politica e società aperta. Sono contraddizioni delicate, da affrontare con pragmatismo e moderazione, senza radicalismi. Applicare il principio di sussidiarietà rimane essenziale ma difficile. E’ drammatico e foriero di delusioni il semplicismo con cui il Regno Unito sogna di uscire dall’Europa ma rimanere il campione mondiale dell’apertura economica. Così com’è impossibile una Catalogna che vuole essere una regione intimamente europeista mentre agita la sua autonomia in modo ostile contro Madrid.

Twitter @francobruni7

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