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Tre operai morti a Milano mentre pulivano un forno

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Tre operai sono morti intossicati mentre pulivano un forno dentro un’azienda metalmeccanica di Milano. Un altro collega è ricoverato in gravissime condizioni. Una strage sul lavoro che riapre il dibattito sulla sicurezza. La prima ipotesi fa pensare a una fuoriuscita di azoto. “I corpi erano riversi a terra senza mascherine, è inspiegabile” raccontano i testimoni.

Intossicati mentre pulivano il forno: tre operai morti e uno in fin di vita

Milano, incidente in un’azienda specializzata in acciai. L’ipotesi: fuoriuscita di gas metano

MILANO – Sono da poco passate le 16 e 50 di ieri pomeriggio. Via Rho è una strada stretta costruita nel dopoguerra a Milano. Dietro a una palazzina color mattoni, la Lamina, azienda della famiglia Sammarchi, specializzata in acciai. Il capo produzione, Arrigo Barbieri, 57 anni, e un elettricista di una ditta esterna, Marco Santamaria, 43, stanno facendo manutenzione in una fossa che contiene un forno interrato per un paio di metri. Per arrivarci, è necessario scendere una decina di scalini. L’operazione si complica, forse per una fuoriuscita di azoto. L’allarme nella campana, secondo le prime ricostruzioni, non sarebbe scattato.

A

ltri operai raccontano che c’era «zero ossigeno». Due colleghi, all’esterno, si accorgono che hanno dei problemi. Prima chiamano i soccorsi, poi provano ad aiutarli. Il fratello di Barbieri, Giancarlo, 61 anni, considerato l’uomo di fiducia dell’azienda, a pochi mesi dalla pensione, vede che il fratello è in difficoltà, e scende nella fossa, poi prova subito a risalire ma sviene in pochi secondi e riprecipita nella campana. Cerca di dargli una mano Giuseppe Setzu, 48 anni, ma le esalazioni lo lasciano privo di sensi. Secondo i colleghi, passano molti minuti prima dell’arrivo dell’ ambulanza. I quattro vengono portati in diversi ospedali in arresto cardiaco. Poco dopo il ricovero, per tre viene dichiarato il decesso (Arrigo Barbieri, Marco Santamaria e Giuseppe Setzu). ll quarto, Giancarlo Barbieri, resta in gravissime condizioni, mentre altri due non sarebbero in pericolo di vita.

«Non so se avevano le mascherine», racconta un collega che lavorava poco distante. Di certo, l’aria nel forno era satura, quello che è successo poi, lo stabiliranno le indagini coordinate dal procuratore aggiunto, Tiziana Siciliano e dal pm, Gaetano Ruta.

Qui, nella periferia nord di Milano, i dipendenti della Lamina giurano che in fabbrica, la sicurezza è sempre stata una priorità, con corsi sistematici, attrezzature idonee, nessun grave incidente nei sessantanove anni di storia. Laminati, acciai e nastri sottili di titanio, una produzione che impegna poco più di 30 dipendenti. Oltre il 50 per cento dei prodotti, viene esportato. La ditta adesso è stata posta sotto sequestro.

«Dobbiamo capire cosa è successo», spiega sul posto Roberta Turri, segretaria milanese della Fiom. «I colleghi ci hanno spiegato che quando sono intervenuti la campana del forno era priva di ossigeno». Turri annuncia iniziative, a partire da questa mattina. «Sono anni che un incidente del genere non succede a Milano. Prima dovremo capire cosa è successo, ma sicuramente ci costituiremo parte civile nel futuro processo».

Il premier, Paolo Gentiloni, definisce l’incidente della Lamina, «terribile. Un pensiero commosso alle vittime, ai feriti e alle loro famiglie».

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