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Castellammare di Stabia

A scandalo segue scandalo e Mattarella costretto a scendere in campo per la stabilità

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Con lo sguardo al «cupio dissolvi» della politica italiana – scrive Ugo Magri – il presidente Mattarella scende in campo per la stabilità.

Mattarella in campo per la stabilità

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li scienziati della politica non hanno fatto nemmeno in tempo a calcolare l’impatto degli scandali romani, che già devono rifare i conti alla luce dell’inchiesta Consip, e domandarsi se i danni di immagine per Renzi saranno tali da pareggiare o addirittura superare quelli subiti dai grillini a causa della Raggi. Per effetto della «questione morale», chi veste i panni dell’accusa si ritrova da un giorno all’altro sul banco degli imputati, in un clima che ai meno giovani evoca quello cupo del 1992, alla vigilia di «Mani Pulite» e di «Tangentopoli». Come un quarto di secolo fa, sulla Repubblica aleggia l’incertezza; destinata ad aggravarsi per effetto delle primarie Pd, del referendum sul «Jobs Act» e delle elezioni comunali previste nella tarda primavera.

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Non c’è da stupirsi dunque se si moltiplicano gli interrogativi sulla tenuta del governo, su quanto a lungo potrà reggere la barra Gentiloni con una maggioranza sempre più frastornata. E, per quanto cinica, è nell’ordine delle cose perfino la giravolta di Berlusconi: fino a ieri contrarissimo al voto, l’ex premier sembra adesso ingolosito dalla chance di profittare delle debolezze altrui. Sempre che la ruota non giri ancora.

Sergio MattarellaÈ con lo sguardo a questo «cupio dissolvi» della politica italiana che vanno intese le parole forti pronunciate dal Capo dello Stato. Premiando al Quirinale le eccellenze del «made in Italy», ha puntato l’indice verso i pericoli cui l’Italia va incontro: un’allarmata rappresentazione di quanto sta accadendo sul piano internazionale, dove «ci troviamo ad affrontare un quadro complesso con significative instabilità». L’elenco incomincia dalle guerre commerciali che potrebbero scatenarsi per iniziativa di Trump; prosegue denunciando un ricorso «in aumento» alle misure protezionistiche; segnala i rischi che ciò potrebbe comportare per un’economia come la nostra «fortemente orientata all’esterno»; rivendica la necessità di «andare risolutamente controcorrente rafforzando la cooperazione», ciò che unisce la comunità mondiale anziché dividerla.

Tutto qui? No, perché siamo alla vigilia delle elezioni in Olanda (15 marzo), dove se la giocano il conservatore Rutte e il nazionalista Wilders. Subito dopo toccherà alla Francia (23 aprile il primo turno), con Marine Le Pen che cresce ancora nei sondaggi. Quindi sarà il turno della Germania (24 settembre), e a quel punto non è detto che l’Europa sarà somigliante a quella attuale. Il «Libro bianco» annunciato dal presidente della Commissione Juncker già prefigura un’Unione a scartamento ridotto, che rinuncia agli obiettivi più ambiziosi per concentrarsi sullo stretto essenziale: una «recessione geopolitica», la definisce Mattarella, quasi un abbandono di responsabilità. E mette in guardia: tutte queste circostanze sommate insieme «possono alimentare l’incertezza e la volatilità dei mercati». Come dire che potremmo finire in pasto alla speculazione, già da tempo scatenata. Basta digitare su Google la parola «spread» per trovare la curva dell’ultimo anno. E individuare il momento esatto in cui siamo finiti sotto pressione: quando Renzi lanciò la scommessa (poi persa male) del referendum sulla Costituzione. È la riprova del legame diretto tra instabilità politica e costo del debito pubblico. L’inconcludenza rissosa dei partiti, segnala il Presidente, rischia di regalarci sacrifici aggiuntivi. Non è un monito, ma un avviso ai naviganti.

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