RENZI e le Primarie: Telefonate di complimenti ai vincitori, e sul resto una scrollata di spalle: come se la cosa non fosse importante o non lo riguardasse.
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’è qualcosa di paradossale nella circostanza che l’istituto delle primarie stia vivendo la sua crisi più seria proprio nel momento di massimo potere del leader che può, a buon titolo, esserne definito il «campione»: e cioè Matteo Renzi. E c’è qualcosa di seriamente incomprensibile, invece, nel fatto che quel «campione» non batta ciglio di fronte alle cronache degli ultimi giorni. E accetti, con indifferenza o con rassegnazione, questa sorta di crepuscolo della partecipazione, fatto di voti comprati e affluenze gonfiate.
Telefonate di complimenti ai vincitori, e sul resto una scrollata di spalle: come se la cosa non fosse importante o non lo riguardasse. Fatte le giuste differenze, è come se il vecchio partito radicale di Marco Pannella ed Emma Bonino avesse supinamente accettato – ai tempi d’oro – lo smantellamento dell’istituto referendario; o se Silvio Berlusconi – quando era il Cavaliere – avesse rinunciato alle televisioni come fidate e potenti compagne di battaglia.
Vedremo se e come il segretario-presidente deciderà di spendere una parola: per ora, in verità , la sua rassegnata prudenza – ai limiti dell’assenza – ricorda l’atteggiamento del famoso tizio che sega il ramo sul quale è seduto. Infatti, a parte tutto il resto, proprio le primarie da lui vinte l’8 dicembre del 2013 rappresentano ancor oggi – in fondo – la sua assicurazione sulla vita: impedendo che colpi di mano, cambi di maggioranza e giochi di palazzo possano rovesciare una segreteria a lui assegnata da milioni di cittadini.
Non fosse che per questo, dopo i fatti di Napoli e di Roma da Matteo Renzi si attendono parole di severità e di chiarezza: anche se è evidente che non è solo questo – e cioè l’interesse politico-personale del premier – ad esser in gioco in queste ore. La scelta frettolosa e burocratica di respingere e archiviare il ricorso di Antonio Bassolino perché presentato fuori tempo massimo (24 ore) non è un buon viatico per un partito che punta a riconquistare la terza città d’Italia. E certi balbettii intorno al numero effettivo dei votanti alle primarie di Roma, consolidano un quadro con poche luci e molte ombre.
Per il partito democratico ed il suo segretario, insomma, sembra davvero venuto il momento di una scelta. E il bivio che hanno di fronte non è difficile da individuare: da una parte c’è la regolamentazione per legge dell’istituto delle primarie, dall’altra l’agonia (voluta?) di uno strumento di partecipazione che, così continuando, non potrà che finire rottamato e stipato in qualche cantina. Da un po’ di anni a questa parte, del resto, i costi politici di certe primarie sono, per il Pd, nettamente superiori ai benefici.
Non è nemmeno necessario tornare alla Napoli delle primarie 2011, con le file di cinesi, l’ombra della camorra, la consultazione annullata e la città consegnata a De Magistris. Basta ripensare alla sfida ligure e all’addio di Cofferati, o ad alcune contestatissime primarie siciliane. Ma anche a Milano – dove pure tutto è andato per il meglio – certi annunci di queste ore (la non candidatura di Francesca Balzani, sfidante di Sala) lasciano intravedere eredità velenosissime.
A tutto questo va aggiunto, naturalmente, il pesante handicap politico che grava sul candidato uscito vincente da primarie opache: un regalo agli avversari (i Cinque Stelle hanno già cominciato) che potranno fare una campagna elettorale sull’onda di slogan del tipo «ha truccato e comprato le primarie, figuratevi cosa farebbe da sindaco della città …». Ce ne sarebbe a sufficienza per non continuare a sottovalutare un problema ormai ineludibile, e il Pd ha infatti convocato una riunione di Direzione per discutere il da fare: vedremo.
Infine un’ultima questione, che sarebbe troppo facile archiviare sotto il titolo «retorica politica»: quanto favoriscono, simili vicende, il moltiplicarsi della disaffezione dei cittadini? Non è né ingenuo né retorico porre un simile interrogativo: soprattutto ad un partito che risponde alle inevitabili accuse di Beppe Grillo con il solito «voi fate un clic, noi portiamo la gente a votare». E’ vero, loro fanno un clic. Ma si faccia attenzione: perchè a furia di primarie così, gli iscritti e i militanti finiranno per restarsene a casa. E a quel punto, purtroppo, a chi vorrà partecipare non resterà che un asettico e incontrollabile clic.
*lastampa /Â Renzi sfugge al caso primarie FEDERICO GEREMICCA
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