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E’ il momento di scoprire cosa è successo in Piazza San Carlo a Torino. E punire, senza se e senza ma

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Le 1527 le persone rimaste ferite nella notte di panico in Piazza San Carlo a Torino sono una brutta cartolina per una città che fa delle sue piazze un vanto. Ora è il momento di capire che cosa sia successo, spiega Luigi La Spina, evitando il “solito rimpallo di responsabilità” dove nessuno ha coscienza e orgoglio di assumersi una colpa.

Ecco perché ora serve chiarezza

È

vero che non si può impedire, fra trentamila persone, che un cretino, o un mascalzone, due figure che spesso coincidono, urli alla bomba e getti nel panico una piazza affollatissima. Ma non è tollerabile che in una città come Torino, dove, tra l’altro, la memoria della tragedia allo Statuto non è stata certo dimenticata, avvenga quello che è successo prima della serata di sabato e il giorno seguente.

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Non è bastata l’esperienza di questi tempi, segnati da un terrorismo che privilegia proprio i raduni di festa per colpire civili inermi, rinnovata purtroppo persino recentemente, a far capire come sia assurdo stringere una massa di trentamila persone davanti a un solo schermo, senza prevedere una via di fuga, senza predisporre un corridoio di divisione lasciato libero. Né è stata sufficiente a impedire quello che in tutte le manifestazioni è assolutamente proibito: la vendita di bottigliette di vetro e di lattine di birra. Fin dalla mattina di sabato erano ben visibili, ai lati della piazza San Carlo, camion frigoriferi e venditori abusivi con scorte di bevande da distribuire in serata.

E lo spettacolo del tappeto di cocci insanguinati sparsi sul terreno, lanciato in tutto il mondo dagli schermi tv e dalle foto sui giornali, è stato la testimonianza di una vergogna internazionale che Torino non merita. I controlli dei vigili e delle forze dell’ordine sulle persone che arrivano sotto il maxischermo, come risulta anche da molte testimonianze, o sono stati del tutto mancanti o sono stati veramente troppo superficiali.

Bisogna ammettere che solo la buona sorte o, per chi crede, la benevolenza del cielo hanno concesso che il bilancio di quanto avvenuto sabato sera, pur molto grave, non sia diventato catastrofico, anche se la sorte dei feriti gravi, soprattutto di quel bambino calpestato da una folla terrorizzata, non ci libera da un’angoscia straziante.

Peccato, poi, che alla drammatica serata di sabato sia succeduta, ieri, una giornata davvero imbarazzante. Dopo una riunione in prefettura con la sindaca Appendino, senza che alla fine sia stata fornita una giustificazione per quanto avvenuto e, nemmeno, le scuse per l’evidente cattiva organizzazione dell’evento, si è arrivati, in serata, al grottesco scarico di responsabilità sulla partecipata del Comune «Turismo Torino» e all’ancor più squallido tentato paragone con quanto avvenuto nel lontano 2015. Anche se si appurasse che due anni fa, cosa non ancora chiara, le modalità con le quali si organizzò una simile manifestazione fossero state identiche a quelle di sabato sera, non è ammissibile che tutto quello che è successo in Europa, e non solo in Europa, in questo periodo di tempo non abbia insegnato ai responsabili (?) ben altre e molto più stringenti misure di prevenzione per quanto potesse accadere.

Il film, molto triste e parecchio vergognoso, che si è visto a Torino in questi ultimi due giorni ormai non può prevedere flash back, proprio perché non è andato in onda su uno schermo, ma in una delle più belle e conosciute piazze della città. Può solo servire da lezione per il futuro, visto che le ripetute tragiche esperienze del recente passato non sono bastate. Speriamo che ci sia risparmiato il solito rimpallo di responsabilità, alla fine del quale non ci sia mai nessuno che abbia la coscienza e l’orgoglio di assumersi una colpa, che ammetta un errore e che, una volta tanto, si dimetta o sia dimesso da un incarico per il quale si è dimostrato evidentemente non all’altezza.

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lastampa/Ecco perché ora serve chiarezza LUIGI LA SPINA

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