Il governatore del Veneto Luca Zaia minaccia: «Mani libere sulle tasse o vogliamo lo statuto speciale». Il governo replica: «Proposta irricevibile, è una pre-secessione».
Governo irritato: “Condizioni irricevibili è una pre-secessione”
Ma Renzi: “Bisogna tener conto del risultato”
È
Maroni ad alzare la cornetta per un «cordiale» colloquio sia con Bressa – due parole amareggiate sul Milan di cui entrambi sono tifosi, prima di ricevere disponibilità a discutere – e poi con Gentiloni: «Mi ha confermato – racconta il presidente leghista – il via libera al confronto su tutte le materie previste dalla Costituzione, con anche il coinvolgimento del ministero dell’Economia». Un primo passo verso il percorso già intrapreso senza referendum dal presidente dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, che ieri ha sentito Gentiloni e oggi incontrerà Bressa: «Disposto anche a fare incontri collettivi con Lombardia e Veneto», ha dato la sua disponibilità al premier. Perché anche nel Pd si sono accorti che il tema è sentito: «Il risultato dei referendum non va minimizzato», ammette il segretario Renzi, che va oltre la procedura di cui si discute: «Bisogna ridurre la pressione fiscale», la sua proposta, arrivando a sperare in un «accordo» tra forze politiche nella prossima legislatura per riuscire a farlo.
Il fatto è che le richieste di Luca Zaia vanno ben al di là di un aumento dei margini di autonomia. Prova a stopparle il ministro Maurizio Martina, ricordando che le materie fiscali non sono oggetto di trattativa, e si becca una rispostaccia: «Il nostro interlocutore è Gentiloni». Il premier, che ha evitato anche nelle settimane scorse di intervenire sul tema, convinto che il risultato fosse abbastanza irrilevante essendo il governo già da tempo pronto a intavolare una trattativa, ufficialmente non parla nemmeno oggi che il Veneto chiede condizioni da statuto speciale che necessiterebbero di un cambio di Costituzione, appannaggio eventualmente del Parlamento. Una «provocazione» la fa però l’uomo che ha incaricato di occuparsene: «La sentenza della Corte costituzionale che ha consentito il referendum già aveva bocciato l’ipotesi di trattenere in Veneto l’80 per cento delle risorse definendola “un’alterazione stabile e profonda della finanza pubblica”. E far diventare tutte e 23 le materie concorrenti di competenza regionale significherebbe stravolgere la Costituzione», smonta una a una le richieste venete il sottosegretario Bressa, «l’atteggiamento di Zaia è pericoloso: se tutti facessero come lui non ci sarebbe più la Repubblica italiana». Bellunese di nascita, Bressa conosce bene le spinte autonomiste venete, tanto che fu lui a scrivere quel terzo comma dell’art. 116 che oggi consente alle Regioni di trattare. «Zaia pensa di essere El Cid Campeador del Veneto, ma ci vuole serietà. Il Veneto ha un debito previdenziale di alcuni miliardi: per pagare le pensioni, è debitore rispetto alla finanza nazionale. Quando si passa dalla poesia alla prosa la gente comincia a dire “vediamo un attimo”…».
A queste condizioni, la trattativa con Venezia e dintorni è in stallo. Ma oggi il premier sarà a Marghera, ad accoglierlo troverà il presidente Zaia e chissà se i due potranno avere un confronto. In realtà, a Palazzo Chigi sanno che il problema si porrà per il prossimo governo: stretti i tempi della legislatura, lunghi quelli di un negoziato che è una “prima volta”. Anche solo delineare i confini delle varie materie di competenza non sarà facile. Per chi vorrà provare a discuterne.
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