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Giuseppe Graviano, boss di ‘cosa nostra’: incontrai tre volte Berlusconi

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A dirlo è Giuseppe Graviano, il boss del rione Brancaccio di Palermo già condannato per le stragi del ’92-’93 e per l’omicidio di don Pino Puglisi.

Giuseppe Graviano, boss di ‘cosa nostra’: incontrai tre volte Berlusconi

span style="font-size: 14pt;">Lo ha dichiarato, al Procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo durante il processo in corso a Reggio Calabria alla “’Ndrangheta stragista”, Giuseppe Graviano soprannominato “Madre Natura”, il boss del rione Brancaccio di Palermo già condannato per le stragi del ’92-’93 e per l’omicidio di don Pino Puglisi. Arrestato il 27 gennaio 1994 a Milano, sta scontando la pena all’ergastolo presso la casa circondariale di Terni. è stato accusato da vari pentiti di essere stato lui ad azionare il telecomando dell’autobomba che uccise il Giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi, Claudio Traina.

Il boss Graviano ha parlato, collegato in videoconferenza, dal carcere di Terni. Anche se all’inizio la sua deposizione era in dubbio perché non è ancora riuscito ad ascoltare, tramite un computer, le intercettazioni con il camorrista Adinolfi nella zona dell’ora d’aria del carcere di Ascoli. Poi, rassicurato dalla Presidente della Corte d’assise, ha scelto di rispondere ma riservandosi “di dire altre cose”. Nel processo in questione, Graviano è accusato dell’omicidio di due Carabinieri.

Graviano dice, tanto, e non dice, fa allusioni, annuncia che potrebbe fare altre dichiarazioni ancora più eclatanti. In quasi otto ore di deposizione fiume, che proseguiranno la prossima settimana, il boss Graviano ha raccontato del suo “rapporto bellissimo” con Berlusconi, “al punto da cenare anche insieme a Milano 3”.

Ha esplicitato in modo dettagliato i rapporti che storicamente legherebbero la sua famiglia a Silvio Berlusconi, conosciuto e frequentato dai Graviano ancor prima della sua discesa in campo con Forza Italia. Ha detto che la propria famiglia, a partire dal nonno Filippo Quartanaro, ha investito decine di miliardi di Lire nel settore immobiliare presso Berlusconi, con una quota di partenza di 20 miliardi di Lire raccolti con altre famiglie palermitane a titolo di finanziatori.

“Mio nonno materno Filippo Quartararo investì al Nord. Aveva messo i soldi nell’edilizia. Era una persona abbastanza ricca. Era un grande commerciante di ortofrutta. Un giorno viene invitato a investire soldi al Nord Italia nell’edilizia. Il contatto è col signor Berlusconi, glielo dico subito” dice Graviano anticipando il Procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo“Gli chiedono 20 miliardi di vecchie lire e gli dicono che gli avrebbero dato il 20 per cento. Mio nonno voleva partecipare a quella società e curarsi le sue cose. Si rivolge a mio papà e mio papà dice: io non faccio queste cose. Quindi quando Di Carlo dice che mio papà aveva queste società a Nord Italia, dice una bugia: era mio nonno“ (Francesco Di Carlo è un ex mafioso appartenente a Cosa Nostra e all’epoca influente e trafficante di droga connesso con i Corleonesi, ora è collaboratore di giustizia, è stato accusato di essere l’assassino di Roberto Calvi).

Poi Graviano parla dell’uccisione del padre quando aveva appena 18 anni <<Quando è morto mio padre, mio nonno mi prese in disparte e mi disse “Io sono vecchio e ora te ne devi occupare tu”. Così io e mio cugino Salvo Graviano (morto poi per tumore) siamo partiti per Milano. E mio nonno ci ha presentato al signor Berlusconi, abbiamo capito cosa era questa società>>.

Il primo incontro con Berlusconi sarebbe avvenuto all’hotel Quark, a Milano nel 1983, insieme con il nonno Filippo e il cugino Salvatore. La cosa sarebbe andata avanti spedita fino al 1993. Anno in cui, già latitante da quasi un decennio, aveva riparato a Omegna, in provincia del Verbano-Cusio-Ossola in Piemonte che, a suo dire, lasciava senza particolari precauzioni per frequentare Milano, non solo per gli incontri d’affari, ma anche per andare al cinema, a teatro, a fare shopping in Via Montenapoleone.

A dicembre di quell’anno 1993 si sarebbe incontrato nuovamente con Berlusconi che sarebbe stato al corrente della sua latitanza. Lo scopo era quello di regolarizzare la situazione e far emergere il nome dei finanziatori che avevano appoggiato il nonno, perché i loro nomi apparivano solo su una scrittura privata in possesso di Salvatore.

Il Procuratore aggiunto incalza il boss mafioso. E chiede ulteriori dettagli “Se non erro era l’Hotel Quark”. E alla domanda su chi era presente, Graviano risponde “Mio cugino Salvatore, mio nonno Quartaro Filippo e Berlusconi era da solo”. Salvo poi aggiungere ”Poi io casco latitante, quindi la situazione la comincia a seguire mio cugino Salvatore.’Noi dobbiamo entrare scritti che facciamo parte della società. Noi vogliamo essere partecipi, però questa cosa si andava procrastinando” dice ancora ”I nomi di quei soggetti non apparivano”. E parla di una carta “scritta”. In altre parole, una prova documentale ”Ma c’era una carta privata che io ho visto, la copia di mio nonno la ha mio cugino Salvatore Graviano”. Poi ribadisce che il rapporto con Berlusconi “era bellissimo” e che avrebbero anche cenato insieme. L’ultimo incontro lo data dicembre 1993 ”C’è una riunione a Milano. A fine del 1993, dicembre, si è arrivato alla conclusione che si regolarizzava questa situazione. E si fissa un appuntamento nel febbraio del 1994”. E in quella occasione ci sarebbe stato anche Berlusconi ”È successo a Milano 3, è stata una cena. Ci siamo incontrati io, mio cugino e Berlusconi. C’era qualche altra persona che lei non ha conosciuto. Discutiamo di formalizzare le società”. Il Pm chiede se Berlusconi sapeva che fosse latitante da quasi dieci anni. E Graviano replica “Non lo so, ma penso di sì. Lo sapeva come mi chiamavo. Io ho condotto la mia latitanza nel milanese tra shopping in via Montenapoleone e teatri, insomma facevo la bella vita”. Poi Graviano racconta di avere appreso dal cugino di avere saputo della nascita di Forza Italia “già nel 1992, prima della strage di Capaci“. Il Procuratore aggiunto continua “Quando vi incontrate a Milano 3, ricava la certezza che i 20 miliardi sono stati investiti e tra i 20 miliardi c’era Milano 3?”. Immediata la risposta di Graviano ”Tutto, cioè che aveva fatto, c’erano le televisioni, Mediaset (che all’epoca ancora non esisteva), Canale 5”.

Graviano spiega che il volume d’affari era ormai imponente, in quanto gli interessi nell’immobiliare riguardavano anche Milano 3, affermando “Lì Berlusconi aveva regalato a mio cugino un appartamento, abbiamo fatto anche una cena”.

Racconta che fu proprio durante una cena che Berlusconi avrebbe annunciato ai Graviano la propria intenzione di scendere in politica, chiedendo una mano in Sicilia a suo cugino Salvo, aiuto che, durante l’audizione del 2020, Giuseppe fa capire che c’è stato. E appunto per questo taccia Berlusconi di tradimento (come già si era fatto scappare in carcere parlando con il boss Umberto Adinolfi il camorrista con cui divideva l’ora d’aria) “Berlusconi fu un traditore, perché quando si parlò della riforma del Codice penale – e si parlava di abolizione dell’ergastolo – mi hanno detto che lui chiese di non inserire gli imputati coinvolti nelle stragi mafiose”.

Il Pm gli legge l’intercettazione in cui il boss dice al compagno d’ora d’aria Umberto Adinolfi ”Nel 1992 Berlusca mi chiese questa cortesia, lui già voleva scendere”. E chiede al boss a cosa si riferisse ”Già nel 1992 Berlusconi annunciò a mio cugino Salvo che voleva entrare in politica. Io non lo incontrai ma lo incontrò mio cugino Salvo a cui Berlusconi parlò di questo progetto di entrare in politica”. E dice “Nel 1992, no come dicono nel 1993. Già il partito era preparato nel 1992. Prima della strage di Capaci”. Il Pm gli chiede anche della frase intercettata in cui definisce Berlusconi un “traditore” “Sì fu un traditore, perché quando si parlò della riforma del Codice penale e si parlava di abolizione dell’ergastolo un avvocato di Forza Italia mi disse che lui chiese di non inserire gli imputati coinvolti nelle stragi mafiose. Perché in Parlamento avevano avuto indicazioni da Berlusconi di non inserire quelli coinvolti nelle stragi. Lì ho avuto la conferma che era finito tutto. Mio io cugino Salvo era morto nel frattempo per un tumore al cervello. E nella riforma del Codice penale non saremmo stati inseriti tra i destinatari dell’abolizione dell’ergastolo”. E aggiunge ”Questo mi portò a dire che Berlusconi era un traditore”. Poi afferma anche, replicando alla lettura di alcuni passaggi delle intercettazioni in carcere ”Quando dico non volevano più le stragi non parlo di Berlusconi”. E poi ancora i dice e non dice “Io adesso sto dicendo solo qualcosa”.

E alla domanda del Pm sul perché parli ora e perché nel 2009, chiamato a deporre al processo all’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri, si avvalse della facoltà di non rispondere, dice ”All’epoca? Dotto’, veda che a me hanno ucciso il padre. Non mi faccia parlare. Avevo subito brutte situazioni. Io fiducia nella giustizia italiana non ne ho. Non è ho fiducia nella pubblica accusa e ai presidenti ora tutti indagati con la Saguto insomma, io tutta sta fiducia nella giustizia italiana non ce l’ho. Quello che vi sto dicendo è per il benessere del Paese”. E perché allora ha fatto questa scelta ora? ”Io adesso non sto facendo niente, io adesso sto dicendo qualcosa. Solo qualcosa, ma posso dire ancora tante altre cose”.

La deposizione di Graviano viene immediatamente smentita da Silvio Berlusconi tramite una nota del suo avvocato Niccolò Ghedini ”Le dichiarazioni rese quest’oggi da Giuseppe Graviano sono totalmente e platealmente destituite di ogni fondamento, sconnesse dalla realtà nonché palesemente diffamatorie. Si osservi che Graviano nega ogni sua responsabilità pur a fronte di molteplici sentenze passate in giudicato che lo hanno condannato a plurimi ergastoli per gravissimi delitti. Dopo 26 anni ininterrotti di carcerazione improvvisamente il signor Graviano rende dichiarazioni chiaramente finalizzate ad ottenere benefici processuali o carcerari inventando incontri, cifre ed episodi inverosimili ed inveritieri. Si comprende, fra l’altro, perfettamente l’astio profondo nei confronti del Presidente Berlusconi per tutte le leggi promulgate dai suoi governi proprio contro la mafia. Ovviamente saranno esperite tutte le azioni del caso avanti l’autorità giudiziaria”.

Arriva anche il commento del consigliere del Csm, Antonino Di Matteo, che rappresentò l’accusa nel processo trattativa. Fu proprio lui ad ottenere le intercettazioni in carcere di Graviano “Non entro nel merito delle nuove dichiarazioni di Giuseppe Graviano. È certo, però, che anche nella sentenza definitiva di condanna del senatore Marcello Dell’Utri sono stati ricostruiti rapporti stabili e duraturi tra Berlusconi e Cosa nostra. Sembra che in questo Paese certe cose non possano nemmeno essere ricordate e che chi si ostina a farlo sia destinato, come è capitato a me ed ai miei colleghi, per queste indagini, ad essere additato come un visionario fanatico”.

Le intercettazioni tra Graviano e il boss Umberto Adinolfi furono depositate al processo sulla trattativa Stato-mafia. Secondo i Pm che rappresentavano l’accusa del dibattimento ”le parole del boss di Brancaccio evocano un rapporto di natura paritaria con Berlusconi”. Il processo è stato rinviato a venerdì prossimo 12 febbraio per continuare con la deposizione di Giuseppe Graviano.

Nell’immagine di copertina il Tribunale di Reggio Calabria.

Adduso Sebastiano

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