14 arresti per la sparatoria dell’8 agosto tra clan nel quartiere Librino (CT)

I CC di Catania hanno eseguito un’ordinanza di 14 arresti in carcere per la sparatoria in strada in cui vi furono due morti e sei feriti (VIDEO)

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I Carabinieri del Comando provinciale di Catania, con l’operazione Centauri, hanno eseguito 14 arresti in carcere emessi dal Gip del Tribunale Etneo per concorso in duplice omicidio, sei tentati omicidi e porto e detenzione illegale di armi da fuoco in luogo pubblico. A tutti la Dda contesta l’associazione mafiosa. Al centro dell’inchiesta la sparatoria dell’8 agosto 2020 dove morirono due persone (9 Agosto 2020 Sparatoria a Catania, due morti e quattro feriti).

I FATTI

Nel tardo pomeriggio dell’8 agosto 2020 nel quartiere Librino di Catania si sono affrontati due clan rivali. Sembra che tutto fosse scaturito da un chiarimento degenerato in una lite e infine in sparatoria. Non si escluse sin dall’inizio delle investigazioni che l’episodio avesse un legame con il traffico e lo spaccio di droga. Furono usati anche fucili kalashnikov (il micidiale AK-47 nome ufficiale in russo kalashnikov, un fucile d’assalto ideato e progettato in Unione Sovietica).

Quel giorno verso le 19:30, in viale Grimaldi a Catania, ci fu lo scontro armato. Dopo un appuntamento alle 18 in via della Concordia, uno sciame di moto e scooter dei Cappello cominciò a cercare i Cursoti milanesi, battendo San Berillo Nuovo, San Leone, la via Palermo, via Acquicella e in ultimo viale Grimaldi a Librino. I Cursoti-milanesi furono avvertiti della spedizione punitiva e si prepararono ad affrontare coloro i quali li stavano cercando senza farsi annunciare.

Da un lato 14 persone su altrettanti scooter, dall’altro due auto stipate di persone armate esponenti dei Cursoti Milanesi da cui sono partiti subito raffiche di fuoco seguite dalla risposta dei motociclisti del clan Cappello. Una guerra tra due storici clan catanesi quella dei Cursoti-milanesi e dei Cappello. Uno conflitto che quel giorno lasciò sul terreno 2 morti e 6 feriti, sulle strade tra i quartieri Librino e San Giorgio, periferia sud di Catania.

“Esito che – annota la Dda della Procura di Catania – poteva anche essere ben più nefasto se si considera che lo scontro a fuoco si è verificato di sera nel popoloso quartiere Librino, caratterizzato da un’elevata densità abitativa e dove i residenti, anche donne e bambini, soprattutto per la calura estiva, sono soliti trattenersi in strada fino a tardi”. Già nell’agosto 2020 cinque soggetti furono arrestati per quella sparatoria; il capoclan dei Cursoti-milanesi Carmelo Di Stefano, detto pasta ‘ca passa, che è rimasto in carcere; un altro Martino Sanfilippo, decise di collaborare con la Giustizia; gli altri 3, su decisione del Gip, tornarono in libertà.

LE INDAGINI

Le investigazioni iniziarono; dal pestaggio di Gaetano Nobili in via Armando Diaz da parte dei Cursoti-milanesi; alla collaborazione di quest’ultimo che ha deciso di raccontare ogni cosa ai Carabinieri, tanto che è finito per essere definito ‘u sbirro’ dal clan dei Cappello al punto che hanno persino posto una tale scritta nel quartiere San Cristoforo; alla spedizione mafiosa dei Cappello capitanata da Salvuccio Lombardo jr nella roccaforte del clan dei Sanfilippo. Ora la Dda di Catania ha chiuso le indagini e i Carabinieri nella notte hanno eseguito un’ordinanza di custodia in carcere per 14 persone, accusate, a vario titolo, di concorso in duplice omicidio, di sei tentati omicidi, porto e detenzione illegale di armi da fuoco in luogo pubblico, tutti con l’aggravante di avere agito per motivi abbietti e avvalendosi delle condizioni previste dall’associazione di tipo mafioso, al fine di agevolare i clan di appartenenza.

Un’indagine meticolosa che ha ripercorso le 48 ore prima dello scontro a fuoco e sangue a Librino. Il racconto di Martino Sanfilippo, uomo di fiducia del boss Carmelo Di Stefano, ha permesso ai Carabinieri di conoscere l’interno del clan dei Cursoti-milanesi e potere così avere un riscontro diretto alle investigazioni. È stato anche determinante trovare un video nel cellulare di Giovanni Scalia, il padre di una delle vittime. Un filmato che ha immortalato le due fasi del conflitto a fuoco. Si è pure accertato come le contrapposizioni tra i due clan fossero per l’estorsione e il controllo delle attività commerciali.

NEL DETTAGLIO DELLE INVESTIGAZONI

Le indagini hanno consentito di ricostruire gli accadimenti e di definire le responsabilità personali in ordine ai gravissimi fatti di sangue avvenuti a Catania in data 8 agosto 2020, quando un nutrito gruppo di soggetti, costituito sia da semplici affiliati che da esponenti di vertice delle organizzazioni mafiose dei “Cursoti Milanesi” e del clan “Cappello”, entrambe operanti nel territorio etneo, decideva deliberatamente di affrontarsi in armi sulla pubblica via, causando due morti e diversi feriti. Esito che poteva essere ben più grave se si considera che il gravissimo episodio si verificava nelle ore serali del mese estivo di agosto e soprattutto nel popoloso quartiere di Librino, nei pressi di un comparto abitativo caratterizzato da un’elevata densità popolare ove i residenti sono soliti stazionare su suolo pubblico.

Le prime risultanze investigative, oltre a fornire una iniziale ricostruzione dell’accaduto e a condurre all’individuazione di alcuni soggetti coinvolti nel conflitto a fuoco, consentivano  l’emissione, in data 16.8.2020, di due ordinanze di convalida di fermo di indiziato di delitto e di applicazione della custodia in carcere nei confronti, rispettivamente, di Di Stefano Carmelo, considerato l’elemento apicale del gruppo mafioso dei Cursoti Milanesi, e di Sanfilippo Martino Carmelo, altro esponente della medesima organizzazione criminale nonché uomo di fiducia del Di Stefano.

Dopo l’emissione dei provvedimenti cautelari, l’attività di indagine proseguiva senza soluzione di continuità giovandosi, tra l’altro, sia della collaborazione con la giustizia già avviata da Sanfilippo Martino Carmelo, sia di quella intrapresa da altri partecipanti al cruento episodio delittuoso. Ciò permetteva di disporre di gravissimi elementi indiziari, temi di indagine e spunti investigativi derivanti dalle propalazioni di soggetti legati ad entrambi i gruppi mafiosi che si erano contrapposti nel corso dei gravi fatti di sangue. Questo duplice e speculare compendio informativo consentiva, quindi, di espandere notevolmente il panorama investigativo a cui dedicarsi e allo stesso tempo di confrontare le differenti narrazioni dei fatti beneficiando di un ampio margine contenutistico per verificarne l’attendibilità intrinseca e la veridicità.

Per quanto, come era naturale attendersi, il contenuto delle dichiarazioni dei collaboratori riflettesse inevitabilmente la specifica posizione rivestita, il particolare punto di vista e l’esperienza personalmente vissuta da ciascuno di essi, il narrato si rivelava reciprocamente convergente e sostanzialmente sovrapponibile sia avuto riguardo al nucleo e ai punti essenziali riguardanti la ricostruzione degli avvenimenti sia quanto ai soggetti coinvolti e resisi responsabili delle azioni delittuose. La valenza del quadro probatorio era ulteriormente rafforzata dalla circostanza, rilevantissima, che la ricostruzione proveniva da soggetti facenti parte delle due fazioni contrapposte che non avevano avuto rapporti tra loro e che, quindi, non potevano in alcun modo aver concordato quanto dagli stessi riferito in sede di istruttoria.

In un’indagine complessa e articolata come quella in esame, condotta per lo più mediante  attività di acquisizione probatoria e investigativa tradizionale, i collaboratori di giustizia venivano esaminati necessariamente più volte, sia per la necessità di riscontrare i dati investigativi che sopraggiungevano nel corso dell’attività di polizia giudiziaria o emergevano dagli accertamenti tecnici, sia al fine di verificare costantemente la stessa attendibilità dei dichiaranti e stimolarne ulteriormente il ricordo per acquisire nuovi ed ulteriori elementi di indagine.

I collaboratori di giustizia, ciascuno con riferimento al gruppo criminale a cui era appartenente o si era comunque unito nell’occasione descrivevano e raccontavano l’antefatto della vicenda, il contrasto insorto tra Di Stefano Carmelo e Nobile Gaetano nonché quello tra Lombardo Salvuccio Junior e Campisi Giorgio, le fasi organizzative della spedizione e la dinamica effettiva del conflitto a fuoco. Il copioso materiale dichiarativo si rivelava pienamente congruo e corrispondente alle risultanze acquisite nel corso delle indagini.

In particolare, le dichiarazioni di Sanfilippo Martino Carmelo, permettevano l’identificazione di ulteriori indagati, componenti del gruppo armato dei Cursoti Milanesi, sino a quel momento ancora non individuati, i quali, sottoposti ad interrogatorio, di fronte a precise contestazioni, ammettevano la loro presenza sul luogo dei fatti esibendo, alcuni, financo le lesioni riportate a seguito dei colpi d’arma da fuoco ricevuti.

Fondamentali, inoltre, si rivelavano le risultanze degli accertamenti balistici e medico-legali che riscontravano la veridicità delle dichiarazioni dei collaboratori in ordine alla tipologia delle armi utilizzate e alle specifiche condotte avute da numerosi indagati, fornendo, altresì, elementi decisivi per l’individuazione degli esecutori materiali dei due omicidi.

Dirimente, poi, per la corretta ricostruzione delle diverse fasi in cui si era articolato il conflitto a fuoco, è stato il video rinvenuto all’interno del telefono cellulare di Scalia Giovanni, padre di Scalia Vincenzo, raffigurante parte dell’azione delittuosa ancora in corso di consumazione e che consentiva di comprendere che la fattispecie delittuosa e la stessa azione omicidiaria si era articolata quantomeno in due fasi.

In sostanza, come già era emerso, si era trattato di un vero e proprio scontro armato tra esponenti del clan Cappello e dei Cursoti Milanesi originatosi in seguito al verificarsi di diversi e distinti episodi di contrasto accaduti nei giorni e nelle ore immediatamente precedenti i fatti, episodi che avevano nutrito e acuito una radicata e storica contrapposizione tra i due clan, sfociata, infine, nella spedizione organizzata da esponenti di rilievo del clan Cappello nei confronti di Di Stefano Carmelo e del gruppo di soggetti a lui vicini appartenenti al clan dei Cursoti Milanesi.

Il Giudice per le indagini Preliminari presso il Tribunale di Catania, pertanto, ha disposto la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti dei seguenti soggetti:

GLI ARRESTI

Roberto Campisi – Massimiliano Cappello – Sebastiano Cavallaro – Renzo Cristaudo – Gaetano Ferrara – Luciano Guzzardi – Santo Antonio Lorenzo Guzzardi – Salvuccio jr. Lombardo – Giovanni Nicolosi – Gaetano Nobile – Rinaldo Puglisi – Michael Agatino Sanfilippo – Davide Agatino Scuderi – Rosario Viglianesi

I CC di Catania hanno eseguito un’ordinanza di 14 arresti in carcere

CAMPISI Roberto, SCUDERI Davide Agatino, SANFILIPPO Michael Agatino, NICOLOSI Giovanni e VIGLIANESI Rosario.

A) del delitto di cui agli artt. 81 cpv. 110, 112 n. 1, 575-577 n.4 in relazione art. 61 n. 1, 416 bis.1 c.p. perché, in concorso morale e materiale tra loro e con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, agendo in numero superiore a cinque persone, unitamente a Di Stefano Carmelo e Sanfilippo Martino Carmelo, già sottoposti a custodia cautelare per questa causa, tutti partecipi di un gruppo di fuoco che si contrapponeva all’azione di un sodalizio mafioso rivale, esplodendo all’indirizzo di D’alessandro Luciano e Scalia Vincenzo numerosi colpi d’arma da fuoco a canna corta e attingendo il primo con un colpo alla regione toracico-laterale sinistra con conseguente lesione della vena giugulare destra e il secondo con tre colpi, di cui due alla regione sopraglutea destra e un altro alla regione lombare paramediana destra con penetrazione del cavo pleurico e consecutiva lesione dei lobi polmonari, cagionavano la morte di quest’ultimi.

Con l’aggravante di aver agito per motivi abbietti, avendo commesso il fatto quale ritorsione conseguente a precedenti contrasti insorti tra organizzazioni criminali contrapposte e segnatamente il clan “Cappello” ed il gruppo dei “Cursoti Milanesi” cui gli indagati sono affiliati.

Con l’aggravante di aver commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416 bis c.p. e al fine di agevolare il clan dei “Cursoti Milanesi”.

Con la recidiva specifica e reiterata per Campisi Roberto

Con la recidiva reiterata nel quinquennio per Scuderi

Con la recidiva nel quinquennio per Sanfilippo Michael Agatino

CAMPISI Roberto, SCUDERI Davide Agatino, SANFILIPPO Michael Agatino, NICOLOSI Giovanni e VIGLIANESI Rosario.

B) del delitto di cui agli artt. 81 cpv. 110, 112 n. 1, 56-575-577 n.4 in relazione art. 61 n. 1, 416 bis.1c.p. perché, in concorso morale e materiale tra loro e con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, agendo in numero superiore a cinque persone, unitamente a DI STEFANO Carmelo e SANFILIPPO Martino Carmelo, già sottoposti a custodia cautelare per questa causa, tutti partecipi di un gruppo di fuoco che si contrapponeva all’azione di un sodalizio mafioso rivale, esplodendo all’indirizzo delle persone offese sotto meglio indicate numerosi colpi d’arma da fuoco a canna corta che le attingevano in diverse parti del corpo, compivano atti idonei a cagionare la morte di queste ultime non conseguendo l’evento per cause indipendenti dalla loro volontà. Segnatamente:

Bertucci Concetto Alessio veniva attinto da un colpo d’arma da fuoco a canna corta al pene;

Guzzardi Luciano veniva attinto da tre colpi d’arma da fuoco a canna corta all’arto inferiore sinistro;

Pedicone Riccardo veniva attinto da tre colpi d’arma da fuoco a canna corta di cui uno alla regione addominale laterale sinistra, uno alla regione addominale inferiore destra e uno alla regione superiore della spalla sinistra;

spampinato Gioacchino veniva attinto da due colpi d’arma da fuoco a canna corta di cui uno al braccio destro e uno alla gamba destra.

Con l’aggravante di aver agito per motivi abbietti, avendo commesso il fatto quale ritorsione conseguente a precedenti contrasti insorti tra organizzazioni criminali contrapposte e segnatamente il clan “Cappello” ed il gruppo dei “Cursoti Milanesi” cui gli indagati sono affiliati.

Con l’aggravante di aver commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416 bis c.p. e al fine di agevolare il clan dei “Cursoti Milanesi”.

Con la recidiva specifica e reiterata per Campisi Roberto

Con la recidiva reiterata nel quinquennio per Scuderi

Con la recidiva nel quinquennio per Sanfilippo Michael Agatino

Bertucci Concetto Alessio, Cappello Massimiliano, Chisari Salvatore, Cristaudo Renzo, Ferrara Gaetano, Guzzardi Luciano, Guzzardi Santo Antonino Lorenzo, Lombardo Salvuccio Junior, Nobile Gaetano, Puglisi Rinaldo, Cavallaro Sebastiano

CAMPISI Roberto, SCUDERI Davide Agatino, SANFILIPPO Michael Agatino, NICOLOSI Giovanni e VIGLIANESI Rosario

C) del delitto di cui agli artt. 81 cpv. 110, 112 n. 1, 61 n.2 c.p., 2, 4 co 1 e 2 lett. a e 7 legge 895/67 e 416 bis.1 c.p. perché, in concorso morale e materiale tra loro e con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, agendo in numero superiore a cinque persone, unitamente a Di Stefano Carmelo e Sanfilippo Martino Carmelo già sottoposti a custodia cautelare anche per questa causa, al fine di eseguire i reati di cui ai capi A) e B), detenevano e portavano illegalmente in luogo pubblico diverse armi da fuoco, tra cui una pistola calibro 9×21 e due revolver cal. 38.

Con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare il clan dei “Cursoti Milanesi”.

Con l’aggravante del fatto commesso da più persone riunite.

Con la recidiva specifica e reiterata per Campisi e Scuderi

Con la recidiva nel quinquennio per Sanfilippo Michael Agatino

Bertucci Concetto Alessio, Cappello Massimiliano, Chisari Salvatore, Cristaudo Renzo, Ferrara Gaetano, Guzzardi Luciano, Guzzardi Santo Antonino Lorenzo, Lombardo Salvuccio Junior, Nobile Gaetano, Puglisi Rinaldo, Cavallaro Sebastiano

D) del delitto di cui agli artt. 81 cpv. 110, 112 n. 1, 56-575-577 n.4 in relazione art. 61 n. 1, 416 bis.1c.p. perché, in concorso morale e materiale tra loro e con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, agendo in numero non inferiore a tredici persone, Cappello Massimiliano, Guzzardi Luciano, Nobile Gaetano e Lombardo Salvuccio Junior anche quali organizzatori ed istigatori del gruppo di fuoco che si contrapponeva all’azione di un sodalizio mafioso rivale e tutti quali partecipi del medesimo gruppo di fuoco, esplodendo all’indirizzo di Sanfilippo Martino Carmelo un colpo d’arma da fuoco a canna corta e all’indirizzo di Viglianesi Rosario tre colpi d’arma da fuoco a canna corta che li attingevano, rispettivamente, alla regione sotto glutea destra (il Sanfilippo) e al gluteo e agli arti inferiori (il Viglianesi), compivano atti idonei a cagionare la morte di questi ultimi non conseguendo l’evento per cause indipendenti dalla loro volontà.

Con l’aggravante di aver agito per motivi abbietti avendo commesso il fatto quale ritorsione conseguente a precedenti contrasti insorti tra organizzazioni criminali contrapposte e segnatamente il gruppo dei “Cursoti Milanesi” e il clan “Cappello” cui gli indagati sono affiliati.

Con l’aggravante di aver commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416 bis c.p. e al fine di agevolare il clan “Cappello”.

Con la recidiva specifica, reiterata e nel quinquennio per Guzzardi Santo

Con la recidiva specifica e reiterata per Nobile, Cappello, Guzzardi Luciano, Bertucci, Spampinato, Puglisi

Con la recidiva reiterata e nel quinquennio per Ferrara Gaetano, Ferrara Rocco e Chisari Salvatore

Con la recidiva specifica per Bertucci

Con la recidiva per Lombardo

Bertucci Concetto Alessio, Cappello Massimiliano, Chisari Salvatore, Cristaudo Renzo, Ferrara Gaetano, Guzzardi Luciano, Guzzardi Santo Antonino Lorenzo, Lombardo Salvuccio Junior, Nobile Gaetano, Puglisi Rinaldo, Cavallaro Sebastiano

E) del delitto di cui agli artt. 81 cpv. 110, 112 n. 1, 61 n.2 c.p., 2, 4 co 1 e 2 lett. A) e 7 legge 895/67 e 416 bis.1 c.p. perché, in concorso morale e materiale tra loro e con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, agendo in numero non inferiore a tredici persone, al fine di eseguire il reato di cui al capo D), detenevano e portavano illegalmente in luogo pubblico almeno due pistole riconducibili al calibro 7,65.

Con l’aggravante del fatto commesso da più persone riunite.

Con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare il clan “Cappello” di Catania.

Con la recidiva specifica, reiterata e nel quinquennio per Guzzardi Santo

Con la recidiva specifica e reiterata per Cappello, Guzzardi Luciano, Bertucci, Spampinato, Puglisi, Ferrara Rocco

Con la recidiva reiterata e nel quinquennio per Ferrara Gaetano e Chisari Salvatore

Con la recidiva reiterata per Nobile

Con la recidiva per Lombardo e Bertucci

Adduso Sebastiano

(VIDEO IN ELABORAZIONE)

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