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Immigrazione: al Nord situazione esplosiva

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tefano Stefanini, nel suo articolo di oggi pubblicato su la STAMPA, fa un’analisi della situazione “esplosiva” che si è venuta a creare, in Nord Italia, in materia di immigrazione e quindi di capacità e possibilità ricettive. Colpa, secondo Stefanini, della non lungimiranza di visione ed organizzazione italiana ma, e soprattutto, dell’Unione europea che è stata completamente cieca.

Ma leggiamo ora, per meglio comprendere, l’analisi che fa Stefanini:

Una crisi che nasce in Europa. STEFANO STEFANINI

La pressione immigratoria sul Nord Italia bolliva in pentola da tempo. Ci sorprende solo per distrazione o per speranza, ultima a morire. La responsabilità maggiore per l’insostenibile situazione che si sta creando ricade questa volta sull’Unione Europea.

Il nostro governo avrebbe forse potuto fare qualcosa di più per prevenire la rivolta dei sindaci, di fatto un braccio di ferro che rischia di lacerare il Paese. Ad onor del vero però, da mesi, l’Italia va dicendo di essere passata sulla prima linea dell’immigrazione. A parte qualche buona parola, Bruxelles ha fatto orecchie da mercante. Soverchiata dalle altre crisi, anche l’Ue ha sperato che la pressione immigratoria, ormai quasi interamente deviata sull’Italia, fosse sostenibile, come lo era stata nel 2014 e nel 2015. Non lo è più dal momento in cui da Paese prevalentemente di transito l’Italia è diventata Paese di stazionamento.

Le avvisaglie invece erano chiarissime. Di fronte alla prospettiva di ondate immigratorie le frontiere terrestri vengono chiuse. Minacciava di farlo l’Austria al Brennero, c’è da meravigliarsi che lo faccia la Svizzera a Chiasso?

E come dubitare che i migranti che trovano il modo di risalire, anche a piedi, la penisola balcanica o di traversare il Sahara e sopravvivere alla navigazione di fortuna dalla Libia a Lampedusa, non trovino il modo di arrivare, forse più comodamente, dalle nostre isole alla Lombardia? Che i trafficanti non cogliessero rapidamente questa nuova linea di business? Quanto tempo prima che l’accampamento di fortuna di poche centinaia di anime sul lago di Como diventi un’altra giungla di migliaia, come quella di Calais? Qualche settimana? Una volta messe le radici, queste comunità di fortuna diventano irresistibili magneti e continuano ad attrarre i nuovi arrivati.

La «crisi dimenticata» la chiamava ieri il «Financial Times». Non Brexit, l’irresistibile proseguire della crisi dell’immigrazione in Europa. Tappata, per il momento, la falla greca, l’afflusso verso l’Italia significa una quantità d’ingressi di ben oltre centomila persone nel 2016. Le frontiere chiuse impediscono che la «mano invisibile» ripartisca gli immigranti fra più Paesi, sostituendosi alle «quote» che l’Ue aveva cercato vanamente d’imporre.

In questa situazione d’emergenza, l’Unione Europea non può sottrarsi alle responsabilità di non lasciare questo carico insostenibile su un solo Paese membro, così come ne ha sollevato la Grecia. La Svizzera, pur non Paese Ue, è tenuta alla libera circolazione. Bisogna assolutamente evitare che altri Paesi Ue ne seguano l’esempio. E il peso, economico e sociale, di questa nuova rotta non può essere lasciato sulle spalle di Roma e dei sindaci del Nord Italia.

O l’Ue è in grado di rispondere a queste crisi che toccano direttamente i cittadini o Brexit diventerà la regola anziché l’eccezione.

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