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Le periferie abbandonate: cose che tu non conosci (things you didn’t Know)

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Pochi investimenti, spesso inutili. Case popolari occupate e campi rom fuori controllo. Da Napoli a Torino, da Palermo a Genova passando per Roma. Le grandi città si dimenticano delle loro periferie e dei 15 milioni di persone che ci vivono. È quanto emerge dall’inchiesta di una Commissione parlamentare che calcola in 25 miliardi di euro l’importo per risanarle. Nel suo reportage Niccolò Zancan racconta il disagio di chi vive nel quartiere Falchera di Torino: «Fuggire è la nostra unica speranza».

Periferie dimenticate: 15 milioni di persone in Italia vivono nel degrado

I numeri della Commissione parlamentare di inchiesta. Da Milano a Palermo cresce il racket delle case popolari. Quartieri illegali e ghettizzati dove lo Stato sembra assente

ROMA – Investimenti carenti e inutili, occupazioni abusive di case popolari, campi rom come luogo di illegalità e di smaltimento illecito di rifiuti, centri urbani degradati e periferie dimenticate: sono i principali problemi che l’Italia dovrà affrontare secondo la Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e degrado delle città che sta per concludere il suo lavoro di indagine. Il governo Gentiloni, con le decine di protocolli di intesa firmati con le principali città, ha stanziato già 500 milioni per migliorare la situazione. E proprio oggi il premier firmerà a Viterbo la convenzione del Bando Periferie. Ma ancora non basta.

«

L’Italia ha bisogno di un Piano Marshall delle periferie, è una questione di democrazia», sostiene Andrea Causin, presidente della Commissione. Sarà una delle richieste che entreranno nella relazione conclusiva che sta preparando con gli altri 19 parlamentari che hanno diviso con lui un lungo anno di lavoro. Secondo Roberto Morassut, il vicepresidente Pd della commissione, «bisogna rendere stabile il finanziamento delle periferie con un investimento di almeno 20-25 miliardi».

I parlamentari hanno ascoltato decine di persone in grado di fornire pareri competenti, sono stati a Scampia, tra i carruggi di Genova, nel quartiere Zen e alla Vucciria a Palermo, nelle periferie torinesi e in quelle romane, e ovunque vi sia un’area degradata in Italia. «Bisogna riportare le periferie al centro dell’agenda politica. Almeno 15 milioni di persone in Italia vivono in situazioni soggette a degrado situate nelle periferie ma anche nei centri urbani. È un problema anche di democrazia», avverte il forzista Causin.

I problemi emersi in questi dodici mesi di lavoro sono molti. È evidente il profondo degrado in particolare delle costruzioni realizzate negli ultimi cinquant’anni. In tutte le grandi città italiane – fanno sapere dalla commissione – le scelte architettoniche di pianificazione delle periferie compiute per affrontare l’emergenza abitativa, invece di risolvere il problema lo hanno aggravato. Accade in quartieri come Scampia a Napoli, Zen a Palermo, Corviale a Roma, le Dighe a Genova, San Paolo a Bari.

Un secondo fenomeno riguarda la necessità di ripensare il concetto stesso di periferie come luoghi dove si concentra il degrado. «Anche i centri delle città ne sono fortemente investiti. Lo abbiamo visto a Palermo, a Napoli e a Genova, ad esempio», racconta Roberto Morassut. La commissione consiglierà di ripensare il modello di sviluppo delle aree urbane. In passato erano state immaginate come luoghi in perenne sviluppo. In realtà ora sono alle prese con un forte calo demografico. Le città invecchiano e spesso gli anziani si trovano a vivere in una situazione di solitudine e di povertà in zone della città dove gli edifici sono in degrado e i servizi di trasporto, assistenza sanitaria e sociale sono molto più carenti che in centro. Nel frattempo esistono vaste aree nei centri urbani dove sarebbe più utile demolire e ricostruire invece di continuare a spingere le costruzioni in zone dove è più difficile e costoso portare servizi e trasporti e quindi è più probabile che si creino sacche di emarginazione.

La commissione chiederà un intervento per fermare le occupazioni abusive di immobili pubblici e privati. È un fenomeno diffuso da nord a sud ma in particolare nel centro e nel sud dell’Italia dove il 30-40% di case popolari sono occupate da abusivi ma si arriva anche a quote record del 100% a Palermo. È una problematica talmente grave da aver creato in alcune città, come Roma e Milano – denuncia una prima bozza di relazione messa a punto dalla commissione -, un vero e proprio racket, che è in mano a gruppi e organizzazioni criminali di italiane di stranieri, che dà vita a una sorta di commercio illegale della casa popolare, con gravissimo pregiudizio per le fasce più deboli e anziane della popolazione».

«È urgente un intervento per ripristinare la legalità – spiega Andrea Causin -. Sono a favore dell’introduzione del reato di associazione per delinquere e di una generale revisione del Codice penale in materia di reati urbani». I parlamentari della commissione hanno visitato diversi campi Rom. I più problematici si trovano a Roma, Torino, Milano e Napoli ma le difficoltà sono diffuse in tutta Italia. «Alcuni sono regolari e altri non regolari. Concentrano migliaia di persone a ridosso di zone periferiche già segnate da forti criticità. Da alcuni anni l’attività principale che sostenta chi vive in questi campi è il traffico e lo smaltimento illecito dei rifiuti,che avviene attraverso “roghi” tossici che creano gravissimo pregiudizio alla popolazione residente nelle aree limitrofe», sottolinea la commissione. «Anche in questo caso è necessario un intervento delle forze dell’ordine pur salvaguardando gli altri interventi da un punto di vista culturale e di inserimento che però risultano inutili se manca l’ordine», sostiene Causin.

Un ultimo consiglio della commissione riguarda il superamento della politica dei bandi finora seguita. Le leggi di stabilità 2015-2016 hanno messo a disposizione circa due miliardi. La critica della commissione è ai criteri di premialità che «hanno portato i Comuni a richiedere fondi su progetti infrastrutturali spesso poco attinenti ma che avevano il solo vantaggio di rendere immediatamente accessibili i fondi, che raramente sono stati impiegati per alleviare o migliorare le condizioni di vita dei residenti nelle aree periferiche o degradate».

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