<strong>La Corte Costituzionale boccia l’Italicum, cancella il ballottaggio ma salva il premio di maggioranza con il 40%. Per i giudici la nuova legge “è subito applicabile” e questo apre alla possibilità di tornare a votare in tempi brevi. Carlo Bertini spiega cosa cambia dopo la sentenza e quali sono gli scenari possibili. Lega Nord e Cinque Stelle chiedono di andare subito alle elezioni e anche Renzi studia una strategia per il ritorno: nei suoi piani c’è un listone con Pisapia e Alfano. Ma come sostiene Federico Geremicca “la strada verso il voto non è scontata”.
La Consulta boccia il ballottaggio dell’Italicum, e adesso che succede?
Ha dichiarato incostituzionale il meccanismo del ballottaggio previsto dalla legge elettorale. Con l’Italicum, se nessun partito avesse raggiunto il 40% dei voti si sarebbe andati al ballottaggio tra le due liste di testa, quindici giorni dopo, e si sarebbe determinato così il vincitore delle elezioni. Ora è rimasto in piedi il premio di maggioranza con l’assegnazione di 340 seggi (pari al 54% degli eletti) solo per il partito che dovesse superare il 40% dei voti.
Che legge resta in piedi?
Una legge di impianto proporzionale ma con un premio di maggioranza. Restano i 100 capilista bloccati e resta la possibilità di pluri-candidature (fino a un massimo di 10), ma non sarà più il capolista eletto a scegliere il collegio, bensì si procederà al sorteggio.
La sera del voto si conoscerà il vincitore?
Senza il ballottaggio non c’è questa certezza. Ora si avrebbe un modello proporzionale, ma corretto alla Camera con cento collegi e una soglia di sbarramento del 3%, mentre al Senato un sistema proporzionale senza premio di maggioranza, il cosiddetto Consultellum, con una soglia di sbarramento dell’8% per i partiti che non si coalizzano. Due leggi elettorali che difficilmente consentirebbero di avere un unico vincitore certo la sera delle elezioni. Al Senato il Consultellum favorisce le coalizioni, mentre alla Camera l’Italicum rivisto e corretto premia il singolo partito, purché arrivi al 40%.
Ed è possibile ora che una coalizione o un partito ottenga la maggioranza?
L’ipotesi di un partito che superi il 40% dei voti è obiettivamente molto difficile da realizzarsi nello scenario politico italiano a base tripolare. Quindi quella che esce dalla Consulta resta una legge proporzionale, anche se spinge ad aggregare sotto la stessa lista diverse formazioni affini per provare a raggiungere il 40%. Per fare un esempio: è possibile che al Senato gli elettori trovino sulla scheda i simboli di Ncd, Pd e Pisapia collegati tra loro in coalizione. E che alla Camera questi tre partiti siano rappresentati sotto un solo simbolo: in entrambi i casi resterebbe l’alleanza tra più forze.
Esiste il rischio di due maggioranze diverse alla Camera e al Senato?
Sì, come sottolineano i sostenitori del bisogno di uniformare i due sistemi usciti dalle sentenze della Consulta. I tecnici del Pd di fede renziana notano invece che con due corpi elettorali diversi il rischio c’è con qualunque sistema elettorale, come dimostrano i casi avvenuti col Mattarellum e col Porcellum, perché alla Camera votano pure i diciottenni mentre per il Senato invece si può votare dai 25 anni in su.
Ora il Parlamento dovrà uniformare i due sistemi ?
Per Pd, Lega e 5stelle, questa è una opportunità, ma non una necessità, perché le due leggi già così sarebbero omogenee, anche se non uguali. Viceversa, Forza Italia, Ncd e Sinistra italiana chiedono interventi per renderle omogenee. Quella di rendere le due leggi elettorali «omogenee e non inconciliabili» tra di loro ed immediatamente applicabili era l’esigenza espressa da Sergio Mattarella anche nel messaggio di fine anno. Ora tutti attendono le motivazioni della sentenza: in quella sede i giudici potrebbero esprimere loro stessi un giudizio sulla omogeneità tra le due leggi, come oggi hanno indicato che la legge elettorale uscita di fatto dalla sentenza è immediatamente applicabile.
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