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Castellammare di Stabia

Incidenti sul lavoro nel 2018. Dati Inail: tre morti al giorno

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I dati diffusi dall’Inail evidenziano una situazione quanto mai allarmante: 1133 morti sul lavoro nel 2018; già 45 nel gennaio del 2019. Questo è il triste bilancio nell’ultimo anno, comunicato dall’Inail: ben il 10.1% in più rispetto al 2017. In media tre vittime al giorno.
Le zone maggiormente colpite sono il Nord-Ovest e il Sud, in particolare la Campania (+27), la regione con il maggior numero di incidenti mortali.
Aumentate anche le denunce di patologie correlate all’attività svolta (1456 casi, cioè il 2,5% in più rispetto al 2017). Molti inoltre i morti nel tragitto tra la propria abitazione e il posto di lavoro (+22,6%).
Non mancano le polemiche delle opposizioni sul taglio di 200 milioni all’anno per la formazione sulla sicurezza attuato dal Governo.
Il ministro del Lavoro Luigi Di Maio, durante il question time alla Camera dello scorso 22 gennaio, ha sottolineato in merito che nella legge di bilancio 2019 sono previsti dei tagli alle tariffe Inail, in quanto calcolate sulle morti sul lavoro del 1995 e mai aggiornate.
“Non si tratta di togliere soldi a chi ha diritto ai risarcimenti – ha evidenziato – ma di applicare tariffe giuste agli imprenditori».
Di Maio ha inoltre affermato che il fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro è stato alzato da 3,4 milioni a 4,4 milioni di euro e che il numero degli ispettori del lavoro è stato implementato con 930 unità e 20 dirigenti.
Ma nonostante le continue denuncie dei sindacati sulla scarsa applicazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro e la richiesta di un maggior coordinamento tra imprese e governo, le stragi continuano. Come mai?
Soprattutto per i seguenti motivi:
– spesso le misure di prevenzione sono disattese per tagliare i costi di produzione;
– le ispezioni e i controlli pubblici sono carenti;
– i corsi obbligatori sui rischi correlati all’attività lavorativa sono visti come una mera formalità e seguiti con scarsa attenzione;
– ci sono troppi lavoratori precari che, per la continua rotazione delle mansioni, non riescono ad assimilare le giuste norme di comportamento per prevenire i rischi;
– c’è ancora tanto “lavoro nero” e i dipendenti sono costretti a situazioni pericolose col ricatto del licenziamento.
Sappiamo tutti come la formazione alla sicurezza possa salvare la vita e che le opportune misure preventive debbano essere attuate per tutti i lavoratori, anche per quelli temporanei o irregolari, ma spesso ciò non accade, perché a prevalere è la logica del profitto.

A

delaide Cesarano

ndr:

Chiedo ospitalità per ricordare un grande stabiese che ebbe a scrivere una poesia inerente porprio la piaga dei morti sul lavoro: Fravecature, di Raffaele Viviani

Fravecature, Ddoje uommene 'e fravecatura, fravecanno na parete. 'O fravecatore a dritta tene na cucchiara mmano.

ASCOLTA: https://chirb.it/39I4H1

Fravecature

All’ acqua e a ‘o sole fràveca
cu na cucchiara ‘mmano,
pe’ ll’ aria ‘ncopp’ a n’anneto
fore a nu quinto piano
Nu pede miso fauzo,
nu movimento stuorto,
e fa nu volo ‘e l’angelo:
primma c’arriva, è muorto
Nu strillo; e po’ n’accorrere
gente e fravecature.
-Risciata ancora… E’ Ruoppolo!
Tene ddoie criature!
L’ aizano e s’ ‘o portano
Cu na carretta a mano.
Se move ancora ll’ anneto
Fore d’ ‘o quinto piano.
E passa stu sparpetuo
cchiù d’uno corre appriesso;
e n’ato, ‘ncopp’a n’anneto,
canta e fatica ‘o stesso.
‘Nterra, na pala ‘e cavece
cummoglia a macchia ‘e sango,
e ‘ sghizze se scereano
cu ‘e scarpe sporche ‘e fango.
Quanno o spitale arrivano,
‘a folla è trattenuta,
e chi sape ‘a disgrazia
racconta comm’è gghiuta.
E attuorno, tutt’ ‘o popolo:
-Madonna!—Avite visto?
-D’ ‘o quinto piano—‘E Virgine!
-E comme, Giesucristo…?!
E po’ accumpare pallido
chillo c’ ha accumpagnato:
e, primma ca ce ‘o spiano,
fa segno ca è spirato.
Cu ‘o friddo dint’a ll’anema
‘a folla s’alluntana
‘e lume gia s’appicciano
‘a via se fa stramano.
E a’ casa, po’, ‘e mannibbele,
muorte, poveri figlie,
mentre magnano, a tavola ,
ce ‘o diceno a ‘e famiglie.
‘E mamme ‘e figlie abbracciano,
nu sposo abbraccia ‘a sposa …
E na mugliera trepida ,
aspetta, e nn’ arreposa.
S’appenne ‘a copp’a ll’asteco
sente ‘o rilorgio : ‘e nnove!
Se dice nu rusario…
e aspetta nun se move.
L’acqua p’ ‘o troppo vòllere
s’è strutta int’ ‘a tiena,
‘o ffuoco è fatto cènnere
Se sente na campana.
E ‘e ppiccerelle chiagnano
pecchè vonno magnà’ :
-Mamma, mettiamo ‘a tavula!
-Si nun vene papà?
‘A porta ! Tuzzuleano:
-Foss’isso?—E va ‘arapi’.
-Chi site?—‘O capo d’opera.
Ruoppolo abita qui?
-Gnorsì, quacche disgrazia ?
Io veco tanta gente…
-Calmateve, vestiteve…
-Madonna!—E’ cosa ‘e niente.
E sciuliato ‘a l’anneto
d’’o primmo piano.—Uh, Dio!
e sta o spitale?—E’ logico.
-Uh, Pascalino mio!
‘E ddoie criature sbarrano
ll’uocchie senza capì;
‘a mamma, disperannose,
nu lamp a se visti’;
‘e cchiude ‘a dinto; e scenneno
pe’ grade cu ‘e cerine.
-Donna Rache’! –Maritemo
che ssà, sta e’ Pellerine.
E’ sciuliato ‘a ll’anneto.
-Si, d’ ‘o sicondo piano
E via facendo st’anneto,
ca saglie chiano chiano.
-Diciteme, spiegateme.
-Curaggio.—E’ muorto?!—E’ muorto!
D’ ‘o quinto piano.’All’anneto.
Nu pede miso stuorto.
P’ ‘o schianto, senza chiagnere,
s’abbatte e perde ‘e senze.
E’ Dio ca vo na pausa
a tutte ‘e sofferenze.
E quanno a’ casa ‘a portano,
trovano e ppìccerelle
‘nterra, addurmute. E luceno
‘nfaccia ddoie lagremelle.

 Muratore 

Sotto la pioggia e al sole lavora il muratore
con in mano la cazzuola
sospeso su un’impalcatura,
fuori, al quinto piano.
Un piede in fallo,
un movimento sghembo,
e vola come un angelo:
prima di giungere, è morto.
Un grido e poi accorrono:
gente e muratori.
– Ancora respira… è Ruoppolo!
Ha due bimbi piccoli!
Lo sollevano e lo allontanano
su una barella a mano.
Si muove ancora l’asse
fuori al quinto pianto.
E passa questo corteo,
più di uno lo rincorre;
mentre un altro, sull’impalcatura
canta e continua a lavorare.
Per terra un mucchio di calce
nasconde la macchia di sangue,
e gli schizzi si diffondono
con le scarpe sporche di fango.
Quando giungono all’ospedale,
la folla resta fuori,
e chi è a conoscenza della disgrazia
racconta com’è accaduta.
E intorno il popolo:
– Madonna! – Avete visto?
– Dal quinto piano! – Vergine…
– E come… Gesù Cristo…?!
Poi appare, pallido,
chi l’ha accompagnato:
e, prima che gli chiedano,
fa segno che è spirato.
Col freddo nell’anima,
la folla s’allontana;
già si accendono le luci della sera;
la strada diventa tortuosa.
A casa, poi, i compagni
smorti, poveri figli,
lo raccontano alle famiglie
a tavola, mentre mangiano.
Le mamme abbracciano i figli,
lo sposo abbraccia la sposa…
e una moglie, trepidante,
attende e non s’acquieta.
Si affaccia al balcone,
sente l’orologio: le nove!
Recita un rosario…
E aspetta e non si muove.
L’acqua si consuma in pentola
per il troppo bollire,
il fuoco è fatto cenere.
Si sente una campana.
I piccoli piangono
perché vogliono mangiare:
– Mamma, mettiamo a tavola!
– Se non viene papà…
La porta! Bussano:
– È lui? – Va ad aprire.
– Chi siete? – Il capo d’opera.
Ruoppolo abita qui?
– Sì, qualche disgrazia?
Vedo tanta gente…
– Calmatevi, vestitevi…
– Madonna! – Non è successo niente.
– È scivolato dall’impalcatura
dal primo piano. – Uh, Dio!
Ed è all’ospedale? – È logico.
– Uh, Pasqualino mio!
I due piccoli sbarrano gli occhi
senza intendere;
la mamma, disperandosi,
si vestì in un lampo,
e li chiude in casa; e scendendo
i gradini con una candela.
– Donna Rache’ – Mio marito
forse è al Pellegrini.
È scivolato dall’impalcatura.
Sì, dal secondo piano.
E man mano quest’impalcatura
sale piano piano.
– Ditemi, fatemi capire.
– Coraggio. – È morto?! – È morto!
Dal quinto piano. Dall’impalcatura.
Mise un piede in fallo.
Per il dolore, senza piangere,
cade e perde i sensi.
È Dio che dà una pausa
A tutte le sofferenze.
E quando la riaccompagnano a casa,
trovano i piccoli
a terra, addormentati. E brillano
in volto due lacrime.

Stanislao Barretta

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