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Glifosato, Bruxelles vota il 9 novembre per rinnovo 5 anni (e noi continuiamo a mangiarcelo)

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La licenza per l’uso in agricoltura del glifosato, il contestato pesticida, scade a metà dicembre e Bruxelles pensa ad una proroga di 5 anni (bocciate quelle a 10 e a 7). Cosa dice la scienza sul rapporto tra glifosato e cancro

Dopo la bocciatura della proroga per 10 anni (e anche di 7), della licenza europea per il glifosato, il controverso erbicida alla base del prodotto Round Up di Monsanto, la Commissione prova a rilanciare con una estensione ridotta a 5 anni. La licenza scade il prossimo 15 dicembre e, secondo quanto riferisce la portavoce Anca Paduraru, i rappresentanti tecnici dei paesi Ue sono stati convocati per il 9 novembre per decidere su questa nuova proposta dell’esecutivo, che non prevede però l’eliminazione progressiva del prodotto, auspicata da alcuni Paesi. Mercoledì scorso, i 28 non hanno raggiunto la maggioranza sulla proroga nonostante un primo tentativo da parte dell’esecutivo comunitario di ridurla da decennale a una durata di 5-7 anni. Prima della mancata decisione dei 28, il Parlamento europeo aveva votato a maggioranza una risoluzione che chiedeva di eliminare subito il glifosato per uso domestico e entro il 2022 quello per l’agricoltura.

Alcuni Paesi (Francia, Italia, Austria, Lussemburgo e Belgio) hanno pubblicamente espresso contrarietà a una proroga di dieci anni; altri (Regno Unito, Irlanda) sarebbero all’opposto favorevoli a una licenza anche più lunga. Per poter decidere sulla questione, serve però una maggioranza qualificata pari al 55% dei paesi e del 65% degli abitanti Ue. Secondo alcune fonti, alcuni dei paesi contrari sarebbero orientati ad accettare una proposta di compromesso attorno ai 3 anni di proroga. Nel 2015, uno studio del Centro internazionale di ricerca sul cancro dell’Organizzazione mondiale della salute aveva definito il glifosato, prodotto di cui si fa grande uso in agricoltura per il costo contenuto, come un “probabile cancerogeno”; la diagnosi non è però al momento condivisa dalle agenzie europee Efsa (sicurezza alimentare) ed Echa (prodotti chimici).

Per l’Europa non causa il cancro, ma…

Mentre in America il glifosato è sul banco degli imputati, nel Vecchio Continente, l’ECHA, l’Agenzia europea per le sostanze chimiche, lo scorso 15 marzo, ha deciso che il glifosato non è cancerogeno e non provoca mutazioni genetiche, ma “solo” seri “danni agli occhi” ed è “tossico con effetti duraturi sulla vita in ambienti acquatici”.

Secondo i Medici per l’Ambiente (ISDE)  il parere pubblicato dall’agenzia europea non è completo: “Questo parere, secondo quanto dichiarato dalla stessa agenzia, esclude la valutazione dei rischi da esposizione prolungata di esseri umani (agricoltori e consumatori), sui quali l’ECHA paradossalmente non si esprime. Ma è proprio l’esposizione sia professionale che residenziale o attraverso l’acqua e gli alimenti, che rappresenta un rischio per la salute delle persone, specie delle frange più vulnerabili quali donne in gravidanza e bambini” ha dichiarato l’oncologa Patrizia Gentilini.

Il mensile Focus ricorda come i livelli di glifosato, il componente chiave dei diserbanti più usati in agricoltura,  sono cresciuti in modo importante nell’organismo umano negli ultimi due decenni. A dimostrarlo è uno studio pubblicato sul Journal of the American Medical Association (JAMA), uscito proprio nei giorni in cui l’accordo dei Paesi dell’Unione Europea sul rinnovo della licenza d’uso dell’erbicida  è come detto slittato. I ricercatori dell’Università della California presso la San Diego School of Medicine hanno confrontato i livelli di glifosato nell’urina di 100 persone in un arco di tempo di 23 anni. Hanno cominciato dal 1993, l’anno prima dell’introduzione, da parte della Monsanto, di coltivazioni geneticamente modificate resistenti al Roundup, nome commerciale dell’erbicida. Da quando queste colture si sono diffuse, l’uso del diserbante nel mondo è aumentato di circa 15 volte.

“Nelle urine dei partecipanti le quantità di glifosato sono passate da una media di 0,20 microgrammi per litro del periodo 1993-1996 a una media di 0,44 microgrammi per litro del 2014-2016. Le dosi sono ben al di sotto degli 1,75 milligrammi per chilo di peso corporeo fissati come soglia limite di esposizione dall’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti, e dei 0,3 milligrammi per chilo stabiliti dall’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare. È comunque un aumento importante, che passa in gran parte inosservato, che dipende dall’ampia diffusione, negli USA, di coltivazioni Ogm resistenti al diserbante (prima soia e mais, ora anche grano e avena)”. (leggi qui il servizio integrale su Focus: .

E se, come dice l’Oms, non servissero per la sicurezza alimentare?

Il parere dell’ECHA si scontra anche con il rapporto monotematico curato dallo IARC (International Agency for Research on Cancer), già pubblicato a marzo 2015, che aveva classificato la sostanza come “probabile cancerogena per l’uomo”.  E con l’appello lanciato dai rapporteur dell’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità Hilal Elver e Baskut Tuncak,  sugli effetti devastanti di pesticidi ed erbicidi, causa di morte per almeno 200mila persone, nel mondo, per avvelenamento.

L’uso eccessivo di pesticidi è molto pericoloso per la salute umana e per l’ambiente, ed è fuorviante affermare che i pesticidi sono vitali per garantire la sicurezza alimentare”, hanno affermato i massimi esperti dell’OMS. Già l’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, a novembre 2015  ne aveva aggiornato il profilo tossicologico e dichiarato che “è improbabile che il glifosato costituisca un pericolo di cancerogenicità per l’uomo” proponendo “nuovi livelli di sicurezza che renderanno più severo il controllo dei residui di glifosato negli alimenti”.

Presenza del pesticida in Italia

La sostanza in Italia è impiegata in tutte le regioni, ma fino a questo momento il suo utilizzo è stato monitorato solo in Lombardia e Toscana. Il Veneto e l’Emilia Romagna si stanno organizzando per un piano di monitoraggio.

Nel 2014 il glifosato è stato trovato nel 39,7% dei 302 punti di monitoraggio delle acque superficiali in cui è stato cercato, in 76 casi (25,2%) è responsabile del superamento degli standard di qualità ambientali. Nelle acque sotterranee, invece, è risultato presente nel 4,3% dei 185 punti controllati, in 2 casi (1,1%) con valori superiori ai limiti di legge.

Da segnalare anche la contaminazione dovuta all’AMPA (acido aminometilfosfonico), un metabolita che si forma nell’ambiente per degradazione del glifosato, presente nel70,9% dei 289 punti di monitoraggio delle acque superficiali, in 151 casi (52,2%) con valori superiori ai limiti. Nelle acque sotterranee è presente nel 4% dei 177 punti di monitoraggioin 4 casi (2,3%) con valori superiori ai limiti di legge.

agi

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